
ANTIBIOTICO-RESISTENZA: UNA MINACCIA GLOBALE (Prima parte)
A cura del prof. Maurizio Proietti
Negli ultimi anni, la resistenza agli antimicrobici – o più specificamente agli antibiotici – si è affermata come una delle minacce sanitarie più gravi a livello globale. Conosciuta anche come antibiotico-resistenza, questa condizione rende molte infezioni sempre più difficili da trattare. Le conseguenze sono serie: ricoveri ospedalieri più lunghi, aumento dei decessi, uso di farmaci più costosi e, soprattutto, una crescente inefficacia degli antibiotici esistenti. I Paesi a basso e medio reddito sono i più colpiti da questo fenomeno, che sta assumendo proporzioni allarmanti.
Il problema dell’antibiotico-resistenza (AMR) è riconosciuto da anni come una vera emergenza di salute pubblica, che richiede una risposta globale e coordinata. I dati più recenti confermano una tendenza preoccupante: si prevede che entro il 2050 il numero annuo di morti causate da infezioni resistenti agli antibiotici potrebbe raggiungere i 10 milioni, superando i decessi provocati dai tumori. In Italia, ad esempio, l’aumento di enterobatteri resistenti a farmaci potenti come i carbapenemi ha messo in evidenza la necessità urgente di rafforzare il controllo delle infezioni ospedaliere.
La pandemia di Covid-19 ci ha insegnato quanto il nostro mondo sia interconnesso e vulnerabile alla diffusione rapida degli agenti infettivi. Anche le previsioni sull’AMR sono state aggiornate, con un dato impressionante: circa 2 milioni di morti all’anno sono direttamente attribuibili a infezioni da batteri resistenti, e altri 8 milioni sono associati a complicanze causate da questi patogeni.
È importante sottolineare che la resistenza antimicrobica colpisce in modo sproporzionato i Paesi più poveri, dove condizioni igieniche carenti, l’uso improprio degli antibiotici e la scarsità di farmaci adeguati favoriscono la proliferazione di ceppi batterici resistenti. Le aree più critiche includono l’Africa sub-sahariana, l’Asia meridionale e il Sud-Est asiatico. Senza interventi tempestivi, il divario sanitario con i Paesi più sviluppati rischia di ampliarsi ulteriormente.
Anche se alcuni miglioramenti sono stati registrati, come la riduzione del 50% dei decessi infantili sotto i 5 anni tra il 2000 e il 2013 grazie a interventi igienico-sanitari, la situazione resta critica. Sempre più spesso, le infezioni neonatali sono causate da batteri resistenti agli antibiotici di prima linea, rendendo necessario il ricorso a farmaci di seconda o terza scelta, spesso non disponibili nei Paesi in via di sviluppo.
Le persone anziane, già vulnerabili per via dell’età e delle malattie croniche, sono particolarmente a rischio. In loro, le infezioni da patogeni resistenti complicano ulteriormente i trattamenti oncologici e aumentano la durata e i costi delle degenze ospedaliere.
La prevenzione resta lo strumento più efficace per contrastare l’AMR: vaccinazioni, accesso all’acqua potabile, corrette pratiche igieniche e controllo delle infezioni sono essenziali per ridurre la diffusione dei batteri resistenti. Tuttavia, la prevenzione è ancora sottovalutata in molte parti del mondo.
Un’altra sfida è rappresentata dalla scarsità di nuovi antibiotici. Molti dei farmaci più recenti non sono nemmeno registrati nei Paesi a basso reddito, limitandone l’utilizzo. Inoltre, il finanziamento destinato a vaccini e test diagnostici è ancora troppo basso, nonostante il loro potenziale preventivo contro l’AMR.
In conclusione, la resistenza antimicrobica non è solo un problema medico: è un riflesso delle disuguaglianze sanitarie globali. La lotta contro l’AMR richiede un’azione concertata, basata su prevenzione, ricerca, accesso equo ai farmaci e consapevolezza pubblica. Senza un impegno condiviso, rischiamo di tornare a un’epoca in cui infezioni comuni diventavano spesso letali.
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