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“ONE TO ONE – JOHN & YOKO”

di Massimo Di PaoloNe ha fatto ottanta tondi il 30 marzo ultimo scorso Eric Clapton. Al suo compleanno, ce n’erano molte di star e di personaggi importanti. Tra i tanti il nostrano Luca Cordero di Montezemolo, quello che ha gestito la Fiat ai tempi di Agnelli e che faceva vincere le Ferrari in formula uno. Non sono mancati Ringo Starr, Keith Richards, Paul McCartney e tanti altri nomi blasonati. Insomma squadra per grandi occasioni. Lui mancava, ucciso prematuramente dopo aver trascorso una parte della sua vita tra polemiche e un forte impegno contro la guerra. John Lennon, con la sua compagna Yoko Ono, scelsero i movimenti sociali e la musica come strumento di protesta e disapprovazione. Non fu cosa facile. La sua ultima parte di vita è stata rappresentata in un bellissimo docufilm da vedere e da consigliare. Poco tempo nelle sale, ora sulle più note piattaforme digitali. “One to One – John & Yoko” il titolo. Un lavoro cinematografico fatto con molti documenti di repertorio inediti che ricostruiscono l’impegno dell’artista contro le forme di violenza che la guerra, in ogni sua forma dispensa. Un lavoro che chiama in causa anche il silenzio degli artisti di oggi e la banalizzazione della musica leggera moderna che, nella strutturazione del sonoro, perde sia la melodia che i contenuti di narrativa sociale.

One to One è diventato anche documentario storico che rappresenta momenti determinanti per il mondo a partire dagli anni  ’70. Interessante da vedere, bello da osservare, intrigante per confrontarsi. È la fine del 1971 quando John Lennon e Yoko Ono lasciano Londra sommersi dalle critiche, dagli affronti e dalle aggressioni. Vengono accusati di essere stati la causa dello scioglimento del quartetto più famoso al mondo: i Fab Four, i Beatles. I tabloid londinesi la definiscono “strega”, la brutta strega, mai accettata, riconosciuta e metabolizzata, dai seguaci e dal cuore di Londra. Arrivano a New York comprano un piccolo attico nel quartiere degli artisti che è Greenwich Village, e si integrano rapidamente in quella tribù fatta da intellettuali, radicali, sognatori della rivoluzione. Molte canzoni prodotte una tra tutte divenne un mantra per il mondo intero “Imagine: inno, collante, motto rivoluzionario. One to One fu, nel periodo newyorchese, l’unico concerto famoso che tenne Lennon per beneficenza dopo la dipartita dai Beatles. Da qui il titolo dell’opera con filmati amatoriali, telefonate registrate inedite, documenti dell’archivio personale di Lennon, testimonianze sull’interessamento dei servizi segreti americani alla sua causa. Il film vuole anche essere uno spaccato di storia con le nuove elezioni di Nixon in una America che attraversava un pezzo di storia turbolenta con un rinnovato impegno economico, di aggressione e di sangue in Vietnam. Movimenti per la pace di allora che dopo 55 anni stanno riassumendo significati e forza in questi ultimi anni. La stagione dei flower power del ’68 forse è il caso che torni a vivere con ancora più forza è il monito che “One to One – John & Yoko” lancia nelle sale e nelle menti degli spettatori.

Lennon e Ono avevano la certezza che il potere della musica fosse utile e determinante per risvegliare le coscienze e confidavano nell’impegno degli artisti per mobilitare le masse. Un impegno sostenuto e vissuto fino alla fine nel tentativo di creare consapevolezza, adesione alla causa e partecipazione dei giovani.  Dopo aver visto il film; bello per narrazione, scelte compositive, rarità documentali e per il trasporto ai tempi dei movimenti giovanili che furono il meglio che allora si potesse incontrare, viene da riflettere a oggi, a quello che sta succedendo, a Gaza, in Ucraina e ai pochi segnali in un mare di indifferenza. Dopo la prima al festival di Venezia, poi nelle sale fino alla fine di maggio e ora in streaming, l’opera girata da Kevin McDonald,  ricostruisce quel piccolo ambiente occupato dal letto palcoscenico da dove la coppia di artisti rilasciavano interviste e spunti rivoluzionari. I primi anni nella grande mela di una coppia fuori norma e fuori controllo nel perbenismo dell’America anni settanta. La stessa America di oggi, forse per alcuni aspetti anche peggiore.  

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