PIERPAOLO PIETRUCCI: “ECCO LA MIA RELAZIONE COMPLETA SULLA VICENDA DEL GASDOTTO SNAM”

di Pierpaolo Pietrucci
Per tutti quelli che vogliono approfondire la DRAMMATICA vicenda del GASDOTTO SNAM CONTRO CUI MI BATTO DA ANNI, COSÌ NESSUNO POTRA’ DIRE DOMANI: ā€œIO NON LO SAPEVO”.
Il progetto Linea Adriatica della Snam comprende un gasdotto di 425 chilometri da Sulmona a Minerbio (BO) e una centrale di compressione a Sulmona. Il diametro della condotta ĆØ di 1 metro e 20 cm e la pressione di 75 bar. Inizialmente la sua denominazione era Rete Adriatica e la sua lunghezza di 687 chilometri. L’opera ĆØ la più grande infrastruttura nel settore fossile in corso di attuazione in Italia. Essa si collega al Tap (Trans adriatic pipeline) e coinvolge 10 regioni: Puglia, Basilicata. Campania, Molise, Abruzzo, Lazio. Umbria, Marche, Toscana, Emilia-Romagna. Il nome sta ad indicare che il metanodotto sarebbe dovuto passare lungo la fascia costiera; ma, dopo la realizzazione dei primi due tratti (Massafra – Biccari e Biccari Campochiaro) la Snam ha addotto criticitĆ  a suo dire insuperabili, ma in realtĆ  mai dimostrate, di ordine urbanistico, ambientale e geologico ed ha deviato il tracciato lungo l’Appennino. I tratti restanti sono il Sulmona – Foligno, il Foligno – Sestino e il Sestino – Minerbio. I lavori dell’ultimo tratto e quelli della centrale di compressione sono stati avviati, mentre il Sulmona – Foligno e il Foligno – Sestino sono stati autorizzati ma i lavori non sono ancora cominciati.
Il progetto ĆØ stato presentato dalla Snam 20 anni fa, nel gennaio 2005, sulla base del presupposto che i consumi di gas in Italia erano destinati ad aumentare ben oltre i 100 miliardi di metri cubi. Ma questa previsione ĆØ stata smentita dalla realtĆ . I consumi di metano, infatti, hanno raggiunto il picco massimo proprio nel 2005 con 86,2 miliardi di metri cubi, dopo di che ĆØ iniziato un trend discendente che ad oggi si ĆØ attestato 61,9 miliardi di mc. Nel frattempo, però, le infrastrutture metanifere sono state potenziate arrivando a 38.000 chilometri di condotte e a 13 centrali di compressione. Ciò significa che l’Italia raggiungerĆ  con anni di anticipo l’obiettivo del Piano nazionale energia e clima (Pniec) che fissa a 60 miliardi i consumi di gas al 2030. Secondo gli esperti i consumi di metano nei prossimi anni continueranno a scendere e probabilmente al 2050 saranno al di sotto dei 50 miliardi di metri cubi. PoichĆ© giĆ  oggi la capacitĆ  tecnica delle infrastrutture di importazione e di distribuzione del gas ĆØ superiore ai 100 miliardi di metri cubi (che salirebbe a 130 miliardi qualora le forniture dalla Russia, mai interrotte del tutto, tornassero a pieno regime) ĆØ evidente che nuovi impianti non sono necessari.
Nonostante le autorizzazioni ottenute, la Snam non aveva dato inizio ai lavori della Linea Adriatica. Nei suoi programmi l’avvio della realizzazione era stato spostato al 2034, il che significava un abbandono di fatto del progetto. Con la guerra in Ucraina, però, la Snam ha preso la palla al balzo per rilanciare l’opera con la motivazione che la situazione venutasi a creare, ovvero la necessitĆ  di abbandonare il gas russo, rendeva indispensabile potenziare le importazioni, e quindi la rete, da Sud. Ma questa narrazione non risponde al vero perchĆ© l’Italia ĆØ il Paese europeo che ha la più elevata diversificazione delle fonti di importazione di metano. Infatti, dispone di ben 5 metanodotti dall’estero e 3 rigassificatori (diventati 4 con Piombino e al quale presto si aggiungerĆ  Ravenna). Anche se si chiudesse completamente il rubinetto del gas russo l’Italia non avrebbe alcun problema perchĆ© le altre infrastrutture esistenti sono in grado di soddisfare ampiamente il fabbisogno di gas del nostro Paese.
