
FEMINA FELES FERA!
Arthur Schopenhauer, sostiene che nella Commedia l’Inferno sia il cantico dantesco meglio riuscito e ciò in ragione del fatto che, in fondo, ad Alighieri, per trovare l’ispirazione, non necessitava fare altro che guardare all’“inferno” del mondo reale.
Ancora oggi, con semplici esperimenti intellettivi, non si deve fare, poi, molta fatica, a ripopolare il nostro quotidiano Inferno dantesco con i contorti e sgradevoli personaggi del nostro tempo. Assai più arduo, in effetti, doveva essere ed è, trovare simile grazia per il Purgatorio o, ancor più, per il Paradiso.
Proviamo ad immaginare il IX e ultimo Cerchio dell’Inferno, ove sono perseguiti i fraudolenti contro chi si fida: id est i traditori.

L’ambientazione è il lago di Cocìto, formato dalla confluenza di tutti i fiumi infernali (le lagrime che gocciano dalle fessure del gran Veglio di Creta dopo aver formato Acheronte, Stige e Flegetonte, ristagnano appunto in Cocìto) e nella cui acqua stagnante ghiaccia sono imprigionati i traditori, divisi in quattro zone concentriche (Commedia, cc XXXII, XXXIII e XXXIV).
Al centro di Cocìto -centro della Terra- è assiso Lucifero (Angelo ribelle ed egli stesso traditore) che sbattendo le tre coppie di potentissime ali, produce un vento gelido gelante: al cui soffio le tranquille e ferme acque del Cocìto si congelano ed intrappolano, bloccando sul posto, le anime dannate, rendendo al demone semplice e comodo suppliziare, senza tregua, con le sue tre bocche, Bruto, Cassio e Giuda. Intorno al diavolo si spargono, concentriche, le quattro zone del IX Cerchio, che danno cittadinanza a traditori di diversa natura. Il loro peccato va dal meno al più grave man mano che ci si avvicina a Lucifero.
Nella Caìna sono puniti i traditori degli affini, sepolti fino al collo nel ghiaccio ma con la testa all’ingiù: non è difficile immaginare tra costoro tutti coloro i quali, secondo i numerosissimi episodi di cronaca quotidiana, uccidono i genitori ed i familiari, quelli che tradiscono l’affidamento amicale, dando la morte ed il dispiacere alle persone più vicine e fidate. Dante, condanna, e ci spinge a pensare condannabili, anche la freddezza del cuore che porta a compiere simili azioni.
Nell’Antènora troviamo, poi, i traditori della patria. Questi dannati hanno la testa eretta ma sono sepolti fino al collo nel ghiaccio: tra loro Dante mette Bocca degli Abati e il conte Ugolino. E non è difficile immaginare, oggi, molti nuovi abitatori di quel settore: da quanti svendono la sovranità dei valori nazionali, ovvero quelli che hanno in odio i valori delle virtù cardinali di Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza, fondamentali per la vita morale ed il benessere umano, sia nella filosofia classica che nella tradizione cristiana.
L’Alighieri colloca nella Tolomèa, i traditori degli ospiti, sempre bloccati nel ghiaccio ma con la testa rivolta all’indietro rispetto a Lucifero: tra loro spicca frate Alberigo. Anche in questo caso, è alquanto semplice immaginare la popolazione contemporanea del settore, basti considerare a quanti, accolti in politica e nel quotidiano, reagiscono in maniere eufemisticamente poco grate al favore proposto dall’amico, del sodale e del collega e dell’elettore. Qui, sarebbe dannato colui che “servendo tradisce il servito “, che cioè, fingendo di beneficare, tradisce il beneficato.
Troviamo i traditori dei benefattori, infine, nella Giudecca. Essi sono del tutto imprigionati nel ghiaccio: anche con la testa. Dante, in questo caso, non fa menzione specifica di alcun dannato, eccezion fatta per i tre peccatori tormentati da Lucifero, che rientrano appieno in questa categoria. Anche in questo caso, gli esempi tratti dalla nostra quotidianità sono molteplici… qui, nella Giudecca, sarebbero posti i beneficati che tradiscono i loro benefattori. Per carità di patria, preferiamo lasciare al lettore il non difficile ufficio del riempire il girone con i loro nomi… suggeriamo, però, di fare attenzione alle odierne macchinazioni feline sulmonesi che, facilmente, non sarebbero sfuggite al mondano Divino Durante che avrebbe popolato lo spazio lasciato vuoto e predisposto: femina feles fera.
Sigmund Freud, discusso ed imperdonabile, ai miei occhi, iniziatore della psicoanalisi ebbe a scrivere (che è diverso da ebbe dire!!!!) : “Il Gatto, le donne e i grandi criminali hanno questo di comune, essi rappresentano un ideale inaccessibile e una capacità di amare se stessi che li rende attraenti.”.
multa paucis,
ELPIS.