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BIONDI. I RAGAZZI FUORI LA PREFETTURA SONO STATI CHIAMATI

di Pierluigi Biondi*
Nell’incredibile festival delle parole in libertà della sinistra aquilana, spicca l’affermazione di un consigliere di Avs secondo il quale in città ci sarebbero “decine di persone che vivono per strada tutto l’anno, dormendo al freddo e al gelo”, motivo per cui andrebbe aperto un dormitorio pubblico. Due bestialità in una, ecco perché. In Italia, statistiche Istat, ci sono circa 100.000 senza fissa dimora, una percentuale, quindi, dello 0,0017% rispetto alla popolazione, come a dire che ci sono 17 “senzatetto” ogni 100.000 abitanti. Anche non volendo considerare che gli studi indicano che la metà di queste persone sono concentrate in sei grandi città e/o dove ci sono porti, grandi stazioni e un clima favorevole e che una parte di loro fa dell’essere clochard una scelta di vita, se quindi volessimo tagliare i numeri con l’accetta, avremmo per L’Aquila una stima di 12 “senzatetto”, non “decine” come nella delirante affermazione di cui sopra. Ebbene: in città è attivo da tempo un progetto di collaborazione con la Croce rossa chiamato “Invisibili”. Grazie a questa iniziativa ospitiamo 10 persone, tra cui un bambino piccolo, che prima vivevano in condizioni precarie. Alloggi veri, con comfort e privacy, non un dormitorio promiscuo e provvisorio. Un posto familiare e sicuro, non una camerata da condividere con qualche sconosciuto per poche notti. E basta farsi un giro in città, anche nelle più estreme periferie, per verificare che non esiste nessuno che viva all’addiaccio, tranne – eventualmente – coloro che rifiutano l’assistenza o che si nascondono dalle istituzioni e alla legge perché stazionano irregolarmente in Italia.
Ma forse il pretesto per questa sparata è stato dato dalla presenza “improvvisa” all’Aquila di 44 migranti, cosiddetti “di terra”: non sbarcati improvvisamente come fossimo Lampedusa ma che si sono incamminati attraverso la rotta balcanica con destinazione Italia. Dal confine nord-orientale all’Abruzzo ci sono 700 km: vuole dire che hanno attraversato mezza Penisola per arrivare all’Aquila. Poiché non credo siano stati attratti dall’imminente avvio di Capitale della cultura né per conoscere le tecniche di restauro di palazzi e monumenti, è evidente che sono arrivati “a chiamata”. In genere lo strumento che usano movimenti antagonisti “no frontiere” dediti all’occupazione di immobili o strutture accreditate per l’accoglienza dei migranti. Considerato che in città non ci sono i primi (ma solo qualcuno che ne prova a scimmiottare l’ideologia dell’accoglienza totale) alla base del loro arrivo c’è una ragione economica: creo il problema, te lo risolvo e incasso. Che poi la comunità locale ne paghi le conseguenze in termini di percezione di sicurezza poco importa. Addirittura qualcuno ha suggerito a questi poveri disgraziati di recarsi in massa al pronto soccorso con dei pretesti vari, per cui due notti fa gli operatori sanitari sono stati costretti ad occuparsi di problemi inesistenti tralasciando il lavoro vero. Motivo per cui ho suggerito agli interessati di presentare un esposto per procurata interruzione di pubblico servizio. L’Aquila già fa abbondantemente la sua parte in questo ambito, ha già i suoi centri di accoglienza per adulti e per i minori stranieri non accompagnati, con capitolati specifici e regole certe sulla mediazione culturale, sull’assistenza psicologica, sulla prevenzione dell’abbandono scolastico e sulla formazione e l’accompagnamento al lavoro. Secondo le quote che il territorio può effettivamente assorbire, per cui questa mattina i 44 migranti – dopo essere stati assistiti e seguiti da prefettura, forze dell’ordine e associazioni, che ringrazio davvero di cuore – sono in viaggio verso luoghi, fuori regione, dove sono state accertate le disponibilità di posti, perché qui da noi non ce ne sono. Perché per noi l’accoglienza è una cosa seria, vogliamo creare davvero le condizioni per una reale integrazione per chi ha lasciato la propria terra sperando in un futuro migliore, personale ed economico, in linea con il “decreto flussi” del governo che stabilisce chiaramente chi può entrare in Italia e a quali condizioni. Perché per noi la solidarietà è un concetto a tutto tondo che non si esaurisce all’ora dell’aperitivo. Ma, soprattutto, perché noi, nelle politiche sociali come in altro, non prendiamo lezioni dalla sinistra. Semmai le diamo: nell’operato quotidiano, con il nostro esempio e i nostri sforzi. E la città ce lo riconosce, nelle strade e nelle urne.
*Sindaco dell’Aquila

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