PRECARI DELLA REGIONE NEL DRAMMA, SENZA STIPENDIO MA TUTTI TACCIONO
La Regione Abruzzo e il suo presidente, Luciano D’Alfonso, hanno risolto il problema del precariato nella pubblica amministrazione. I precari sono senza stipendio. Infatti, i co.co.co. della Regione Abruzzo, chi da 8 anni e fino ad un massimo di 12 anni, dal 31 dicembre scorso sono senza contratto, nonostante il decreto Madia ne consentisse il rinnovo. Ufficialmente i contratti non sono stati rinnovati perché si sta preparando il bando di concorso. Contemporaneamente però, sempre con riferimento al decreto Madia, il presidente della Regione Abruzzo, in ottica risparmio, ha proceduto al prepensionamento di circa 140 dipendenti con tanto di saluto istituzionale. Allo stato attuale, il risultato è che ci sono dirigenti senza dipendenti e alcuni uffici addirittura senza personale, di contro le praticate in attesa di essere evase aumentano.Dopo una ricognizione effettuata fra i vari dipartimenti, a marzo è stato pubblicato un bando di concorso per 36 posti di lavoro. Questo avrebbe dovuto risolvere il problema dei precari, anche sulla scia di quanto già fatto dal presidente della Repubblica Mattarella per i precari della Presidenza della Repubblica. “Purtroppo, già dalla pubblicazione del bando era evidente che i requisiti richiesti non erano favorevoli a risolvere il problema dei co.co.co., anzi tutt’altro: per esempio, a parità di punteggio i più giovani hanno la precedenza. Sono partiti alcuni ricorsi “per ora” rigettati dal TAR” sottolineano i precari. Sono state inviate all’incirca 3500 domande e il risultato, stando alle indiscrezioni, oggi è il termine indicato per la pubblicazione delle graduatorie, è che tutti i co.co.co., divisi tra le sedi di Pescara e L’Aquila, sono tutti fuori dalle graduatorie utili a poter sostenere la successiva prova selettiva. “Parliamo di uomini e di donne con età tra i 40 e 45 anni, tutti laureati, che si ritrovano senza un lavoro e senza una prospettiva di ricollocamento – concludono i precari – da otto a dodici anni di lavoro, per mille euro al mese, senza contributi, senza ferie, senza tutele, dovevano rappresentare anche un investimento per il futuro e invece si sono rivelati una beffa. I sindacati tacciono e la gente è senza stipendio”.