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IL GIOCO DEGLI SCACCHI DIETRO LE SBARRE, TENTARE LA MOSSA VINCENTE DELLA REDENZIONE

“Se avessi conosciuto prima gli scacchi avrei trascorso il mio tempo a giocare partite e non a delinquere…” Sono le parole toccanti di un pentito della ‘ndrangheta, che sconta la sua pena in una cella del penitenziario sulmonese di via Lamaccio e che è stato tra i trenta detenuti ammessi a partecipare al corso di istruzione al gioco degli scacchi, tenuto in queste settimane da quattro istruttori dell’Asd Sulmona Scacchi, presieduta da Luzio Antonini. Parole pronunciate nell’ultimo giorno di corso, congedandosi dagli istruttori. “Non potevamo ricevere miglior riconoscimento per il lavoro svolto in questi mesi – dice uno degli istruttori – Scuote nel profondo l’animo e le coscienze vedere uomini, appartenenti a clan di mafia o camorra, che in precedenza maneggiavano pistole e fucili kalashnikov alle prese invece con innocui pedoni, salti di cavallo ed attacchi di torre”. “Erano tutti lì, davanti a noi, gli autori di gravissimi fatti di sangue più o meno recenti, che hanno turbato l’opinione pubblica e di cui conservo viva la memoria – conclude –  Nonostante tutto i migliori allievi di sempre: disciplinati, attenti, vogliosi di conoscere ed imparare sia gli aspetti tecnici che culturali del “nobile giuoco de li scacchi”.
Mi viene da dire: “Scusate il ritardo”. L’esperienza di questo primo corso di scacchi, dietro le sbarre, si è conclusa con successo in questi giorni, lasciando il segno non solo nei detenuti che ne sono stati protagonisti ma soprattutto negli istruttori, che hanno vissuto un’esperienza di grande significato, venendo a contatto diretto con chi sconta la pena per i reati di cui si è macchiato e che tenta la strada di una redenzione dal male compiuto, sia pure a fatica e non senza affrontare prove quotidiane. Una partita a scacchi con la propria esistenza, con l’obiettivo di vincere una partita assai difficile ma non impossibile, per sottrarsi ad un irreparabile “scacco matto”.
G.F.

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