In questi ultimi tre anni, infatti, pur non essendoci la Linea Adriatica, non si ĆØ verificata nessuna crisi di approvvigionamento e gli stoccaggi hanno raggiunto livelli di riempimento fino al 98,5 per cento. Addirittura l’Italia esporta oggi più gas rispetto agli anni precedenti alla guerra in Ucraina. L’abnorme aumento del costo del metano, in particolare nel 2022, ĆØ stato causato non dalla sua scarsitĆ  ma dalle operazioni speculative che hanno fruttato enormi extra profitti alle multinazionali del settore fossile. Anche ammettendo, in via del tutto ipotetica, che il conflitto russo-ucraino abbia potuto causare una crisi del settore, tale crisi, per stessa ammissione del Governo, ĆØ da tempo abbondantemente superata. Il Ministro del MASE, Gilberto Pichetto Fratin, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera il 16 aprile 2023 ha affermato: ā€œIl nostro Paese si ĆØ lasciato alle spalle la dipendenza energetica da Mosca grazie al gas africanoā€. E Fatih Birol, Direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) in una intervista a La Repubblica del 15 novembre 2023 ha dichiarato: ā€œAll’Italia dico: pensateci bene prima di costruire nuovi gasdotti, la domanda ĆØ destinata a calareā€.
Neppure l’ipotesi che l’Italia possa diventare un hub del gas per i Paesi europei ha un valido fondamento, perchĆ© la forte diminuzione dei consumi di metano non si ĆØ verificata solo in Italia ma in tutta Europa. Si tratta di una flessione molto marcata: infatti, i consumi sono ora intorno a 478 miliardi di metri cubi, con un calo di 113 miliardi rispetto al 2021. Essa ĆØ dovuta a cause essenzialmente strutturali, tra le quali spiccano la crescita delle fonti energetiche pulite e rinnovabili, giĆ  oggi più competitive rispetto al gas; il progressivo efficientamento energetico delle abitazioni e delle attivitĆ  produttive, spinto anche dalle normative europee; le campagne di risparmio energetico; la volatilitĆ  e quindi la inaffidabilitĆ  del prezzo del metano; la necessitĆ  di rispettare i target climatici net zero stabiliti dall’Europa per la decarbonizzazione dell’economia (riduzione dei gas climalteranti del 55 per cento al 2030 e neutralitĆ  climatica al 2050). La riduzione della domanda e le prospettive future stanno avendo conseguenze anche sugli investimenti, che rischiano di diventare stranded, ovvero incagliati, al punto che diversi Paesi dell’Unione Europea stanno rinunciando a nuovi progetti nel settore. Con un simile quadro ĆØ del tutto irragionevole, sotto il profilo economico, insistere con la realizzazione della centrale e del metanodotto Linea Adriatica.
I RISCHI
Il tracciato del metanodotto Linea Adriatica corre lungo le aree più altamente sismiche dell’Appennino, in parallelo o intersecando molte faglie sismiche. Si tratta di aree giĆ  tragicamente colpite dai terremoti dell’Aquila del 2009 e di Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo del 2016 e 2017. Anche la centrale di compressione di Sulmona insiste su un’area a massimo rischio sismico. PoichĆ© gli impianti metaniferi trasportano e trattano una materia altamente esplosiva quale ĆØ il metano, la loro collocazione non ĆØ compatibile con territori ad elevata sismicitĆ  in quanto essi vanno ad accrescere, in violazione del principio di precauzione, i pericoli per la popolazione residente.
La possibile rottura del metanodotto in caso di terremoto ĆØ contemplata anche dal Decreto di Valutazione di Impatto Ambientale (n. 70 del 7 marzo 2011) che ha imposto alla Snam la effettuazione di studi sismici di dettaglio al fine non di eliminare – poichĆ© ciò ĆØ impossibile – ma di ā€œridurre la vulnerabilitĆ  della condottaā€. Gli studi predisposti dalla Snam sono risultati fortemente inadeguati. Per essi, infatti, sono stati utilizzati parametri e metodologie che hanno portato ad una notevole sottovalutazione dei rischi per la incolumitĆ  pubblica. Tanto che il Ministero dello Sviluppo Economico ha affidato all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia l’incarico di ripetere gli studi sulla sismicitĆ  sia per quanto riguarda la centrale di Sulmona che per il tracciato del Sulmona – Foligno, escludendo però, incomprensibilmente, i tratti Foligno – Sestino e Sestino – Minerbio, anch’essi a rischio sismico.
