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CAMPAGNA ELETTORALE: TUTTO CIÒ CHE SIAMO DIVENTATI

di Massimo Di PaoloNell’epoca del consumo e del rapido invecchiamento delle notizie, si fa fatica a rintracciare temi e confronti seri per un risorgimento elettorale a Sulmona. Tutto assume la struttura della cronaca con notizie brevi, concise, se vogliamo colorate. L’attenzione resta corta, la riflessione leggera, l’impegno neve di primavera. Così è, in questo andamento da campagna elettorale ritirata e poco colta, tra il paesano e il già visto. Leggendo le pagine dei rotocalchi on line,dei quotidiani e la marea di messaggi sui social, non si può che sentire un profondo senso di vuoto, un disorientamento emotivo dovuto alla mancanza di sostanza, di ragionamenti; di visioni diceva qualcuno, di tentativi di proposte articolate in grado di reggere la situazione che caratterizza Sulmona. Una campagna elettorale che rifiuta, rigetta il tentativo dovuto, di offrire una risposta adeguata all’allarme gridato dai fatti e dal deterioramento socio-economico non raccolto, non riconosciuto. Spot elettorali privi di nesso, imbarazzanti soprattutto per chi li recita. Tre punti forse vanno ricordati. Il riconoscimento delle persone che non sono d’accordo perché rappresentano la ricchezza propria delle differenze.  Lo sguardo alla gente seduta nelle file di dietro, il popolo comune, quello minuto che non comanda che non ha privilegi, quella dei quartieri periferici, delle Scuole “comuni” soprattutto perché lì c’è energia e soprattutto perchè il pastore deve avere addosso l’odore delle pecore. Come ultimo atto a favore degli elettori, ci sarebbe da fare quella giusta sottolineatura nei riguardi di quei personaggi che non hanno mai dato nulla se non boria e parole, i peggiori: quelli che vogliono metterci il cappello senza poi fare nulla. Sarebbe bello un Conclave politico cittadino a porte aperte dove darsele di santa ragione con la speranza di uscirne rinnovati, forti, concreti, e soprattutto uniti contro un futuro che non vuole cambiare strada a Sulmona. E che non cambierà sentendo gli umori di questo periodo elettorale ormai maturo. Parafrasando sembra una danza di anatre zoppeprima di iniziare, prima di aprire le porte a un nuovo governo della Città. Caciara attorno al mortorio ma tutti nascosti senza consolo da offrire e senza prospettiva da costruire. È mancato il contatto con la gente con la cittadinanza con i bisogni sconosciuti o ammantati. Il tribunale una coperta di Linus; il Cogesa una trappola per allodole, tutto il resto rimosso, dismesso, negato.Verrebbe da dire che nel resto c’è tutto quello che siamo diventati.

Eppure il lamento, quasi unanime e crescente, intorno alle condizioni della nostra Città non può essere smarrito dai cerchi magici che vanno componendosi attorno ai candidati sindaci; e non può essere mistificato con le pur presenti note positive e belle che la Città che resiste, elargisce ai suoi cittadini. La governabilità futura per essere importante e sufficiente, dovrà essere portatrice di buon governo e di nuove prassi: tra riordino, armonizzazione e sviluppo, altrimenti la scena sarà quella già vista con un sipario che rischierà di chiudersi anticipatamente, per l’ennesima volta.

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