CONSIGLIO COMUNALE: IDENTITÀ MUTANTI

di Massimo di Paolo – Non si è giocato male, non c’è stata proprio la partita. La palla è stata buttata in tribuna. Un cappotto. Questo è il risultato dei primi diciotto mesi di “nuova” amministrazione a Sulmona. Non sembrava dovesse andare a finire cosi. La campagna elettorale impostata sugli “addosso al ladro”, ”noi siamo i buoni, i vergini, i bravi, soprattutto bravi, gli unici garanti di visioni future e di giustizia”, aveva dato i risultati sperati. L’Election Day facile, senza se e senza ma. Petti gonfi, ragazzini ancora speranzosi di laurearsi, impostati con la prossemica da politici navigati, promesse, promesse e enfasi, manierismo, maieutica dall’arroganza nascosta. Keep calm, faremo tutto noi. Prima cartella emessa: programma di mandato. Colore, visioni, non di sinistra, radical chic nell’impostazione, desideri velleitari. Pianificazione, interventi strutturali, innovazione, macchina amministrativa, metodo, processi di funzionamento di Giunta e Commissioni, analisi e sistema di valutazione dei servizi, tassonomie di intervento, strategie attuative? Assenti!

Subito dopo, le prime nuvole a coprire il sole. Si apriva il palcoscenico delle richieste, delle aspettative, delle visibilità. “Io ho fatto, io ho detto, io sono, io sono”. Ego smisurati scalcianti che annacquavano già dai primi mesi la dimensione del collettivo. Gli spazi di lavoro diventavano privi di obiettivi: l’ordinario, l’amministrazione ordinaria, sempre famelica, divorava tempo, assessori, lavoro. E il vuoto? Mai occupato da chi doveva dirigere, coordinare e assumersi responsabilità a nome della città tutta. Lentamente l’amplesso pre-elettorale andava a scemare e la mantide divorava il capo del maschio devastando il dialogo, la struttura politica mai nata, gli intenti, l’affiatamento, la lucidità, la strategia politica, la tattica consiliare. 

Fin da subito saltavano i tentativi di innovazione, i tentativi molto attesi di costruzione politica, territoriale e regionale, le procedure amministrative restavano in balìa del caso e della buona volontà di qualche singolo dirigente e operatore. Soprattutto saltava, fin da subito,  il “prendersi cura” della città. 

La scena assumeva, dal primo Atto, i connotati del vacuo: parole, scenografie, presentazioni, cerimonie e feste. Assenza del contatto con la cittadinanza, assenza di progetti strutturali, assenza di idee, non di visioni sempre decantate e strabordanti, ma di idee concrete, fattibili, realizzabili, coordinate. Dall’analisi politica e amministrativo-gestionale (astratta e mai attuata) si passava agli attacchi personali, senza mezzi termini, coscientemente. A chi ha scelto di sopravvivere di politica per tutta la vita, è noto che, quando l’acqua è piatta, occorre scendere sul personale, armare le trincee  e sparare ad altezza d’uomo. Cosi è avvenuto. Due Consiglieri negati e relegati a “vuoti a perdere”, dopo averne beneficiato per voti e vicinanza. Ed ora, in questi giorni di pre-bilancio, entra in atto la dinamica del “capro espiatorio”:  l’assessore è stato troppo assente, si dice. In senso figurato un capro espiatorio è chiunque sia eletto a responsabile di colpe collettive. Nelle organizzazioni, il capo, spesso inetto,  strategicamente, con cinismo e con finalità di discolpa, scarica tutte le disfunzioni, le negligenze, gli inadempimenti, le responsabilità sulle spalle del prescelto, alcune volte indicatogli da terzi. Altri fenomeni purtroppo si sono sovrapposti: governi di destra che sbloccano la questione ospedale, in dibattito, sempre con un governo di destra; quella del tribunale; il cataclisma del Cogesa, con una sentenza che rimette la palla al centro, così come la sentenza della Saca che ha cambiato la narrazione sui cattivi. Due le possibilità: la “cazzimma” alla grande e sempre; le “dimissioni” tra onore e responsabilità. Sembra che stia prevalendo la prima.

Diciotto mesi sono tanti, il tempo è passato e le aspettative dei cittadini ancora negate. Non importa cosa avverrà nel post bilancio se ci si arriverà.  Rimpasto, riassetto consiliare o altro: comunque non si riuscirà più a dare quell’impulso necessario, sperato e dovuto. È finita.

Nessuno ha ancora la possibilità di pensare a Sulmona. Il Pd, dopo espulsioni, espiazioni, ristrutturazioni e abbandoni, vive il terrore del crollo. Il rappresentante della città, dopo l’ebbrezza da potere, preda del terrore del “tempo impiegatizio”. I rappresentanti politici e di lista,  consapevoli di aver sciupato opportunità ed energie. I gruppi di potere,  pentiti di aver sbagliato cavallo.

Chi scrive non fa proposte? Bene: subito un cantiere parallelo, un cantiere civico aperto a tutti anche a chi in questa difficile fase ci sta amministrando. Plurale, con esperienze, con capacità di ascolto, di contaminazione. Con cultura realizzativa, priva di enfasi e di canti da sirena.

E a chi dovrebbe dimettersi, un invito: un esame di coscienza, sia esso laico o cattolico, purchè sia una riflessione costruttiva.

 

3 thoughts on “CONSIGLIO COMUNALE: IDENTITÀ MUTANTI

  • Partendo dalla foto, al momento e a palla ferma al momento, la partita di andata si è conclusa con il risultato di 0-1 (vecchia amm.ne VS nuova amm.ne), i molteplici danni (cito solo la vicenda ospedale e scuole post sisma) e le diverse degli assessori (gennaio 2020) e le più dimissioni pronunciate e poi ritirate dall’ex Sindaco Casini sembra non ricordarsele, ma avvennero e comunque la legislatura arrivò sempre e comunque al suo naturale fine (e per fortuna aggiungo) ponendola come punta di diamante (forse zircone, ma forse nemmeno) nella lettera di chiusura mandato come un “vanto”. Il (vero) mister “regionale” di allora era vagante, anzi ripudiò con diversi atti lo stesso capitano in pectore che sfociarono in uno delle citate auto espulsioni.

    “Nessuno ha ancora la possibilità di pensare a Sulmona”??? Una macroscopica eclatante bugia… Uno come lei sa certamente meglio di me quali gli appetiti e movimenti messi in atto per la “riconquista del potere sul contado” e vi si sta lavorando a tambur battente, in tutte le salse, non ultima proprio l’amato “internet” qui presente.
    Nei suoi proponimenti dimentica il FU decrepito e infruttuoso “cantiere civico” sperimentato e bocciato clamorosamente e giustamente dai cittadini, ma forse si fa affidamento sull altrettanta scarsa memoria cittadina.

    Per la partita di ritorno c’è da attendere… va ancora giocata…. nelle prossime elezioni.

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