
QUANDO ESSERE BAMBINI EQUIVALEVA A SOPPORTARE IL PESO DELLA SCHIAVITU’

Questo tipo di lavoro iniziò a diffondersi intorno al 1866, in piena espansione industriale, e si svolgeva in ambienti estremamente polverosi e insalubri. I bambini erano seduti per ore su panche di legno sopra condotti e nastri trasportatori, lavorando dieci ore al giorno, sei giorni alla settimana. Con l’aiuto di semplici strumenti, separavano il carbone utile dai materiali inutilizzabili. Alcuni di loro, con gli stivali, bloccavano il flusso di carbone sui condotti, lo pulivano a mani nude e poi lo lasciavano proseguire verso il successivo bambino della catena.
Altri bambini lavoravano su condotti orizzontali, dove il carbone veniva ulteriormente pulito prima di finire nei contenitori finali per la distribuzione. Le condizioni erano terribili: la polvere di carbone era così fitta che i bambini erano costretti a indossare lampade sulla testa per vedere ciò che stavano facendo. Le malattie respiratorie, come l’asma e il cosiddetto “polmone nero”, erano diffusissime.
Inoltre, il processo di lavaggio del carbone — necessario per eliminare le impurità — generava acido solforico, una sostanza altamente corrosiva. I bambini, lavorando spesso senza guanti, si bruciavano le mani mentre maneggiavano il carbone bagnato.
Erano piccoli, ma trattati come adulti. Eppure, a dispetto della loro giovane età, si portavano addosso il peso — letteralmente — dell’industria che stava cambiando il volto del mondo moderno.