L'Aquila Capoluogo

L’AQUILA: LA CITTA’ DOVE GLI ULTIMI SONO CONDANNATI A RESTARE ULTIMI. TRA CONTAINER PER RIABILITARSI E BANDONI PER STUDIARE

L’AQUILA – Vivo in una città dove gli ultimi, restano ultimi. Cosa voglio dire? Che nei confronti dei più sfortunati, dei bisognosi e dei più fragili, manca rispetto istituzionale. Non quello formale, ma quello sostanziale. La riabilitazione territoriale in un container: malsano, stretto, buio e, diciamolo francamente, indecoroso. L’immagine è quella che evoca il richiamo a sottoculture antiche, quando non avere un fisico a posto e pronto per la guerra, era considerato un segno punitivo degli dei. Sopportiamo un sistema sanitario che porta alla impossibilità di curarsi.  Un sistema dell’apparenza luminosa che si traduce in luminarie e palchi milionari, dove far esibire cantanti da canzonette stagionate; dove la cultura è quella del chiudere biblioteche e sostituirle con ristoranti di pesce. Dove tutto ciò che è pubblico non brilla per cura e rispetto. La deriva del Capoluogo di Regione è nelle erbacce che sovrastano un po’ tutto; negli allagamenti ad ogni goccia di pioggia e dove si invoca il mito degli anelli, che con le sue profetiche genialità divide il bene dal male. Fuori da ogni realtà quotidiana, insomma. A Bagno, neanche il rispetto per i familiari dei defunti. Scavano e le ossa in fosse comuni. Sembra un festival di quel medioevo dove le donne venivano bruciate perché streghe. Tutto ha un costo economico. Tutto. Ma l’intelligenza e la coscienza no. Questa è roba, che non si compra. Visioni ideologiche della vita dividono il mondo degli umani in un bianco e nero, che è solo nella testa di chi messo sul pulpito dal voto popolare, ora si sente padreterno che non deve rendere conto di niente e a nessuno. E i cittadini in fila al Cup per un appuntamento, che verrà fissato loro alle calende greche, dipingono esattamente la realtà per quel che è. Con gli anziani in fila e  con i bimbi che fanno scuola (dopo sedici anni) dentro quattro bandoni lisi.

Giosafat Capulli 

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