
IL PASSO POSSIBILE SUL CASO SANT’ANGELO DI BAGNO: 16 ANNI SENZA ILLUMINAZIONE PUBBLICA. MA ORA… PARE CHE…
L’AQUILA – Sant’Angelo di Bagno, frazione del Comune dell’Aquila, detiene due primati:
dopo il sisma del 2009 è stata la prima frazione ad essere interamente
ricostruita e riconsegnata alla popolazione tanto che la ricostruzione lampo è
stata oggetto di TG e stampa nazionale.
A bilanciare tale primato, però, arriva l’immancabile nota stonata: al processo
di ricostruzione non è infatti seguito un pieno processo di rigenerazione
urbana, in particolar modo per quanto concerne la pubblica illuminazione. La
stessa, infatti, presenta evidenti criticità: piazza San Michele, via della
Cava, via della Fonte e via Sotto le Case sono esempi tangibili di luoghi dove
i punti luce, pur essendo presenti, non risultano collegati alla rete
elettrica.
L’illuminazione pubblica è un servizio essenziale che contribuisce alla
sicurezza, all’estetica urbana e alla qualità della vita dei cittadini e
richiede, pertanto, una gestione attenta e sostenibile.
Il Passo Possibile (presidente Fabrizio Ciccarelli) con i Consiglieri Comunali
Elia Serpetti, Emanuela Iorio e Massimo Scimia, ha presentato e discusso nella
seduta consiliare odierna una interrogazione volta a conoscere alcuni aspetti
gestionali dell’ufficio preposto, le motivazioni per cui a distanza di sedici
anni dal sisma (giunti al termine processo di ricostruzione del borgo di
Sant’Angelo di Bagno, completato da almeno sei anni) nelle strade del centro
storico della frazione l’impianto di pubblica illuminazione non risulta ancora
riattivato e, infine, con quali modalità e tempistiche si intende provvedere.
L’assessore competente, Vito Colonna, ha informato il Consiglio che, con una
recente determina dirigenziale, è stato approvato il progetto esecutivo
riguardante diversi interventi sugli impianti di illuminazione pubblica
comunale. Tra questi interventi figura anche quello per Sant’Angelo, per il
quale è previsto un impegno economico di circa 42.000 euro + IVA.
Vigileremo, sia perché ci sono altri nove interventi – strettamente legati allo
stesso iter – sia perché qualcuno, in questi anni, si è smarrito nei meandri
della burocrazia. Non è ammissibile che il tecnico esterno incaricato impieghi
oltre tre anni per redigere il progetto esecutivo e che poi all’amministrazione
occorra un altro anno e mezzo per approvarlo.