DIMISSIONI, PERCHÉ AL SINDACO DI PIERO CONVIENE (NON) RIPENSARCI
di Luigi Liberatore – Lo hanno affidato a me il compito, mica per riguardo, piuttosto perché io sono considerato il più irriguardoso in questi frangenti, o per dirla semplicemente, perché mi considerano il peggiore, giornalisticamente parlando, di tutta la redazione. E mi sono preso l’incarico col passo lieve col quale, il sindaco Di Piero, forte del settantacinque per cento degli elettori di Sulmona, è approdato a Palazzo San Francesco dal quale, con la stessa nonchalance, se n’è poi andato. Senza sbattere la porta. Né per me personalmente, e nemmeno per tutto il giornale che rappresento, ha fatto piacere che abbandonasse la “partita”, benchè, senza fare ammenda postuma, siamo consapevoli di avergli reso il cammino più insidioso di quanto lo fosse. Parto da un banale, quanto significativo, episodio. Stavo percorrendo una stradina di Sulmona, peraltro soffocata ancora da erbacce bruciate dal sole, e mi sono fermato ad osservare una vecchietta che cercava di convincere il suo gatto ad uscire da quel groviglio. Ho pensato che quella donna avesse votato per lui, e suppongo che lo abbia fatto, insieme a migliaia di persone, per il tono rassicurante e familiare che ha saputo dare alla gente, penetrando nelle loro abitazioni. Ecco, la chiamo gente quella che si fida di un volto pulito, amico, affidabile come il suo, ma che non conosce a fondo i disturbi, le pressioni, i sacrifici e le pene che debba soffrire un sindaco di una città problematica, grande, complessa e soprattutto bella, come quella di Sulmona Quella gente, cioè persone, migliaia dico, hanno affidato a lui il compito, paradossalmente, di non far perdere perfino quel gattino tra le sterpaglie. Pensavano pure che si dovesse disbrigare tra lotte tribali, partiti in sfacelo, egoisti e faccendieri, commercianti e commercialisti, professori e pensionati, costruttori e lavoratori, però si sono affidati e fidati di lui, sulla semplice intuizione che guida la gente perbene. Cioè che potesse farcela, nonostante la categoria dei giornalisti (la peggiore) che purtroppo fa parte del gioco, e soprattutto i consiglieri comunali coi quali ha voluto misurarsi con le armi ingenue del galantuomo rispetto alla loro mediocrità politica. Personalmente ho provato disappunto e tenerezza, nonostante la mia età e la conoscenza di faccende simili, vederlo abbandonare l’aula con disincanto e con la tristezza che ha evocato parlando al Consiglio, ma che ha saputo dissimulare andando via. Sulmona lo ha votato con espressioni bulgare in condizioni democratiche, quindi gli vuole bene. La legge dice che ha venti giorni per ripensare alle dimissioni date. Una ventina di giorni sarebbero utili per riprendere un discorso daccapo, cioè sulle ali di quella elezione plebiscitaria che dopo due anni hanno svelato pregi e difetti dei compagni di viaggio, se consegnati, però, ad un politico cinico e persino baro. Ma non ci siamo, perché la sua correttezza si scontra, come ha detto qualcuno in consiglio comunale, con i numeri i quali sono l’unica discriminante per poter governare. A questo punto devo pure esprimere una mia opinione: penso che Gianfranco Di Piero farà piangere quella vecchietta col suo gattino impertinente, ma non può barattare la sua intelligenza e la sua cultura umanistica con personaggi double-face che lo porterebbero di nuovo allo sfacelo
Adesso che andranno i vostri vedrete come il gattino sarà contento.
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Osservavo da lontano, erano gli anni della mia gioventù…dei miei primi anni di lavoro oltre che di matrimonio.
Quale potrebbe essere ora una mia onesta considerazione?
Ho sbagliato a non fare politica attiva, anche se come insegnante certe mie idee erano molto chiare .
Ancora oggi, purtroppo, le idee del passato restano. In una città piccola come la nostra, sono radicate, e forse è per questo che Sulmona ( non Prezza, non Bugnara, non Cansano, non Pettorano, non Pratola Peligna, non Raiano, non Campo di Giove, non Pacentro… non Scanno …semplicemente Sulmona) non riuscirà mai a trovare chi saprà valorizzarla come merita, senza pensare ad altro, soprattutto ad un passato che non ha più ragione di esistere e di condizionare il presente.
Questo avrebbe ,forse, dovuto fare il caro Sindaco : essere se stesso e non altri al suo posto.
Anna Maria Coppa
E certo. Dopo aver fatto una campagna elettorale ai limiti della diffamazione contro il nemico di Sulmona, pericolo pubblico numero uno della politica adesso è semplice andare via. Tiri fuori gli attributi mostrati nei comizi elettorali e si dia da fare. Altrimenti Sarà ricordato, anziché come il migliore, come si definiva, il peggio di quel peggiore Gerosolimo. La politica non è per tutti. State facendo i danni con questa manfrina.
Il rispetto si guadagna sul campo e lavorando onestamente.
A Sulmona manca completamente l’etica civica che serve a funzionare, nonostante questa sia una città con tante possibilità, grande storia e cultura.
È un peccato che nonostante i passati fallimenti e scempi non si è imparato nulla ma anzi si continui con questo suicidio sociale e politico.
Non è certamente un caso che la gente debba affidarsi all’estremismo per ottenere il dovuto rispetto e disciplina sociale di cui abbiamo bisogno.
Il gattino sopravviverà speriamo e l’articolo non era poesia per una volta ma la triste realtà dei fatti in città.
Bisognerebbe descrivere in dettaglio questi fatti e misfatti così da evitare ambiguità e fannulloni.
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La morte, spesso, non è solo quella fisica.
E’ quella morte che ci prende quando non si ha più la forza di continuare a combattere o meglio ad agire…tante le difficoltà, spesso causate da inutili lotte di potere o meno, e da pregiudizi
Considerazioni sentite, le Sue, Sig. Liberatore, non è poesia, è quel minimo di rispetto dell’altro che ognuno dovrebbe avere, altrimenti è inutile fare atto di presenza alla Santa Messa…domenicale o meno.
Sulmona ha perso, questa è la realtà.