
“…U FATTU È NNENTI: È COMU SI CUNTA
Ciappelletto è uno spergiuro, imbroglione, traditore,…. per gli Uomini e della Chiesa, “il peggior uomo che mai nascesse”, insomma, e per giunta è orgoglioso di esserlo. Proprio per le sue qualità viene assunto da Messer Musciatto Franzesi che gli affida la gestione dei suoi affari in Francia.

In casa di due usurai fiorentini, che lo ospitano, si ammala e fino ad arrivare alle soglie dell’agonia.
Grave era la preoccupazione deiospiti di come comportarsi chè un personaggio di tal levatura ed importanza morisse nella loro abitazione senza l’estrema unzione, dal momento che nessun prete –sapendo quel che Ciappelletto è ed ha commesso in vita– lo assolverebbe; dunque morirebbe senza assoluzione tuttavia, se non chiamassero un prete per confessarlo, sarebbe disdicevole perché gli avrebbero così negato l’estrema unzione.
È un vicolo cieco e non sanno che pesci prendere.
Ciappelletto, pur moribondo, rassicura i suoi usurai benefattori, garantendo che ci avrebbe pensato lui: chiede di far chiamare il parroco –un campione della santità locale– a cui si confesserà.
Comincia la favola narrativa. Il prete fa domande e Ciappelletto risponde dipingendosi come l’uomo più santo che sia mai esistito, senza però vantarsi, ma anzi sentendosi sempre in difetto, manchevole, come non avesse fatto abbastanza: ha onorato il padre e la madre, ha vissuto in castità, ha aiutato i poveri con l’elemosina e confessa peccati che in verità sono eccessi di zelo cristiano.
Il frate, alquanto credulone, stupìto da tanto candore e da una simile candida purezza, dopo la morte dell’uomo, raduna il paese con il solo obiettivo, come in un comizio, di tessere le lodi del defunto: facendosi araldo, credibile ed attendibile, della verità riferita e non della realtà.
I due usurai, intanto, preparano, una straordinaria cerimoniapubblica di presentazione del corpus, a cui partecipa l’intera cittadinanza che, convinta che ciò che è stato raccontato sia il vero, adorano il novello Ecce Homo proprio come se si trattasse di un individuo degno di essere beatificato ed adorato.
Il tema di questa prima novella del primo giorno del Decameron, è l’inganno pubblico: “…U fattu è nnenti: è comusi cunta” (proverbio siciliano). Tutta la realtà cambia a seconda del modo in cui le cose vengono raccontate ed anche dall’ importanza del narratore ed è proprio degli affabulatori, in questo caso, dei legulei e degli azzeccagarbugli riuscire a imbrigliare le persone nella propria trama, come fa Ciappelletto con l’ingenuo sant’uomo confessore.
L’ironia domina incontrastata e ci permette di sottolineare quanto il giudizio umano sia fallace e quanto possa essereperniciosa la narrazione dei fatti: Ciappelletto non è diverso da uno di tanti eletti dei giorni nostri, sindaco, Governatore, Senatori, Onorevoli, Consiglieri, novellatori che imbastisconostorie, sui media, nelle conventions, con il solo scopo di catturare il voto di un elettore che desidera sentirsi rassicurato rispetto alla soddisfazione delle sue domande particolaristiche e che non è troppo esigente nel richiedere garanzie sulla realizzabilità di quello che gli viene promesso. Il tentativo di rappresentare il Nirvana che verrà in direzione della felicità.
Boccaccio, con il suo Ciappelletto, ci spinge ragionare sul rapporto tra parola e verità: dopotutto si tratta quasi di uno spunto relativistico che parte proprio dal presupposto che Dio possa servirsi di chiunque per giungere al suo scopo, persino di un peccatore, attraverso usurai i quali operano facendo leva sull’innato desiderio di felicità di ogni uomo e sulla contemporanea necessità di soluzione del quotidiano, comunque sia…. mentre Ciappelletto sembra aver preso la strada del Paradiso.
ELPIS