MORTE DEL FETO DOPO IL VACCINO DELLA MADRE, LA PERIZIA ESCLUDE RESPONSABILITÀ DA PARTE DEI DUE MEDICI INDAGATI

“Non si evidenziano nessi di casualità tra l’evento morte endouterina ed il comportamento dei sanitari che è apparso rispettoso delle moderne linee guida”. Lo affermano i periti, Luigi Miccolis e Claudio Celentano, incaricati dalla Procura della Repubblica di Sulmona per stabilire se nella morte del feto nel grembo di una donna all’ottavo mese di gravidanza sottoposta a vaccino, vi fossero responsabilità dei medici curanti. Al momento risultano indagati un ginecologo e il medico che l’avrebbe sottoposta al vaccino. Si Tratta di Gianluca di Luigi e Alberto Capodacqua. Un atto dovuto quello della Procura proprio per espletare gli  accertamenti irripetibili, ora conclusi. I fatti risalgono al luglio del 2021 quando la donna, assistita dall’avvocato Vincenzo Margiotta, ha spiegato che su consiglio del ginecologo, si è sottoposta alla vaccinazione antipertosse. Il Triaxis antidiferite, antitetano e antipertosse è stato inoculato dal medico vaccinatore il 21 giugno. Poi gonfiore, malessere, il viaggio a casa di parenti e le perdite ematiche che hanno costretto la donna a recarsi in pronto soccorso. Qui l’inaspettata diagnosi del decesso della bambina che portava in grembo e del conseguente suo ricovero in terapia intensiva. Secondo l’accusa il vaccino non poteva essere iniettato poiché mancava una vaccinazione precedente. Inoltre, sempre secondo le accuse, non si sarebbe proceduto ad uno screening vaccinale e all’anamnesi medica prima dell’inoculazione della dose. Da qui la decisione della donna di voler accertare se esistono delle responsabilità sulla sua interruzione di gravidanza.  Nello stesso tempo la difesa degli indagati  respinge ogni addebito ritenendo che i due medici non abbiano alcuna responsabilità né possa sussistere un nesso di casualità tra decesso e vaccino che, seppur consigliato, non prevede l’obbligatorietà.
Ma le conclusioni dei due periti incaricati dal Pm Mariotti, sembrano dare ragione alla difesa.
Nello specifico i periti hanno rilevato che il ginecologo ha dato l’indicazione alla vaccinoprofilassi per la pertosse come da raccomandazione ministeriale e il medico vaccinatore ha eseguito il booster come previsto dalle stesse linee guida. Entrambi hanno rispettato, secondo le risultanze della perizia, l’informativa del novembre 2019 relativa alla pratica vaccinale nel corso del terzo trimestre relativo alla pertosse. In caso di soggetto non vaccinato, peraltro, non esistono controindicazioni all’utilizzo del booster anche all’ottavo mese di gravidanza, in quanto lo stesso è composto “dagli stessi tossoidi per tetano, difterite e pertosse”. Quindi, una conclusione diversa rispetto a quanto riferito e ipotizzato in querela dalla donna.  Tuttavia l’inchiesta prosegue poichè il Sostituto Procuratore, Edoardo Mariotti, ha chiesto ai consulenti tecnici di integrare la relazione per accertare ulteriori circostanze in ordine alla vicenda. In particolare il Pm, recependo l’ulteriore memoria difensiva della donna, ha chiesto tra le altre cose di approfondire e riferire le modalità della prescrizione medica e di effettuazione del triage pre-vaccinale, di accertare le modalità di esecuzione dell’inoculazione del vaccino, ovvero su quale parte del corpo dove è stato eseguito, verificare e relazione in merito alla esistenza di linee guida per la vaccinazione presso la Asl di Sulmona per cittadini italiani e stranieri e chiarire la causa dell’infezione rilevata il 21 agosto nell’ospedale dell’Aquila. Tutti questi ai quali i consulenti dovranno rispondere per integrare la loro relazione. La cosa certa è che al momento non sono emersi profili di responsabilità e di imperizia da parte de medici indagati che hanno attuato le raccomandazioni ministeriali.