BJÖRN BORG, UNA STORIA UNA VITA
di Massimo di Paolo
Fu una rivoluzione. Nella tecnica, nella moda, nella popolarità. Björn Borg campione di tennis si ritirò nel 1981 a soli 26 anni. Bruciato nelle gambe e nell’anima, più che un ritiro per lui fu una fuga da un ambiente che ancora oggi assorbe, uccide il daimon che ti possiede, prosciuga: non ti fa passare indenne dal tutto al niente. Un calvario di instabilità gli anni che seguirono l’abbandono, dall’alcol alle droghe al bisogno forsennato di soldi.
Una bellezza che ebbe, per l’intera Svezia, lo stesso significato nazionale del legno lavorato; di Stenmark, di Ikea. Paragonabile ai Beatles per lo sport, rivoluzionò il tennis imponendo uno stile e ‘colpi’ che fecero scuola, il top-spin e il rovescio a due mani, sotto i capelli biondi trattenuti a fatica, sedussero il mondo. Un teenager che, entrando in campo, dava una scossa sexy a tutti gli spalti subendone la pressione. Viveva immerso in un agonismo sportivo senza pari, con un pubblico esigente e pressioni commerciali che lo consumarono rapidamente dentro, tanto da farlo allontanare non ancora maturo e certamente con ancora molto da fare e dire. 11 Slam, 6 Roland Garros, 5 Wimbledon consecutivi e poi il deserto affrontato senza bussola tra amori rischiosi, divorzi, solitudini, depressioni e perdite. Una storia di vita che narra di uno sport che ha assunto negli anni significati sempre più estremi, per la mole di seguaci, per la quantità di denaro che muove, per i livelli di perfezionismo necessari, per la vita impossibile a cui si sottopongono gli atleti: più macchine che uomini.

“Battiti” per Rizzoli, la biografia di questo angelo biondo che faceva scuola, e dettava il futuro del tennis agonistico. Scientifico, preciso e freddo in campo, nelle routine e nel rigore degli allenamenti; anticipatore di costumi con residenza a Montecarlo, preparazione atletica, coach personale. Fuori dal suo ambiente le cose andavano diversamente. Segno zodiacale ‘gemelli’ con una conflittualità interiore profonda e ingestibile e con dimensioni contrapposte presenti nella sua personalità. Scaramantico, credeva nell’influenza dei medium e nelle energie negative. I rituali propiziatori, cosi presenti e invasivi, da richiedere un sistema organizzativo speciale per gestirli. Perse rovinosamente con McEnroe a New York, disertò la premiazione, si ubriacò e decise che per lui era finita. Ancora giovane e forte risentì dell’agonismo e del rigore necessario per la gestione dei numerosi obblighi; i duri allenamenti e una eccessiva standardizzazione della vita gli fecero sentire il cappio al collo: non ne poteva più e salvarsi era l’unica scelta che gli rimaneva da fare.

Battiti: “Possibile che non ci fossero altri orizzonti? Ci sono gli psicologi, certo. Per l’atleta, ma per l’uomo? Servono a mettere a posto il gioco, ma non era quello ad essersi rotto, ero io. Non volevo di più, ma altro.”
Il seguito fu un percorso di abbandono e sofferenza, una rappresentazione di tutte quelle vite finite e donate al successo e al denaro. Molte le richieste e i tentativi di riportare Björn sui campi in terra rossa: aziende di abbigliamento sportivo, la stessa Federazione svedese ma l’avvitamento, dopo poco tempo, era cominciato e il passare dal grande tutto al grande niente fu una catastrofe. I primi dubbi, la solitudine, l’allontanamento dei più codardi -amici ieri nulla oggi- cominciarono a far sentire i primi scricchiolii che incisero nel profondo e nelle relazioni. I primi farmaci usati per tamponare una malattia sorda e profonda, poi le droghe, l’alcol con miscugli duri da reggere. Festini e abbandoni, ricuciture e nuove relazioni -nota la storia e il matrimonio con Loredana Bertè a Milano-

Da uomo immagine a ‘relitto’ umano con una estrema fatica per sopravvivere: non è la sola storia distorta del Tennis, certamente tra le più famose, come lo era BB quando giocava roteando i colpi di dritto, con i suoi top-spin imprendibili. Grazie a Borg, con Federer e Nadal, il tennis si è trasformato entrando in un’altra dimensione ma il costo è stato alto, mietendo giovani e meno giovani che, nella corsa al ranking mondiale, ci hanno rimesso la pelle o perlomeno l’anima. Resta ancora lo sport emergente fatto di apparenza, denaro e bellezza mantenendo una radice romantica indimenticabile, narrata da meravigliosi scrittori e giornalisti che ne hanno fatto poesia. Nonostante tutto, il tennis mantiene quei meccanismi di selezione violenti, dove non si incontra la pietà per il proprio destino, dove il successo inebria con una forza allagante e abbandona con una sofferenza struggente. Una letteratura ampissima ne descrive le pieghe nascoste tra sudore, sacrifici, dolori e gioie. Björn Borg ci racconta tutto in “Battiti”, tra l’analisi psicanalitica e la narrazione di una vita, una testimonianza di come l’amore per uno sport può far morire.




Bellissimo Di Paolo! Bravo
Tra i pezzi migliori della rubrica . Anche per chi non gioca a tennis.
Una storia al giorno per chiudere la giornata ci vorrebbe. Un appuntamento interessante e da curiosi. Complimenti veramente