DIECI ANNI FA LO SCIOPERO DEL CENTRO ABRUZZO, LA CRISI SI AGGRAVA
Sono trascorsi dieci anni, dal 23 marzo dello sciopero generale proclamato nel Centro Abruzzo e organizzato da Cgil,Cisl,Uil con i segretari di allora Damiano Verrocchi, Augusto De Panfilis e Augusto Di Giustino, contro i licenziamenti e per lo sviluppo e l’occupazione nel territorio, già all’epoca penalizzato da scelte scellerate, con la spoliazione di presidi pubblici già avviata da un pezzo e la chiusura di aziende che avevano segnato l’ascesa del capoluogo peligno e del comprensorio. Fu quella una storica manifestazione, perchè imponente. Scesero in piazza centinaia di lavoratrici, lavoratori, studenti e pensionati, uniti alle istituzioni per rivendicare, verso la Regione e verso il Governo nazionale, politiche occupazionali e il rilancio socio-economico della Valle Peligna. La crisi economica e industriale colpì drammaticamente il territorio con chiusure e delocalizzazioni di fabbriche (Cosmo, Lastra, Campari, Sitindustrie,Cpmsolodonna ecc.) insieme con smantellamento e declassamento di servizi pubblici (Ospedale, scalo ferroviario, Tribunale, Opm). La Valle Peligna perse migliaia di posti di lavoro ed entrò in una profonda depressione economica e sociale che ancora oggi mostra e aggrava i suoi segni con la mancanza di lavoro, il costante calo demografico, con città e paesi che si spopolano, la fuga di giovani alla ricerca di lavoro e il continuo invecchiamento della popolazione.Qualcosa di importante però quello sciopero generale riuscì ad ottenere. Il territorio conquistò alcuni strumenti idonei ad invertire la rotta come il “Protocollo d’intesa per il rilancio economico della Valle Peligna” firmato al Ministero dello sviluppo economico nel febbraio 2008 e il riconoscimento, da parte della Regione Abruzzo, del terrritorio peligno di “Area di crisi industriale complessa” nel marzo 2011. Provvedimenti che però finirono per essere deviati su un binario morto, dimenticati dalla politica e dalle istituzioni, che avevano promesso e annunciato un impegno assiduo e rigoroso che non ci fu. Solo il FAS Valle Peligna, con dote finanziaria di 17 milioni di euro ha dato un discreto risultato per i progetti privati, mentre per quelli pubblici nulla è dato sapere. A dieci anni da quella mobilitazione unitaria la Valle Peligna deve sforzarsi di superare questo momento di profondo declino e mettere in campo concrete idee di sviluppo e di innovazione in tutti i comparti dell’economia. La classe politica ancora una volta è chiamata a svegliarsi, a darsi una mossa, a non illudere le attese dei cittadini e a non contrabbandare per realtà quelle che spesso restano solo chimere. Ma anche la cittadinanza non deve apparire silenziosa e rassegnata, avallando una resa senza condizioni per la città e per tutto un territorio, collaborando all’uscita dalla crisi.
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