La Linea Adriatica interseca anche aree ad elevato rischio idrogeologico, come quelle della Romagna ricomprese nel tratto Sestino – Minerbio, che nel maggio del 2023 sono state interessate da una disastrosa alluvione. Il fiume Savio verrĆ  attraversato dal gasdotto 22 volte. Il principio di precauzione impone di escludere anche tali aree poichĆ© i movimenti franosi, soprattutto se provocati da eventi meteorologi estremi, sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico, sono la principale causa delle esplosioni dei metanodotti, che possono avvenire anche in seguito a modesti smottamenti di terreno. Tra i diversi casi avvenuti in epoca recente in Italia uno dei più emblematici ĆØ quello verificatosi proprio in Abruzzo, a Mutignano di Pineto (Teramo) il 6 marzo 2015.
Quella mattina, a causa di una piccola frana ĆØ esploso un metanodotto della linea Ravenna – Chieti di 60 cm di diametro, con una portata, quindi, pari ad un quarto di quella della Linea Adriatica. L’esplosione ha provocato la totale distruzione di una casa situata a circa 50 metri dal tubo e danni alle abitazioni più distanti. Le auto parcheggiate nei pressi sono state completamente bruciate dallo scoppio. L’incendio ha carbonizzato all’istante tutti gli alberi della zona, fino ad una distanza di oltre 100 metri. Per fortuna la casa distrutta era in quel momento disabitata, ma 7 abitanti del luogo hanno dovuto far ricorso alle cure dell’ospedale di Atri. Tutti gli animali che erano all’aperto sono rimasti uccisi.
Quello di Mutignano può essere considerato un caso di scuola perchĆ© dimostra in maniera inequivocabile la totale inadeguatezza delle distanze di sicurezza dai metanodotti. Il decreto 17 aprile 2008 del Ministero dello Sviluppo Economico prevede che un tubo come quello della Linea Adriatica, con un diametro di 120 cm, possa essere collocato alla profonditĆ  di appena un metro e a soli 20 metri dalle abitazioni o dalle attivitĆ  umane (quali uffici, officine, negozi ecc.). Solo nel caso in cui vi siano nuclei abitati con popolazione superiore a 300 unitĆ  la distanza sale a 100 metri. Quindi il valore della vita umana viene misurata assurdamente in base al numero di persone presenti. Questo vuol dire che chi abita o lavora oppure frequenta (per qualsiasi ragione: commerciale, sportiva, ricreativa o altro) una struttura vicino ad un metanodotto ĆØ costantemente in pericolo. Se l’esplosione di Mutignano ha provocato i suoi effetti distruttivi fino ad oltre 100 metri, possiamo immaginare quali potrebbero essere le conseguenze dell’esplosione di una condotta della Linea Adriatica, con una portata di metano 4 volte maggiore e alla pressione di 75 bar. C’è da aggiungere che a Sulmona saranno interrati 4 tubi appaiati, connessi con la centrale, a meno di 300 metri dal cimitero. Distanze di sicurezza cosƬ incredibilmente risibili dimostrano che tali norme sono fatte non per garantire la pubblica incolumitĆ  ma per non creare intralci alla collocazione dei gasdotti. Perciò esse vanno radicalmente riviste e adeguate.
I DANNI
I territori del tracciato della Linea Adriatica non sono soltanto tra i più sismici d’Italia ma sono anche tra quelli con maggiore valenza ambientale e paesaggistica. Infatti, l’attraversamento del metanodotto interessa in modo diretto o indiretto Parchi nazionali, Riserve regionali e molti siti di Interesse comunitario della Rete europea Natura 2000, oltre a terreni sottoposti a vincolo di uso civico, che svolgono una importante funzione di tutela ambientale. Il metanodotto ĆØ incompatibile con il progetto A.P.E. (Appennino Parco d’Europa), un progetto di sistema finalizzato alla conservazione della natura e alla promozione dello sviluppo ecosostenibile. Anche la centrale di compressione di Sulmona ĆØ situata in un’area di pregio ambientale, paesaggistico ed archeologico. Essa ĆØ vicina ad uno degli ingressi del Parco nazionale della Maiella e al confine con Pacentro, uno dei borghi più belli d’Italia.
