AN NESCIS, MI FILI, QUANTILLA PRUDENTIA SULMONEM REGATUR?
La lettura è sempre utile: qualunque libro ha il compito di metterti in contatto con il pensiero un altro, un altro che non conosci, che non sai se sia alto o basso, biondo o castano, muscoloso o gracilino, elegante o trasandato…. Qualsiasi libro, però, ti connette alla parte più intima di questo sconosciuto: accedi al suo intimo pensiero. In casi particolari potrai conoscerne l’anima. Raramente entrerai in contatto con il suo spirito.
Marcello Foa, ha recentemente dato alla stampa un romanzo (che in vero ho letto come una saggio di rara chiarezza) dal titolo assai intrigante “La società del ricatto. E come difendersi.
Un saggio che analizza come il ricatto, in molteplici forme, si sia insidiato tra di noi, compromettendo libertà, democrazia e valori.
E uno dei mali silenziosi del nostro tempo. Con questo nome orribile, il ricatto, silenzioso, taciturno, vive e cresce nascosto ed occultato. Non può venire diagnosticato tra le malattie delcomportamento rilevabili nella sfera pubblico-sociale come lo sono il disturbo depressivo, o come i disturbi d’ansia; non è osservabile come un disturbo umorale; non è rilevabile come la ciclotimia. Non ti lascia attonito come una disforia umorale non ti lascia spiazzato come un disturbo bipolare.
Questo male, silenzioso e taciturno, vive nascosto ed occultato ed ha un nome orribile: si chiama ricatto. Si diffonde a tutti i livelli nella nostra società: sia nella politica, che, affetta, diventa infida e brutale, che nelle relazioni interpersonali con il prevalere della legge del più forte. L’ inganno, la falsità, la doppiezza, l’ipocrisia, la finzione, la simulazione, il raggiro, la truffa, la frode sono poca cosa rispetto al ricatto: perché in esso risiede l’abominio dell’esercizio improprio della rendita di posizione, unito all’utilizzo di una forza impositiva violenta e gratuita, capace di distribuire male nel percorso verso il suo immondo, obiettivo legato, essenzialmente, all’utile individuale del ricattatore. Attraversa il mondo dell’Amministrazione, generato dai forti, dai potenti e dagli influenti, da coloro che frequentano il ponte di comando e si incontrano e siedono ai tavoli riservati della decisione, partecipano ai caminetti, operando trame a detrimento del debole di turno e, con l’esercizio, contamina il mondo sociale, inibendo il riconoscimento del merito e la valorizzazione dei talenti. Debole di turno che può essere il singolo individuo di intralcio ovvero, ferocemente, una intera comunità.
La Città, la regione il Paese non esiste per il ricattatore: il ricattatore non conosce il Bene Comune, non ha idea del Prosperità Sociale: il ricattatore ha interesse solo per se stesso, cura il tornaconto dei suoi intimi, accenna al benessere della sua cerchia. Nel suo affermare se stesso, non dispone di posizioni di Destra o di Sinistra, non vola nè Basso né Alto: ogni rotta deve essere utile al suo obiettivo.
In questo modo, il ricatto,Penetra nella nostra intimità riuscendo a rovinare, nella forma di ricatto emotivo i rapporti con i cari, mente nella sua forma di ricatto morale esercita una manipolazione, diretta o indiretta, tra compagni di merenda eseguita con l’uso minaccia, l’esercizio di intimidazione e sopraffazione ma soprattutto abusando della posizione dominante.
Sono passati tempi in cui si parlava in politica di contratto di coalizione, di patti di alleanza facendo riferimento ad accordi paralegali basati su una reciproca volontà e mutuo consenso, ora siamo al ricatto (che è un reato!) che si realizza attraverso la minaccia di rivelare informazioni dannose ovvero esercitare azioni poco commedevoli pur di ottenere vantaggi sibi et suis.
Sorprende, analizzando la diffusione di quella che oggi potremmo definire “cultura del ricatto”, la sua trasversalità e multidisciplinarietà.
Qualcosa non va nella nostra società, è come se un virus misterioso fosse entrato nel nostro Corpo Collettivo: un virus subdolo che ci colpisce in modo sottile, progressivo, quasi invisibile. Non ci uccide ma rovina la nostra esistenza. Svuota i nostri valori senza che ce ne rendiamo conto, perché in pochi lo identifichiamo come un male sistemico. Quel virus ha un nome: si chiama “cultura del ricatto”. Si, siamo diventati anche noi, purtroppo, la società dei ricatti. Se da cittadini non denunciamo per paura delle conseguenza: c’è un ricattatore che ci spaventa anche non direttamente. La sola essenza del ricatto, la possibilità di subirne la violenza, dell cadere nel suoi mefitico e doloroso flusso, comporta la paura di esporsi.
Mi candido se…; ….altrimenti mi dimetto; Se ti opponi alla nomina del mio amico…; lo faccio…, solo se ni fai vincere il concorso; Facciamo cosi: diventato docente…. eseguirò il tuo volere;….
Che sconforto, che pena, che avvilimento, che schifezza….che prostituzione!
An nescis, mi fili, quantilla prudentia tua Sulmonem regatur?Ad quemlibet puerum et ad quamlibet Sulmonam pertinet. [trad. “Non sai, figlio mio, con quanto poco discernimento è governata la tua Sulmona? Qualunque sia il figlio, qualunque sia Sulmona!”])
ELPIS



