
BULLISMO A SCUOLA: QUANDO UNA DOCENTE LO E’ PER DAVVERO

Una scena che potrebbe appartenere a qualsiasi scuola… o a quella che ancora esiste nei sogni dei ragazzi che cercano giustizia.
Era lunedì. Seconda ora. Matematica.
Stavo spiegando logaritmi, ma qualcosa non tornava. Lo sentivo nell’aria, in quella tensione sottile che si insinua tra i banchi come un serpente.
Giulia — la ragazza del fondo — aveva lo sguardo basso, spento. Sembrava scomparsa dentro il suo maglione. Ogni tanto trasaliva a qualche risata strozzata, a qualche colpo di tosse che non era proprio un colpo di tosse.
Allora ho fatto quello che ogni tanto bisognerebbe avere il coraggio di fare:
ho chiuso il libro.
“Ragazzi, oggi si cambia. I logaritmi possono aspettare.”
Tutti si sono voltati. Non capivano. Alcuni sorridevano, pensando fosse una pausa fortunata.
Ma io non sorridevo.
Sono andata dritta verso la terza fila. Due ragazzi si passavano un foglio.
Il solito foglietto “innocente”.
L’ho preso.
L’ho letto.
C’era disegnata Giulia.
Con una caricatura oscena.
Con insulti, scherni, battute volgari. Una cosa vigliacca.
Codarda.
Una cosa che non si fa.
Ho alzato il foglio e l’ho mostrato a tutti.
“Guardatelo bene. E ora ditemi: ridereste ancora se ci fosse vostra sorella qui sopra? Se questa fosse vostra madre, vostra figlia?”
Silenzio.
Il silenzio che fa rumore.
Mi sono girata verso i due colpevoli. Li ho guardati dritti negli occhi.
E ho detto:
“Pensavate che nessun adulto se ne sarebbe accorto.
Ma io vi ho visto.
Eccomi.
Mi avete trovata.”
Poi mi sono voltata verso Giulia.
E le ho detto piano, ma con forza:
“Tu non sei sola. Non lo sarai finché ci sarò io.”
In quel momento ho capito perché insegno.
Non per i voti.
Non per i programmi.
O almeno, non solamente per tutto questo.
Insegno per esserci quando qualcuno ha bisogno che un adulto si alzi in piedi e dica: basta.
Da quel giorno, Giulia ha ricominciato ad alzare la testa.
Ha ricominciato a crederci.
E io, ogni tanto, continuo a chiudere il libro.
Perché la scuola è anche questo.
L’educazione si insegna “anche” a scuola, non solo in famiglia.
Meriterebbe, Professoressa, di essere imitata spesso.
Meriterebbe anche che quanto ha fatto fosse ampiamente pubblicizzato.
Meriterebbe infine un apprezzamento; eccolo: ben fatto, davvero !!!
Ora condividerò questo articolo sui social. Sperando che, pian piano, la realtà cambi.