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CON RAFFAELE GIANNANTONIO PURE LE RETTE SI FANNO POESIA

di Luigi Liberatore – E’ difficile e complicato avere per amico un architetto. Soprattutto per chi, come me, non riesce ancora a comprendere perché la somma degli angoli interni di un qualsiasi triangolo è pari a 180 gradi, ed entra nel panico nel chiedersi a cosa serva saperlo. Se l’amico poi è un accademico, nel senso di professore universitario, il legame di amicizia lo metti in un cantuccio proprio per impedire che l’amicizia stessa possa giocarti lo scherzo di sentirti a lui “vicino”. Vorrei dire che Raffaele Giannantonio, sulmonese con profonde radici, l’amico architetto appunto, il docente universitario che ha condotto e conduce studi avanzati, facendo vacillare l’aridità della trigonometria sotto la dolcezza della poesia, non ha poi la facies del dottorone perché mantiene sempre quel viso bonario di gioventù, per nulla mutato anche se sottoposto alle forze bidimensionali e tridimensionali con le quali ha a che fare quotidianamente. Quaranta anni fa la sua prima pubblicazione, e da allora non ha mai smesso di coniugare l’architettura con la letteratura o con la musica; oggi, ho saputo mica da lui, che sta dando alle stampe un testo davvero interessante per esaminare il riscontro dell’architettura e delle realtà della terra d’Abruzzo nell’opera di scrittori e viaggiatori che l’hanno attraversata, studiando i rapporti dell’architettura stessa con autori quali D’Annunzio, Gadda e Ovidio. Proprio di Emilio Gadda, che la mia settaria ignoranza mi faceva credere solo poeta e scrittore e non soprattutto ingegnere, Raffaele Giannantonio riporta in questo testo i resoconti delle ineccepibili descrizioni tecniche delle opere di prosciugamento del lago Fucino o del castello diAquila. E ancora ci fa sapere che Alberto Savinio, drammaturgo, pittore e compositore, geniale artista italiano sebbene poco noto ai dilettanti come me, definì Pacentro “strano paese che cola giù dalla montagna, invano trattenuto dai ruderi del suo castello”. Lo studio che vede impegnato Raffaele Giannantonio è articolato in più parti e si pone come obiettivo quello di combattere gli stereotipi esterni ed interni che hanno pesantemente condizionato ogni giudizio in materia di Abruzzo nello specifico dell’architettura. Dicevo delle radici culturali di Raffaele Giannantonio. Sulmonese autentico di estrazione, ha permeato la sua vasta pubblicistica con la passione e l’amore per il suo territorio, dedicando a Roccaraso uno studio bellissimo sulla chiesetta dell’Aremogna. Adesso rischio di rompere l’amicizia con Raffaele Giannantonio che da come l’ho raccontato sembra essere anagraficamente più vicino a Le Corbusier che a noi. E’ un giovanotto ancora, invece, e credo che Sulmona possa giovarsi del suo talento perché ha visioni avanzate per una città che ha bisogno di rilancio e strategie urbanistiche tenendo conto della delicatezza e della fragilità del suo tessuto. E Giannantonio è capace di soggiogare le prospettive, facendo poesia pure con le rette…

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