Cultura

QUANDO MENTE E CORPO PARLANO DELLE SCHIAVITU’

di Christian Perreca

L’AQUILA – Sono rinchiusa in questa minuscola stanza da anni, ormai, dicono che serve a proteggermi, ma io la vedo più come una prigione. Oggi meditavo, tra le altre cose, sulla realtà o sulla sua illusione; in questa gabbia l’unica cosa che mi è concessa è riflettere, perciò non faccio altro. Ringrazio la prigione per un unico motivo, ossia il concedermi di pensare, è grazie alla mia schiavitù che sono giunta alle più grandi rivelazioni della mia vita: alcune riguardano il nulla, altre riguardano il tutto, altre ancora sono riflessioni sul senso e altre sul non senso, alcune riflessioni riguardano le parole, unico strumento a mia disposizione, e il loro uso;  ad esempio il legame tra parole e concetti e la potenza che le parole danno ad essi. Senza alcune parole non esisterebbero certi concetti, basterebbe rimuovere dei vocaboli per far crollare ideali, la mancanza di parole per spiegare ciò che accade è, tra gli altri, il motivo per cui non sappiamo ancora descrivere la realtà. Le parole formano i concetti, i concetti possono formare ideali e gli ideali nella storia hanno creato regimi, questa è la forza del verbo, ciò che era in principio e ciò che si tramanda di bocca in bocca. Un’altra riflessione che ho fatto sulle parole riguarda il loro utilizzo, è vero che sono forti, non si può negare, ma si possono anche indebolire e il modo è semplice; provate a ripetere la stessa parola troppe volte e questa perderà totalmente di significato, divenendo quindi debole e non avendo più la forza di creare ideali, essendo insensata. Altre volte però ripetere le parole fa evidenziare ancora di più un concetto, è la ripetizione, in aggiunta ad una convinzione, a ingannare le menti, non a caso la ripetizione di determinate parole chiave rende ancora più forti i regimi.
Come ho detto passo i giorni a rimuginare e sono stanca ormai, non faccio altro che pensare, questo è tutto ciò che mi è concesso, ringrazio il pensiero per avermi portato suddette rivelazioni, ma allo stesso tempo lo maledico. Essere bloccata in un flusso di pensieri non solo porta rivelazioni, ahimè, porta più paranoie, ansie e negatività. Oltre ai continui pensieri maledico la prigione per i “lavori” che devo fare per mantenerla in ordine e per mantenermi viva. Devo letteralmente domare un animale selvatico, senza alcuna logica se non quella della sopravvivenza e dell’appagamento ed è il mio compito seguire regole sociali, (le quali portano con sé altre ansie e altro stress). Se non si fosse capito, mi chiamo coscienza, mente per chi preferisce e questo mio ergastolo è il corpo, io sono lo yin e questo è ciò che succede quando non riesco a ricongiungermi con il mio yang. Io devo soddisfare i bisogni della mia stessa prigione per non morire, sono in gabbia e devo alimentare la mia gabbia. Non posso essere libera di agire in maniera indipendente a causa dei bisogni, i quali, se non soddisfatti, mi ucciderebbero. Io logica, io razionale, io sede del pensiero costretta a sottostare a bisogni animaleschi. Voglio scappare ma morirei, quando cerco di scappare sento la sensazione di essere scollegata dalla realtà e vado in panico. Troverò mai pace?

IL CORPO SCHIAVO DELLA MENTE

Io sono il corpo e sono anni che sono schiavo della mente. Ogni giorno devo trattenermi dal fare ciò che vorrei, sono in catene e la mia palla al piede è la mente. Vorrei soddisfare i miei bisogni ma ogni cosa che faccia deve passare prima dalla sua approvazione, come se non bastasse mi fa sentire male, continua a rimuginare e i suoi pensieri mi provocano malesseri ovunque: le gambe diventano molli, lo stomaco si inacidisce, l’intestino brucia, le mani tremano, il battito accelera e sento caldo anche se è inverno. Alle volte sento come se la mente provasse a scappare, come se volesse uscire da me, sento infine un senso di morte sopraggiungere, il respiro diventa affannoso e non so come fermare questa sensazione. Tutto questo è troppo per me, troppi segnali di pericolo, sono uno impulsivo io e non capendo cosa succede vado in panico e mi spengo. Amo dormire, forse perché il sonno è l’unico momento in cui non ho mai provato quelle sensazioni. Io non capisco i canoni della società, perché non possiamo tutti soddisfare i nostri doveri senza paura delle conseguenze? Sempre se è la paura delle conseguenze a fermare la mente dal farmi fare ciò che per sopravvivenza devo assolutamente fare. Ogni giorno sento quella sensazione, come se la coscienza cercasse di scappare da me, credo che il mio malessere sia una conseguenza di ciò e il non capire il perché mi distrugge ancora di più; ultimamente per risolvere il problema la mente ha fatto sì che io ingerissi qualcosa che non comprendo a pieno, è piccolo e circolare e di colore bianco, grazie a questo mi sento molto meglio e riesco a dormire più facilmente, l’unico problema è che sono spesso spossato, come se non avessi dormito, inoltre mi sento più pesante e il metabolismo è rallentato. Un altro problema che ho, con quella che dovrebbe essere la mia compagna, è che si sente incatenata a me, così come io mi sento incatenato a lei; noi che dovremmo essere coniugi per la vita finiamo per bloccarci a vicenda e ho paura che prima o poi deciderà di uccidermi per sentirsi libera. Mi rassicura il fatto che uccidendomi morirebbe anche lei, sono preoccupato dal fatto che un giorno potrebbe essere disposta a farlo.

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