LA NOSTRA CITTÀ NON MERITA IL VUOTO

di Carlo Maria Speranza 

La situazione della distribuzione merceologica da sempre si pone di fronte alla questione se accentrare in poli esterni alla città le funzioni commerciali, di fatto impoverendo la vitalità economica e sociale del centro urbano, o tentare di razionalizzare la distribuzione interna al nucleo urbano, con una politicy regolatorie più efficienti, comprese la riqualificazione e riconversione di edifici in disuso oltre che di piani gestione del centro urbano che spazino dai regolatori generali ai particolareggiati urbani
In Germania -che ha caratteristiche di antropizzazione del territorio simili a quelle italiane ma senza averne la qualità storica ed artistica!- c’è stato un atteggiamento molto critico nei confronti degli shopping center periurbani, poiché la vita urbana e le strade, correvano il rischio di essere svuotate: […] ogni città, strutturalmente ben ordinata, richiede un centro vivo e dinamico, che in effetti viene reso attivo e palpitante proprio dal movimento dei negozi.(Gatz K., Negozi moderni. Negozi, grandi magazzini, centri di vendita, 1967, Celi, Bologna, p. 43). 
Per questo i progettisti urbani tedeschi, hanno sviluppato l’idea dell’area pedonale e della via commerciale coperta, contemperando così la tutela del centro storico e le attività commerciali preesistenti (un atteggiamento simile già presente in Italia a fine ottocento con la realizzazioni delle Gallerie Commerciali di Centro Città). 
Già nel 1979, l’urbanista Giorgio Gentili faceva una analisi della natura delle vie interne ai nuclei urbani, distinguendo la strada-canale dalla strada-mercato (AA.VV., Storia del commercio italiano, 1978, Etas, Milano): mentre la strada canale, come si può ben intuire, è un supporto per i flussi urbani e collega i vari punti nello spazio urbano, la strada-mercato è distinguibile in tre tipologie: 
– la strada commerciale del mercato ambulante, è una zona della città che viene periodicamente adibita a commercio di beni; questa tipologia è molto spontanea e radicata nella vita del quartiere sebbene abbia dei vincoli temporali; 
– la strada commerciale di vicinato, invece è quell’insieme di negozi posti al pian terreno e che si affacciano sulla strada, che hanno una clientela locale fissa, e che non conducono politiche rilevanti di ampliamento del bacino di utenza; 
– le strade commerciali primarie, infine sono quelle che di solito si trovano nei centri storici o al centro dei quartieri più importanti, e spesso si organizzano in associazioni commerciali che li rendono simili a centri commerciali. La clientela giunge anche dall’esterno della città e la strada si caratterizza per la presenza dei negozi più che per la funzione viaria. Tuttavia le strade commerciali primarie sono ormai soffocate dal traffico automobilistico tanto che vengono a mancare i presupposti di comfort e praticabilità delle passeggiate e dello shopping. A tal fine alcune politiche urbanistiche hanno tentato di favorire la pedonalizzazione delle zone centrali. 
L’isola pedonale è, quindi, un espediente tipicamente italiano, che tende a favorire la passeggiata, lo shopping e il godimento dei centri storici e consiste in una zona della città limitata al traffico automobilistico e dove il cittadino si può appropriare liberamente della strada ed il commercio può utilizzare gli spazi antistanti e limitrofi come estensione delle superfici di vendita.  
