
ALTIPIANO DELLE ROCCHE: FRANCESCA POMPONIO CI RACCONTA COME GLI SCATTI DI GIULIO SPERANZA REGALINO ALL’ANIMA LA BELLEZZA DELLA NOSTRA MONTAGNA
Vi avevamo lasciato con il racconto della scoperta delle impronte di dinosauro, ma il percorso professionale di Giulio Speranza merita un’attenzione particolare. Si tratta infatti di un cammino ventennale in cui la geologia è stata sempre strettamente legata alla fotografia e al rapporto dell’uomo con la montagna.
Continuiamo quindi a parlarvi di lui, in procinto dell’uscita della sua ultima opera: un volume molto interessante per la cui stampa è stata avviata una campagna di crowfunding che si conclude oggi, ma fate ancora in tempo ad accedervi (link giù in basso).
“Quando vado in montagna, quello che mi colpisce è il risultato di tutto il mio background precedente, ossia degli studi e di tutta la montagna che ho vissuto sin da bambino durante le passeggiate, lo scialpinismo, l’escursionismo. Gli studi di geologia fanno in modo che io veda oltre la semplice superficie del terreno, la morfologia, la vetta o il versante roccioso, permettendomi di cogliere quel qualcosa di più. Parliamo della stratificazione, della struttura delle rocce o della causa di una particolare morfologia. E su tutto si inserisce infine la sensibilità fotografica”.
Quest’ultima viene definita da Giulio come la capacità di assemblare in modo esteticamente bello lo splendore dell’ambiente di montagna, la geologia e la natura in generale, oltre alla propria esperienza.
Ricordiamo che Giulio Speranza è anche appassionato di botanica.
E i risultati di questa corrispondenza di studi, di spazio e di tempo (“di amorosi sensi”, aggiungiamo noi, citando Foscolo), sono degli scatti in bianco e nero, tramite il banco ottico.
Allora gli chiediamo perché è così importante il banco ottico.
“Il banco ottico, mi spinge ad avvicinarmi all’ambiente con un ritmo molto lento. Cammino con uno zaino molto pesante sulle spalle, sapendo di avere a disposizione una o due foto per tutta la giornata, che comunque sono più che sufficienti, e quindi il mio esercizio principale è guardarmi intorno continuamente, come per prendere appunti mentali, per poi tornare in quel punto che secondo me rappresenta al meglio le sensazioni e le emozioni di tutta la giornata”.
Ed è così che Giulio scatta quella foto nella quale c’è un po’ tutto. Li definisce ‘piccoli mondi’ e basta guardare qualche suo scatto per capire perché, ma gli chiediamo di spiegarci meglio il motivo di questa definizione, che ci piace molto.
“Li chiamo piccoli mondi perché queste foto hanno al loro interno tantissime informazioni su tutte le cose che a me interessano della montagna. Non c’è solo la cima, o solo la piantina carina nata nella roccia. Io cerco di avere delle visioni intime di ciò che mi sta intorno e lo faccio con un’ottica fotografica che non avvicina troppo le cose lontane e non fornisce neppure una visione di insieme come fa un grandangolo, ma è una via di mezzo molto simile a come vede l’occhio umano.
Grazie al grande formato riesco a tirar fuori da queste foto dei dettagli incredibili, riesco a fare veramente dei viaggi dentro queste immagini. Quindi è si una fotografia dal punto di vista estetico, con un certo tipo di scelta della messa a fuoco e la bellezza del bianco e nero, ma al tempo stesso è anche una fonte possibile di tante informazioni sull’ambiente di quel luogo e in quel momento che, secondo me, ne fanno una via di mezzo tra una documentazione e una ricerca estetica pura e semplice. Infatti, tramite queste foto io cerco di rappresentare me stesso attraverso la montagna, però non in un modo che possa capire solo io, ma creando immagini che possano dare tante informazioni a chi ha la capacità di vederle”.
La caratteristica particolare delle foto di Giulio è che spesso, nel rivederle in un momento successivo, si scoprono dei particolari che non aveva colto nemmeno lui al momento dello scatto.
Questo non dipende dalla velocità con cui si guarda un determinato luogo, perché abbiamo detto che con il banco ottico si procede molto lentamente, ma può dipendere dall’approccio mentale che si ha in un determinato momento.
“Esattamente. La velocità è qualcosa che ci condiziona, basti pensare a quando si torna a piedi in un luogo dove solitamente si passa in auto, molto spesso si arriva a scoprire un altro mondo. Ma in generale l’approccio mentale ad un’azione fa si che tu possa essere o troppo concentrato su qualcosa e quindi ti perdi il resto oppure, come nel mio caso, ti apri completamente a tutto il resto perché non hai fretta di arrivare in cima, vuoi solo vedere le cose. Quindi riguardando la foto a casa può succedere di andare talmente a fondo nei dettagli, che a occhio nudo non hai visto, scoprendo un’infinità di altre cose, anche se inconsciamente deve esserci stato un motivo se mentre scattavi hai scelto una certa inquadratura” ci spiega.
Parliamo adesso dei libri già pubblicati e di quello in uscita.
“In realtà i miei libri sono delle storie. Quello sul Gran Sasso, con cui ho cominciato questo mio modo di raccontare la montagna, poi la Majella e adesso il Velino – Sirente, prossimo in uscita, sono dei veri e propri racconti per immagini di queste montagne, con una cinquantina di foto per ogni libro, dove lo scopo è raccontare quei luoghi, non in generale, ma quello che rappresentano per Giulio Speranza, per come io ho visto riflesso me stesso su queste montagne.