Si calcola che per l’interramento della Linea Adriatica e per la realizzazione delle piste di accesso alle aree boscate sarĆ  necessario abbattere due milioni di alberi. Ciò provocherĆ  in molti casi una alterazione profonda degli habitat e degli equilibri naturali dell’Appennino. Il Servizio Programmazione Forestale della Regione Umbria ha scritto al riguardo: ā€tutto il tracciato dell’opera ricade nel cuore dell’intera dorsale appenninica, un complesso sistema geografico ed ecologico ritenuto strategico per la conservazione e il ripristino della biodiversitĆ  animale della penisola italiana la cui importanza ĆØ sancita a livello europeo. L’opera porterĆ  (per il solo tratto umbro) ad una sottrazione dell’habitat naturale valutabile, con approssimazione di ampio difetto, in non meno di 750 ettari. Tale sottrazione deve essere considerata in molti casi permanente, sia in riferimento alla totale trasformazione e alterazione nella fase di cantiere, sia per l’impossibilitĆ  di effettuare un ripristino eco-sistemico delle condizioni precedenti, a causa della complessitĆ , fragilitĆ  ed inerzia del paesaggio calcareo e marnoso arenaceo dell’area attraversata. Nel migliore dei casi, infatti, nel corso di lunghi decenni, se non di secoli, si potrĆ  ottenere la rinaturazione del sitoā€. La realizzazione dell’opera interferisce pesantemente con gli habitat della fauna protetta, tra cui spicca l’Orso bruno marsicano. In particolare, la sua presenza ĆØ stata documentata scientificamente, a partire dal 2012, dal Parco nazionale della Maiella, dal PNALM e dalla Riserva regionale del Genzana che, attraverso due relazioni, hanno attestato che l’area di Case Pente, dove sono iniziati i lavori per la centrale di Sulmona, ĆØ un importante corridoio faunistico e sito di alimentazione di questa specie ad altissimo rischio di estinzione.
Il metanodotto e la centrale non porteranno alcun beneficio economico ed occupazionale perchĆ© per la loro realizzazione sarĆ  impiegata manodopera specializzata proveniente da fuori. Al contrario, notevoli saranno i danni alle economie locali con un ulteriore depauperamento delle aree interne. Con l’interramento del tubo e le servitù connesse verranno persi, o subiranno una forte limitazione, centinaia di ettari di terreno agricolo dove finora erano presenti oliveti, frutteti e vigneti, nonchĆ© coltivazioni di pregio come zafferano e aglio rosso. Il passaggio del metanodotto sconvolgerĆ  in diverse parti, e in particolare nel territorio di Paganica, le aree di uso civico attraverso l’abbattimento di moltissimi alberi con conseguente perdita delle tartufaie. Inoltre, lungo tutto il tracciato le proprietĆ , sia terreni che edifici, subiranno una svalutazione che può arrivare anche all’80 per cento, a seconda della distanza dal metanodotto.
Il tubo passerĆ  vicinissimo a beni storici e culturali come la Madonna d’Appari a Paganica e l’Abbazia di Celestino V a Sulmona (sede del Parco nazionale della Maiella) e avrĆ  un impatto fortemente negativo con le testimonianze archeologiche arrivando persino alla loro distruzione, come nel caso di Case Pente a Sulmona dove, per la costruzione della centrale, sono state cancellate due necropoli dell’epoca romana e protostorica e sono state incredibilmente eliminate le tracce di un villaggio dell’etĆ  del bronzo risalente a 4.200 anni fa. Anche nell’altopiano di Navelli e in diversi luoghi dell’Aquilano il gasdotto interferirĆ  con aree di interesse archeologico. In alcuni punti la condotta attraverserĆ  aree molto fragili sotto il profilo idrogeologico, come nel Comune di Popoli, dove ĆØ presente il Sito di Importanza Comunitaria Giardino – Sagittario – Aterno – Sorgenti del Pescara. Pertanto, il rischio di alterare la falda idrica, con la scomparsa di sorgenti o comunque la loro riduzione, ĆØ molto elevato. E’ doveroso tener presente che il bacino Aterno – Pescara ĆØ il più vasto del territorio abruzzese.
