
LA POETESSA E SCRITTRICE AQUILANA PATRIZIA TOCCI CI RACCONTA ALDA MERINI
di Patrizia Tocci*
Qualche anno fa ho visitato la sua casa a Milano. Ricordo il retro di legno del portone,
pieno di numeri telefonici e di nomi. Stessa cosa sulla parete accanto al letto. Cāera la sua
macchina da scrivere sulle quali saranno nate le poesie che ce la rendono cara come
questa : Ho avuto tante case / e non ne ho abitata neanche una / ma la poesia, la fata
migliore, /mi fece una casa tutta per me,/ tutta per. Ho immaginato le sue collane
lunghe e vistose, acciambellate qui e lĆ nella stanza che conservavano ancora un poā del
calore del suo corpo.
E mi ĆØ piaciuto quel rossetto rosso che spesso, sbavato, troneggiava sulle sue labbra,
come a riaffermare, nonostante tutto, la propria identitĆ femminile. Ho immaginato che la
cullasse il brusio dei navigli di Milano e che sentisse lontano lontano ā il dolce rumore della
vitaā come ebbe a scrivere Sandro Penna. Ho immaginato il suo disordine e i suoi torpori,
la voglia di uscire appena ci fosse un raggio di sole. Ho immaginato i suoi pensieri, la sua
stanchezza e la sua gioia, certe nostalgie senza ritorno. Basta leggere le sue poesie:
nitide, cantilenati, fulminanti. La immagino alzarsi dal letto, mezza addormentata perchƩ
qualcosa urge e bisogna scrivere. Perché la poesia è come il vento, va dove vuole e spira
anche quando non dovrebbe. E cosƬ si lavora sempre, anche di notte: I poeti lavorano di
notte/quando il tempo non urge su di loro, /quando tace il rumore della folla /e termina il
linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio /come falchi notturni od usignoli /dal dolcissimo canto e temono
di offendere Iddio./Ma i poeti, nel loro silenzio /fanno ben più rumore /di una dorata cupola
di stelle.ā. PerchĆ© la poesia ha bisogno del silenzio profondo da cui risalire per arrivare fino
ai tasti della macchina da scrivere, a quelli morbidi dellāIpad, alla punta morbida di una
matita che lascia segni sulla carta ruvida.
*Scrittrice e poetessa