PD: L’ARIA CHE TIRA

di Massimo di Paolo – Quello che è successo recentemente con il Pd e nel Pd sulmonese non ha creato molto scalpore pur evidenziando aspetti seri su cui vogliamo soffermarci. Tranne i riferimenti quasi “scandalistici” riferiti alla persona del consigliere Di Benedetto, nonché membro della direzione del Pd sulmonese, circa la questione dell’appalto della mensa scolastica, null’altro si è mosso. Personalmente penso che, a seguito dei fatti avvenuti, una riflessione sarebbe dovuta sorgere spontanea sui doveri, taciti ed espliciti che, un politico,ancor più se impegnato in amministrazione, dovrebbe assolvere. I dibattiti sono sempre utili, fanno riflettere se riescono a non buttare ombre o zeffiri diffamatori. Questa rubrica già si è espressa sui bisogni di riportare il dibattito pubblico e politico a migliori livelli in grado di sollecitare atteggiamenti di apertura e di crescita per Sulmona.

Bene, scusatemi l’inciso e torniamo al punto: cosa è successo nel Pd  in occasione della polemica sull’appalto della mensa scolastica.

Il Partito democratico è stato è resta un partito strutturato. Mantiene processi organizzativi e funzioni  simili ai vecchi partiti dei tempi passati. Anche il Pd sulmonese prevede la struttura e i ruoli dettati dai regolamenti nazionali. Ma il nostro Pd, quello sulmonese per intenderci, ha sviluppato da diversi anni una reattività “specie specifica” usando un approccio della biologia funzionale. Da un pò di anni ha una tendenza all’espulsione degli iscritti o alla formazione di logge esterne che cercano e rivendicano una podestà ope legis. La teoria: noi siamo onesti bravi e fedeli al partito. La pratica: chi ostacola, chi non aderisce è fuori – nel senso che: o è espulso o lascia il partito. I fatti: il dibattito e il confronto tra idee è morto. Spesso queste dinamiche si esplicitano anche con assalti alla “direzione” da gruppi di pretoriani a servizio di questo, di quello, o di quella simpatizzante.

Dalla fase pre-congressuale del Pd, fino al tentativo di impeachment ordito da ex iscritti con la redazione di un atto di accusa verso Di Benedetto, a seguito delle note vicende sull’appalto per la mensa scolastica, ma soprattutto verso la struttura attuale del partito, la sintomatologia si è aggravata. Si potrebbe sovrapporla a quel quadro che in neuropsicologia si chiama Sindrome di Tourette che presenta come sintomi, tra l’altro, spasmi, tic, mugugni, parolacce, contrazioni comportamentali diffuse. Si accentuano quando aumenta la tensione, l’ansia da prestazione, gli abbandoni e in presenza di rabbia e disgusto. Così è, perché, quello che si è visto da settembre a oggi, tutto è stato fuorché un periodo di calma, costruzione, confronto e crescita. Neppure approfondimenti politico-culturali sulla città hanno caratterizzato questo ultimo periodo. Nulla, nessun contatto con la cittadinanza.

Rotture, espulsioni, rifiuti, divieti, uscite. Insomma sindrome con tic da riconsegna tessere e spasmi diffusi per ruoli e funzioni non concesse. Fuori metafora: nessuno ha ritenuto opportuno aprire un tavolo di confronto fatto di “incazzature” esplicite, di rabbie furibonde per lavare gli eventuali panni sporchi, per poi passare a ricucire a rammentare a mettere toppe. I vertici provinciali eregionali non hanno mai tentato di motivare gli iscritti e la segreteria attuale verso una “rifondazione” del Pd di Sulmona. Sarebbe stato bello in fase congressuale, con un processo laboratoriale allargato, ricercare  un “moderno modello periferico” ben focalizzato ai tempi e alle questioni attuali della città, della Valle e del territorio. Non è avvenuto e si è persa una importante occasione. Le fratture, gli allontanamenti, le ambivalenze vanno esplicitate, capite e sanate; perfino i fatti personali vanno ricomposti, se si deve stare dentro. “Atto dovuto”, lo stare dentro, se si vuole proporre e partecipare, ha richiamato Francesco Piacente, segretario provinciale, nel documento pubblicato recentemente in risposta alla missiva degli ex iscritti. Ma occorre averne la possibilità. Possibilità aperta a tutti. Una rinascita senza politichese, senza scheletri nascosti, senza fondaci chiusi. Senza quel professionismo della politica che alza muri e rende un partito cosa privata. Occorre che i rappresentanti di partito funzionino come catalizzatori verso ricomposizioni, aggregazioni, allargamenti, partecipazione e non come giudici con una tendenza alla condanna. Catalizzatori che possano far bruciare abiti dismessi, quadri antichi non più adatti. Né massimalisti e né liberal, ma adesi ai territori con attenzione al Civismo. Ricostruire e non imbiancare la sola facciata, con dibattiti autentici, con portatori di esperienze dentro e, soprattutto, fuori la sezione. Oggi, a Sulmona, il Pd è percepito come un partito di rotture, di espulsioni e di abbandoni. Forse è la stessa dannazione che perseguita il Pd dalla sua nascita. È ora di tornare a creare il tempo dei rientri, dei convivi di idee, degli ammodernamenti di idee, di nuove prassi di funzionamento, senza musi storti, nasi tappati, giudizi perentori, etichettamenti. Caro Francesco Piacente e cordialissimo neo segretario regionale Daniele Marinelli, le cose non stanno andando troppo bene. Occorre dirsi la verità. Non vanno troppo bene nel Pd nazionale che non riesce più a parlare di “cose vere” nelle case, nelle famiglie, nelle fabbriche, nelle scuole, negli ospedali, nelle campagne, nei trasporti, nelle diversità individuali; non vanno bene nel Pd di Sulmona atrofico, non vivo, saccente spesso, espulsivo sempre; non vanno bene nell’amministrazione di Sulmona lontana dalla città, affogata in lotte intestine, nel deterioramento, nella sporcizia e nell’assenza di cura; priva di visione e operatività. Qualche risultato sulla scia del pregresso, a macchia di leopardo senza un filo conduttore.

In questa corsa aperta verso la “destra”, verso quei ragionamenti semplificati e banali, dove le diversità sono il nemico, c’è ancora bisogno di sinistra? Direi di si, lo gridiamo a pieni polmoni purché si riaprano i filoni degli incontri e delle integrazioni. Con urgenza per “Sulmona nostra”.

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