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IL CONSENSO E LA PAROLA

di Massimo Di Paolo

Con forza, ci viene da ri-proporre un apparente piccolo evento accaduto in Consiglio comunale su cui ĆØ stato giĆ  scritto da bravissimi colleghi ma che, per i significati e per un certo riverbero nazionale, vogliamo arricchire con qualche ulteriore riflessione. Ci viene da citare un passaggio di Mauro Magatti sul Corriere della Sera di qualche tempo fa. Poneva una domanda: ā€œpuò sopravvivere la democrazia quando la parola si ammala?ā€. Sulmona, Consiglio comunale, confronto sulla Tari: dopo l’intervento in aula del capogruppo del PD parte dai banchi della maggioranza, il poco velato invito a fare attenzione per non incappare nelle sabbie mobili delle querele. Senza tornare a una nuova descrizione degli eventi, ĆØ sufficiente il semplice flashback senza rivedere le virgole, i congiuntivi e i nomi degli attori. Dei fatti, desideriamo coglierne invece il senso con i significati espliciti e simbolici.Ā  In Politica e nei luoghi dove la politica si esprime, la parola nelle forme di confronto e dibattito, non può essere coartata alle leggi dell’omissione, dell’ambivalenza e delle adesioni tout court. Dovrebbe restare sempre strumento di analisi, di mediazione, di costruzione e ri-costruzione: per definizioni di parti e di scelte. Il mondo dei social, l’analfabetismo di ritorno, la paviditĆ , un diffuso populismo secondario alla storia recente, hanno creato una sorte di nuova torre di babele anche a Sulmona dove condividere, scegliere e creare ComunitĆ , diventa sempre più difficile. Quello che ĆØ accaduto in Consiglio comunale ĆØ solo un piccolo, ma importante e grave esempio, che cavalca l’onda di una certa aggressivitĆ  diffusa che blocca, rende eunuco ogni forma di pensiero critico. In modo sordo e tacito sembra che sia un fenomeno a rapida diffusione che va coinvolgendo tutte le professioni di chi pensa e scrive opinioni: giornalisti, scrittori, insegnanti, artisti che, appunto, tratteggiano osservazioni e rilevanze attraverso pensieri scritti o dichiarati. Certo nella storia e nei profili dei caratteri dei vincitori, leader e governanti da Caligola in poi, generalmente si trova una certa debolezza alle critiche, alle osservazioni anche se opportune e focalizzate alle sole cose concrete.Ā  La passata storia sulmonese ci insegna che sembra essere un dono, un’attitudine al comando mantenere un certo grado di permalositĆ . Possiamo comprenderlo; vincere un’elezione ĆØ diverso da conquistare l’apprezzamento di una cittĆ  che si amministra con tutte le sfaccettature delle questioni in corso d’opera e per le mutevoli forme dei problemi. Ma resta giusto e imprescindibile osservare e valutare la trasformazione delle promesse in realizzazioni per il benessere comune.Ā  Allora forse la difficoltĆ  a metabolizzare un’osservazione contraria, una critica si potrebbe attribuire ad una sorta di allergene per i giudizi, per gli errori, per le pietre d’inciampo che inevitabilmente trova chi deve sviluppare un ruolo di governo. Eppure sapersi confrontare con un pensiero critico, con un’osservazione uguale ma di senso contrario senza far scattare riflessi automatici, resta cosa importante. E per chi ha ruoli di responsabilitĆ , perfino utile: volendo. Chi lavora con il pensiero critico -giornalisti, consiglieri di minoranza, liberi pensatori e similari- resta attento ai temi importanti; può essere come polena in prua di nave vigile ai pericoli e alle sciagure per farci, per tempo, metterci al riparo. Certo si può sbagliare, nei modi e nei contenuti e occorre mantenere il coraggio di fare ammenda. Nella realtĆ , e nella realtĆ  politica ancora di più, si desiderano opinioni consenzienti, apprezzamenti: conferme che aiutano a costruire o a mantenere credenze e convinzioni con processi di dismissioni e rifiuto per il confronto e la critica. Ā  Nelle piccole realtĆ  isolate e autoreferenziali -le entroterre del Sud ne sono testimonianza- le cose possono andare ancora peggio. Le piccole podestĆ  locali inibiscono assai e il cittadino comune preferisce la tecnica dell’acquattamento o dello sgabellino, purchĆØ possa sedersi accanto al patriarca di turno. La parola si ammala quando non ĆØ più libera -succede anche nel giornalismo-. Quando sacrifica la veritĆ  preferendo come danno o effetto secondario, la rinuncia: per paviditĆ , per cambiare colore di casacca, per non urtare suscettibilitĆ , per essere incline al podestĆ , per avere prebende come dote. ƈ ormai una realtĆ  ma va ricordato sempre che il dibattito se forte, chiaro o fatto di sfumature e opposti, ĆØ un indice di salute per le comunitĆ  e i territori. Diventa un farmaco ricostituente che fa crescere, crea dibattito e spinge all’azione, alla partecipazione. Rende il dubbio un toccasana per le scelte più difficili e faticose.Ā Il pensiero critico agisce, nei confronti di chi governa, come un vigilantes o un mentore che aiuta a trattare tutte le parti di una cittadinanza con la stessa attenzione. Un grillo parlante che evoca le cose ricordandoci che ĆØ nostro dovere trattare tutti allo stesso modo: gli ultimi come re e i re come ultimi. Anche le rubriche come ā€œStrumenti & Paroleā€ vogliono apportare opinioni e punti di vista cercando di argomentare mantenendo viva la possibilitĆ  di dissentire. Con la certezza che in Consiglio comunale, sulla stampa, nella produzione culturale, nelle Scuole, anche a Sulmona, si debba mantenere e sollecitare quel pensiero indispensabile per evitare lo svuotamento del linguaggio, il crollo della fiducia e l’indebolimento della convivenza. Ā 

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