L’isola pedonale, quindi, dovrebbe favorire i negozi del CentroUrbanoStorico, tuttavia producendo una congestione del traffico nelle zone limitrofe, tanto da rendere inefficace su lungo periodo la soluzione. Inoltre, alcune zone del centro in cui sia escluso il traffico automobilistico -permettendo la creazione di vie commerciali protette ed appetibili alla concretizzazione di imprese ecomoniche- vi sono, evidentemente, casi di pregresse situazioni di flussi/nodi di passaggio obbligato per la circolazione urbana, l‘isola pedonale viene istituita discontinuamente
Le politiche delle maggiori nazioni europee hanno dato diverse risposte al dilemma decentramento o centro storico: l’Inghilterra, ha favorito la creazione di nuove città autosufficienti commercialmente con l’obiettivo di invertire la crescita metropolitana; la Germania ha voluto tutelare i negozi del centro promuovendo soluzioni ad hoc: riqualificazioni dei centri urbani, sviluppo delle linee metropolitane, riconversioni di edifici in disuso in centri commerciali urbani, e anche la costruzioni di alcuni grandi centri regionali in determinate zone del paese; la Francia, che aveva un grande tradizione di grandi magazzini, si è trovata a sviluppare enormemente la grande distribuzione con delle conseguenze negative sulla viabilità e sulla conurbazione. 
L’Italia non ha scelto di lasciare al livello territoriale le decisioni
Le politiche attive messe in atto in Inghilterra, per esempio, hanno evidenziata la carenza di spazi e la densa urbanizzazione delle città e, quindi, hanno portato le amministrazioni locali a privilegiare la conversione d’uso di luoghi centrali che avevano perso la loro funzione, soprattutto nel caso di vecchi mercati cittadini, ormai superati dalla moderna distribuzione, si è provveduto a costruire centri commerciali polifunzionali come nel caso del Covent Garden Market di Londra: questo investimento pianificatorio si e dimstrato solo il primo passo per una ristrutturazione dell’intero quartiere oggi vivo di residenza e vitale di flussi
In Germania la stessa operazione è stata fatta addirittura ristrutturando vecchie caserme del periodo della dominazione francese (Galerie Kleiner Markt a Saarlouis), valorizzando sia l’aspetto storico sia quello di ammodernamento delle strutture distributive. 
Si può dunque notare che la tendenza delle politiche degli insediamenti commerciali, non possa non mirarea tutelare il centro promuovendo shopping center urbani, integrati in un contesto di isola pedonale, magari costruita su misura sulla realtà antropica e di utilizzo, ma con attenzione alle attività di residenza, di vicinato, e della socialità interna ed indotta dalla funzione simbolica ed attrattiva che per ogni città italiana ha il suo Centro Storico. 
Qui a Sulmona abbiamo invece scelto di non pianificare alcunché, lasciano che processi naturali di desertificazione sopraffatti da un’economia non condotta e non sostenuta abbiano aggredito il Centro Storico, rendendolo inabitato, decommercializzato, privato di servizi e di funzioni. Senza una programmazione di utilizzazione di edifici di proprietà come palazzo Pretorio, come del Liceo Classicocon politiche di sostegno, tra gli altri, alla rifunzionalizzazione di elementi edilizi privati come il Palazzo sede della ex CARISPAQ ovvero isolato Sanità, convento dei SS.Cosimo e Damiano,…. 
Quindi, da una parte, lo spontaneismo amministrativo non ha né vision produce linee guida attuative di programmi operativi per il centro storico di Sulmona -che è rimasto l’unico Centro Storico esteso, orignale e di qualità a seguito del sisma 2009- dall’altra le amicalità associative organizzate chiedono No Smog
Mi chiedo e chiedo loro perché richiederlo per il Centro Storico in via di totale svuotamento di indigeni e stanziali sporcatori? e non per la zone pericentirche dove gli umani abitatori di condomini addensati producono ogni tipo di emissione solida, liquida ed aeriforme dannosa? dal momento che per il materiale particolato PM10 proveniente da sorgenti antropiche, il settore maggiormente emissivo nelle aree urbane considerate è quello del riscaldamento domestico e trasporti su strada.  
Anziché essere mandatari No Smog ….chiedete all’amministrazione progetti, programmi, delibere, atti di indirizzo e poi tavoli di concertazione, brainstroming, borse di studio, taskforces, tesi di laurea, idee, spunti, ispirazioni, e poi richieste di finanziamento. 
La nostra città non merita il vuoto : natura abhorret a vacuo.  “la natura rifugge il vuoto” specie se è di visione.