SANREMO, UNA STORIA
di Massimo Di Paolo – Comincia Sanremo il festival della canzone italiana. Oscar, Golden Globe sbiadiscono nei cuori e nelle menti degli italiani. Il Festival di Sanremo 2024 assorbe ogni cosa e come un farmaco cura lo sfinimento emotivo di chi vive in perenne assetto di crisi economica, sanitaria, sociale, politica. Le canzoni o canzonette, checchĆ© se ne dica, fanno sognare, fanno rappresentare una via dāuscita a quellāinquietudine ormai divenuta compagna di vita dellāuomo moderno. Si pone quasi allāinizio di ogni anno, il Festival, come un semplificatore di pensiero, dandoci lāillusione di controllare ogni incertezza. Serate incantate, tra musiche, personaggi e cotillon per una bulimia identificativa necessaria a saziare ogni forma di fame e di vuoto affettivo. La 74esima edizione compie una curiosa chiusura storica; un uroboro dei significati spesso nascosti. Era il 1951 quando Nilla Pizzi vinceva la prima edizione riscattandosi da quel clima fascista che negli anni precedenti lāaveva relegata a margine per la sua voce troppo sensuale. Sanremo contenitore di messaggi politici, di emancipazione, di divergenza non solo musicale. Ribalta per ideologie nascenti che spesso hanno preoccupato i governi e i governi ombra. Personaggi che con lāandare del tempo hanno espresso concetti, modalitĆ e rappresentazioni rivoluzionarie dal forte contenuto sociale. Con lāavvento della televisione per moderare significati e costumi delle rappresentazioni musicali si scomodĆ² perfino Pio XII che disse: āCi auguriamo che la televisione sia orientata verso gli avanzamenti dei valori cristiani e non alla diffusione di costumi immoraliā. Era il tempo di āTutte le mammeā di Consolini-Latilla in linea a quello che si cercava: mamma, chiesa, famiglia, regime di rassicurazione e di controllo. Il Festival, da subito operazione commerciale e turistica, poi anche musicale ed artistica, troppo spesso subordinato ad una liturgia scontata che per decenni ha evitato ogni forma di contatto con le criticitĆ che attraversavano lāItalia.
Sanremo consacrato, rappresentato, ma di fatto narcotico per il quieto vivere, sempre accuratamente lontano dalla narrazione del Paese. Si scartava āMeravigliosoā dedicato al suicidio di Tenco; si taceva sulle donne in piazza dopo la strage del Circeo; si negava nel 1975 la riforma del diritto di famiglia con la paritĆ giuridica tra i coniugi, condivisione della patria podestĆ e comunione dei beni. OccorrerĆ aspettare il Festival del 1986 per avere un sussulto con lo scandalo di Loredana BertĆØ che si esibiva con due ballerine indossando finti pancioni da donne incinte: cantava āReā.
Il Festival di Sanremo, sempre in āordineā, melassa dei dettami politici prima andreottiani, poi clericali, poi liberal-borghesi e poi della corrente radical chic: ambivalente fino allāosso. Ha lavorato forte in questi settanta e oltre anni la forbice della censura in vario modo e con diverse mani: torniamo ancora al ā51 a āGrazie dei fioriā di Nilla Pizzi, per esempio. Speriamo che il vento politico attuale non lasci che il serpente si morda la coda rendendo lāedizione del 2024 priva di ogni forma di divergenza, di libertĆ di pensiero sulla falsa riga di un modello putiniano. Un festival della canzone che si ferma a cantare melasse sentimentali tralasciando i rumori dellāanimo umano e delle dolenti realtĆ sarĆ apolitico, agnostico, sterilizzato ma inevitabilmente indifferente. Sanremo per essere deve, nel bene e nel male, rappresentare il nostro Paese. Quello reale.
Per approfondire:
- di Walter Vacchino, Ariston -la scatola magica di Sanremo- edizioni Salani
- RaiPlay, Sanremo Story
- Rai Cultura, LāItalia che canta. Sei decenni del festival di Sanremo
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Complimenti fa pensare
Se San Remo rappresenterĆ il paese reale si potrĆ solo piangere !!!!