LA VALLE PELIGNA PIANGE IL SUO MARCO

Si dovrà attendere l’autopsia, che sarà effettuata domani, come disposto dalla Procura di Sulmona, e poi si potrà stabilire la data per accompagnare nel suo ultimo viaggio Marco Liberatore, il ventenne rugbista di Corfinio, deceduto venerdi sera (clicca) nell’ospedale dell’ Aquila, dove ha lottato tra la vita e la morte per venti giorni, dopo quel terribile schianto alla guida del pulmino del Sulmona Rugby, il 18 gennaio scorso, sull’Altopiano delle Cinquemiglia, in cui morì sul colpo Salvatore di Padova, quattordici anni di Sulmona, e rimasero feriti altri sei compagni dell’under 16, ad oggi sono tutti fuori pericolo e in fase di recupero. Avevano pregato in tanti, in queste settimane, sperando che un po’ della forza di ognuno potesse arrivare fino all’Aquila, in quel reparto di Rianimazione dove Marco stava lottando, e che un miracolo potesse salvargli la vita. Affollate di parenti, amici, concittadini e semplici conoscenti le veglie di preghiera e di speranza che, con il Santo rosario tra le dita, erano state organizzate, per diverse sere, nella chiesa di San Pelino a Corfinio, il paese in cui Marco viveva insieme a sua madre Maria Grazia, a suo padre Nino, a suo fratello Maurizio e ai suoi amici di sempre. E soprattutto insieme alla sua dolce Aurora, legati da un tenero e bellissimo amore, di quelli che a vent’anni basta per sentirsi spensieratamente felici. Lei, che non si è allontanata un momento da quel reparto di Rianimazione, cercando di trasmettere tutta la forza di quel grande amore al suo Marco, accarezzandolo, baciandolo, parlandogli. Sicura che la ascoltasse. Almeno con il cuore. Anche gli amici più stretti hanno fatto la spola tra la Valle Peligna e quel letto di ospedale, tentando di non far mancare il sostegno ai genitori straziati da un immenso dolore, al fratello e alla nonna. Anche loro sono sempre rimasti vicino a lui, fino alla fine, portando con loro le foto dei momenti più belli trascorsi insieme, i compleanni, le partite di rugby, le feste, le rappresentazioni teatrali in paese. Lo ricordano come un giovane energico, sempre sorridente, buono e dall’animo sincero e leale. In quel maledetto sabato pomeriggio di gennaio aveva deciso di mettersi lui al volante del pulmino che solitamente, nelle trasferte, era guidato dal padre del piccolo Sasà. Tremenda fatalità, forse. Nei giorni successivi la tragedia non si dava pace il padre di Salvatore, come raccontava un genitore di uno dei giocatori della prima squadra, in quanto addossava la colpa su di sè per aver rinunciato, all’ultimo momento, a guidare quel pulmino. Negli attimi successivi a quel terribile schianto, i soccorritori raccontano che al loro arrivo Marco era cosciente, mentre veniva tirato fuori dalle lamiere del veicolo in cui era rimasto incastrato. Fu trasportato poi con l’elicottero al San Salvatore dell’Aquila. Proseguono, intanto, le indagini per chiarire la dinamica dell’incidente. <Un altro angelo volato in cielo. Riposa in pace campione>. Un lutto che colpisce un intero territorio, che non lascia indifferente nessuno. La morte porta già con sè un carico di drammaticità, se poi la vita si spezza a soli vent’anni, al dramma si aggiunge quel senso di assurdità che rende tutto incomprensibile.  Tutta la Valle Peligna si stringe intorno al dolore della famiglia, come testimoniano i tantissimi messaggi affidati al web. <Marco e Sasà con noi per sempre>, scrive il popolo del Sulmona Rugby.