Ed è per questo che c’è un’evoluzione in questi tre libri, perché il Giulio di oggi è diverso da quello che nel 2017 fotografava il Gran Sasso: oggi vedo in modo diverso, pur utilizzando la stessa tecnica. Nel libro sul Gran Sasso sicuramente domina l’estetica della montagna pura e semplice, con le sue cime e i versanti rocciosi, ma già alla fine di quel viaggio cominciavo a notare questi mondi più a portata di mano”.
A quel punto il modo di raccontare di Giulio si arricchisce tanto che, con il successivo libro ‘Majella Madre, la montagna degli uomini e dello spirito, si introduce il discorso dell’uomo in montagna, in quanto “sulla Majella, vuoi o non vuoi, ti devi confrontare con i segni della presenza umana, quindi le grotte pastorali, gli eremi, le incisioni sulla roccia, tracce di secoli in cui l’uomo ha avuto un rapporto molto stretto con la montagna” aggiunge.
L’ultimo progetto, quello sul Velino – Sirente, da poco concluso, viene definito da Giulio Speranza come la chiusura del cerchio.
“Da bambino, ho cominciato a fare passeggiate in montagna con mio padre e con mio fratello, proprio qui a Rocca di Mezzo, decidendo di tornare da ultraquarantenne fotografo e geologo a rivedere e raccontare queste montagne con il bagaglio di quegli anni, quindi la vita, gli studi e i primi due libri alle spalle. E’ per questo che il mio ultimo libro si chiama ‘Le mie montagne’, mie, perché sono le montagne che ho gradualmente interiorizzato fin da quando ero piccolo e che oggi vado raccontando in modo filtrato da tutta l’esperienza passata”.
Ma Giulio, per quest’ultimo progetto, ha modificato anche la tecnica fotografica, riducendo al massimo l’attrezzatura.
“Mentre prima utilizzavo diversi obiettivi, quindi focali più corte, intermedie, più lunghe oppure diverse macchine fotografiche, a seconda dello scatto che dovevo fare, in quest’ultimo lavoro sto utilizzando una sola macchina fotografica, un solo obiettivo e una sola lente, scattando al massimo due foto per sessione fotografica. L’avere sempre lo stesso punto di vista fotografico sul mondo mi aiuta a tirar fuori queste immagini da dentro di me per poi rappresentarle sulla pellicola”.
Insomma, in quest’ultimo lavoro Giulio si racconta fino in fondo, senza necessità di particolari rappresentazioni estetiche.
Giunti quasi alla fine di questa bella chiacchierata, gli chiediamo se può già anticiparci qualcosa del futuro, dato che mentre sta per concludere un progetto pensa già al successivo.
“Si, questo è un problema, tra virgolette, di chi fa ricerca. Quando fai ricerca scientifica e sta per uscire l’articolo, tu devi già aver cominciato la ricerca successiva, per me è la stessa identica cosa. Adesso però il discorso è un po’ più complesso: con il Velino – Sirente si chiude per me la trilogia dell’Appennino Centrale, non perché non ci siano altre montagne in questo Appennino, che tra l’altro conosco e potrebbe essere interessante approfondire, ma quello che vorrei fare adesso è cercare di sviluppare una tematica non legata ad un luogo specifico ma un modo di raccontare la montagna, adattabile a diversi contesti. Diciamo che si tratta di un discorso che si deve ancora formare, ma quello che vorrei fare è ampliare il mio spettro d’indagine”.
Il primo libro, quello sul Gran Sasso è uscito a marzo 2020, quello sulla Majella a luglio del 2023, quindi chiediamo a Giulio quando è prevista l’uscita del libro sulle sue montagne, quello sul Velino – Sirente.
“I miei libri sono autoproduzioni, non c’è un editore. Si tratta di edizioni limitate, numerate e firmate, nonché di gran pregio perché un lavoro di anni merita di essere rappresentato nel modo migliore possibile, non lesinando sulla qualità della stampa, sulla rilegatura e sul tipo di carta. Detto ciò la spesa iniziale per stampare le centinaia di copie è alta, quindi quello che faccio io è fare una campagna di finanziamento, di prevendita del libro, su piattaforme di crowdfunding che mi permette, prevendendo un certo numero di copie del libro, di raggiungere la cifra necessaria per stamparne di più. Questo un paio di mesi prima dell’uscita del libro, che nel frattempo è pronto”.
La campagna, come dicevamo, si conclude oggi.
Ha già raggiunto l’obiettivo prefissato ma avete ancora qualche ora per contribuire ed assicurarvi una copia del volume, cliccando qui: https://www.kickstarter.com/…/giuliospe…/le-mie-montagne
Quindi chiediamo a Giulio dove il libro verrà distribuito.
“La distribuzione avviene tramite me stesso cioè, a parte qualche negozio a Roma o qualche copia che lascerò a Rocca di Mezzo, in generale li vendo io personalmente. Basta scrivermi sul mio sito web e li spedisco, oppure li consegno personalmente quando possibile. E’ un prodotto quasi artigianale ed è bello così, perché in quel libro ci sono io quindi, comprandolo, compri anche un pezzo di Giulio Speranza, è per questo che ho scelto di utilizzare un contatto diretto con chi decide di acquistarlo”.
Una chiacchierata ricca di spunti e riflessioni.
Salutiamo Giulio, consigliandovi di acquistare i suoi libri, perché le sue foto sono davvero dei viaggi in un mondo fatto di tanti piccoli mondi, che vale la pena di esplorare con lui.