
VOTARE CI RIGUARDA
di Massimo Di Paolo – Il lavoro è stato tradito da tutti. Negli ultimi decenni anche la sinistra non ha saputo proteggere, far evolvere, controllare le derive del lavoro. Non solo in Italia. Nessuno riesce a strutturare politiche in grado di contenere l’uso improprio, di forte manipolazione, che il mercato del lavoro impone sulle persone e sui ceti più bisognosi e non solo. Ai giovani non è più sufficiente essere qualificati, colti e professionalizzati per non subire i processi di sfruttamento e di precarietà; ai diseredati è tolta ogni possibilità di evoluzione; l’ascesa sociale è tornata ad essere parte di quel ‘ciclo dei vinti’ di verghiana memoria. Difficile suggerire soluzioni. Nelle campagne elettorali, i candidati omettono approfondimenti e impegni perché sanno che non possono promettere nulla in un contesto diventato incerto come sabbie mobili. Certo è che diventa fondamentale rimettere al centro di qualsiasi impegno politico e sociale le politiche del lavoro, le persone e i loro diritti. L’8 e il 9 giugno si “dovrebbe” votare per i cinque referendum sul cosiddetto Jobs Act – Legge n. 183/2014 – un sistema che doveva riformare e tutelare l’occupazione e i lavoratori ma che di fatto, ha creato nuovi processi di potere, di sanzionamento e di marginalizzazione, in sintonia con un pensiero unico ‘liberal-liberista’ che ha fatto regredire tutele e flessibilità su numerosi ambiti di settore. Il voto referendario, come spesso avviene, assume le sembianze di uno spartiacque tra destra e sinistra; un messaggio identitario simbolico dalle forti connotazioni politiche che travalica le ragioni e i bisogni su cui esprimersi con un voto popolare e massivo. Bettino Craxi nel ’91, quando il referendum fu indetto per la riduzione delle preferenze, suggerì di “andare al mare”. Uguale è oggi per le destre. Noi preferiamo l’invito del Presidente Mattarella: votare per curarci dall’astensionismo, per non arrenderci perdendo gli ideali che devono essere collettivi. Votare per rinvigorire una democrazia che tende a curvare verso una bassa intensità. Cinque referendum appannati, quasi nascosti dai media: oculatamente o meno. Sappiamo tutti che la comunicazione pubblica può fare brutti scherzi rendendo una storia di provincia come quella di Garlasco, un narcotico voyeuristico per non far pensare. Eppure sono importanti, riguardano il lavoro. Riguardano oltre tre milioni e mezzo di esseri umani su cui grava un vuoto di tutela che si è creato proprio con quel legiferato chiamato Jobs Act. Riguardano l’abuso dei contratti a tempo determinato che non ti fanno mai sentire di essere arrivato, protetto; che ti fanno mantenere la sensazione di essere sospeso, come l’equilibrista sulla corda tesa. Riguardano le responsabilità di chi non cura la sicurezza dei lavoratori che muoiono: sì ne muoiono tre al giorno mentre si fanno spallucce per l’abitudine. Riguardano i compensi dovuti per essere stati cacciati ingiustamente: in alcuni casi mortificati se non umiliati. Più di tre milioni e 700mila lavoratori ne sono coinvolti: pensiamo a un nostro figlio, a una donna, a un marito a una famiglia che subisce il senso dell’ingiustizia mentre viene messo alla porta. Pensiamoci: e poi scegliamo se andare a votare o astenerci. Il quinto referendum forse è il più manipolato e osteggiato anche attraverso una comunicazione poco chiara e omissiva. Lo chiamano il referendum sulla Cittadinanza che prevede per cittadine e cittadini extra UE, che soggiornano in Italia con una residenza legale e ininterrotta, di chiedere la concessione della cittadinanza italiana dopo un periodo che passa da 10 a 5 anni. Le omissioni che si tacciono: è indispensabile avere un reddito stabile, la conoscenza a buon livello della lingua italiana, l’assenza di reati; inoltre i richiedenti devono avere pagato ‘regolarmente’ le tasse e non essere pericolosi per la sicurezza della nostra Repubblica. L’accertamento delle condizioni possono durare trentasei mesi (sic!) 5 + 3 = 8 anni. Che dire: si può fare come quello che pensa“occhio non vede cuore non duole”, perché tanto è già morta la democrazia oppure piangere, commentare ma non fare nulla o si può cercare di salvare il salvabile esercitando il diritto ancora in nostro possesso, quello di votare.
A favore e non contro: a favore e non contro la tutela e la dignità, con la certezza che l’8 e il 9 giugno voteremo, prima di andare al mare.
Egregio sig. Di Paolo commento il Suo articolo mettendo in evidenza che, tra le molteplici e non veritiere notizie sui 5 punti del referendum,le ricordo che la legge sul job acts è stata fatta da un certo Matteo Renzi,allora segretario del PD e presidente del Consiglio. Aggiungo,sempre per ricordarle,che il promotore dei 5 referendum è l’attuale segretario della CGIL Landini che nel 2023 ha firmato i rinnovi dei contratti nazionali dei servizi fiduciari
(sicurezza privata , portierato etc.) alla scandalosa cifra di € 5,00 lorde a ora.
Sinceramente mi dica se tutto questo è politicamente corretto o se c’è qualcosa che non quadra ( scadenza del contratto a fine 2025 al Sig. Landini).
Aggiungo ancora che nel caso si raggiunga il quorum (positivo o negativo) al promotore dei referendum spetta un rimborso,per legge, di € 2.500.000 pagati da noi umili mortali.
E qua chiudo,buonasera
Mi spiace non essere d’accordo con lei Sig. Luca
Comunque grazie per il suo punto di vista
Cordialmente MDP