DETENUTO AGGREDISCE E FERISCE AGENTE E MEDICO

SULMONA – Pretendeva una visita specialistica, ma di fronte al rifiuto il detenuto di alta sicurezza si è scagliato contro il medico e un agente della polizia penitenziaria. Ferendoli. E’ quanto accaduto questa mattina nell’infermeria del carcere di Sulmona.  Il recluso  (esponente di spicco della malavita calabrese), nel momento della bocciatura della sua richiesta  avrebbe ribaltato dapprima la scrivania scaraventandola addosso al medico per poi aggredirlo. Il pronto e decisivo intervento dell’assistente capo, unico agente presente in un posto che ne dovrebbe prevedere almeno tre, ha evitato il peggio, come racconta il segretario provinciale e vice regionale della Uil penitenziari, Mauro Nardella, riferendo che successivamente il detenuto sarebbe riuscito a divincolarsi, colpendo con una sedia dapprima l’agente e subito dopo nuovamente il medico. <Malgrado tutto l’agente, seppur ferito e completamente da solo, complice la gravissima carenza di organico che attanaglia il carcere peligno> afferma il sindacalista  <e’ riuscito a bloccarlo e a renderlo inerme>. I feriti hanno fatto ricorso alle cure del pronto soccorso, ne avranno per dieci giorni.

<La Uil penitenziari è esterrefatta dell’episodio accaduto> commenta Nardella, tornando a sottolineare la grave carenza di organico in entrambi i settori <sia esso sanitario che della polizia penitenziaria, che sta rendendo ingestibile e pericoloso il lavoro all’interno del carcere. Un medico per 60 visite giornaliere, un infermiere per 500 detenuti e un agente solo a vigilare sono gli scarni numeri che rappresentano un assurdo scenario> continua  Nardella  <ci obbliga a vivere alla giornata e con le spine continuamente nel fianco. Oggi > conclude  <abbiamo rischiato di scrivere una pagina nerissima se non fosse stato per il collega che con la sua prontezza di riflessi e capacita’ di agire ha evitato l’irrimediabile. A lui va il nostro plauso e la nostra solidarieta’ che esprimiamo anche nei confronti degli operatori sanitari i quali, pur agendo in un regime di estrema precarieta’ lavorativa (non hanno un contratto che formalizzi definitivamente il loro apporto, sono costretti a doversi sobbarcare un’ immane lavoro e che quotidianamente arriva ad essere fino a dieci volte superiore rispetto ad un medico di famiglia e con uno stipendio inadeguato) non fanno mai mancare il proprio supporto. L’auspicio, che si spera non risulti ancora una volta vano, e’ che i dirigenti e i politici, potenziali garanti della sicurezza di tutti gli operatori carcerari, riconoscano l’inadeguatezza delle piante organiche degli agenti, dei medici e del personale infermieristico e che si impegnino a integrarle con nuovi innesti>. Sollecita, infine, l’intervento dell’onorevole Legnini.