I COSTI
Prima della guerra in Ucraina il costo della Linea Adriatica ammontava ad 1 miliardo e 900 milioni di euro. Ora ĆØ lievitato a 2 miliardi e 500 milioni, dei quali 181 per la centrale di Sulmona. L’Europa ha finanziato l’opera, attraverso il Pnrr, con 375 milioni di euro; ciò in aperto contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione dell’economia stabiliti dalla stessa Unione Europea. L’interesse della Snam ĆØ essenzialmente nell’appalto. Infatti, anche se l’infrastruttura dovesse essere utilizzata scarsamente e perfino se nel tubo non dovesse passare neppure un metro cubo di gas la Snam riceverĆ  comunque delle entrate fisse da Arera, l’AutoritĆ  italiana per l’energia, perchĆ© l’opera ĆØ considerata un servizio pubblico. Saranno comunque i cittadini italiani a pagarne l’ammortamento per 50 anni (questa la vita media dell’infrastruttura) attraverso l’aumento della bolletta energetica.
Anche l’Eni, da cui ĆØ nata la Snam, ha espresso alcuni anni fa la sua contrarietĆ  alla realizzazione della Linea Adriatica. Naturalmente dal suo punto di vista, perchĆ© il costo dell’opera, data la sua inutilitĆ  per il nostro Paese ma gravando sui consumatori italiani, fa lievitare immotivatamente il prezzo del gas, riducendone la vendita e quindi anche i profitti dell’Eni. Ecco quanto scriveva l’Eni nelle sue osservazioni al Piano decennale Snam 2020-2029: ā€œTra gli investimenti più significativi del Piano Snam spicca la realizzazione della nuova Linea Adriatica (,,,). Trattandosi di investimenti che non sono necessari a garantire il soddisfacimento della domanda nazionale (,,,) i relativi costi devono essere opportunamente allocati ai Paesi che ne beneficeranno (…). Diversamente si farebbero gravare interamente sui consumatori italiani i costi sostenuti per investimenti che verrebbero goduti da altri Paesi europeiā€. L’Eni prosegue affermando che i costi ā€œverrebbero recuperati in tariffa in 40/50 anniā€ con il rischio però di ā€œinnescare per decenni una spirale di tariffe di trasporto crescenti, in un contesto in cui le infrastrutture potrebbero diventare stranded e contribuire esse stese a rendere meno competitivo il gasā€.
LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE DEMOCRATICHE
La Snam non ha mai accettato di avere confronti pubblici con i cittadini delle aree coinvolte dall’attraversamento della Linea Adriatica, sottraendosi in questo modo a quella che in un sistema democratico dovrebbe essere la regola, ovvero la condivisione di scelte che hanno un notevole impatto sulla vita delle popolazioni residenti. Del resto, neanche i vari Governi che si sono succeduti in 20 anni, cioĆØ da quando ĆØ stato avviato il progetto, hanno mai avvertito la necessitĆ  di promuovere momenti di discussione pubblica ed anzi hanno operato al fine di vanificare le decisioni che in merito sono state assunte a livello parlamentare. CosƬ, la risoluzione approvata alla unanimitĆ  dalla Commissione ambiente della Camera dei Deputati nell’ ottobre 2011, che impegnava il Governo a disporre la modifica del tracciato, ĆØ stata totalmente disattesa.
La Regione Abruzzo ha approvato 4 leggi sulla Linea Adriatica con lo scopo di disciplinare la realizzazione delle infrastrutture metanifere sul territorio regionale. Ma i Governi, di vario colore politico, hanno impugnato le leggi davanti alla Corte Costituzionale nonostante che l’energia, in base all’art. 117 della Costituzione, sia una materia concorrente tra Stato e Regioni. Non si comprende per quale motivo la norma che assegna alle Regioni il compito di individuare i siti idonei per gli insediamenti energetici debba valere per le fonti rinnovabili e non per le fonti fossili. Ma anche nel procedimento autorizzativo della Linea Adriatica i Governi hanno ridotto ad un fatto puramente simbolico il ruolo delle Regioni. Delle quattro Regioni coinvolte nel tratto Sulmona – Foligno due di esse, l’Abruzzo e l’Umbria, hanno negato l’intesa con lo Stato. il Governo avrebbe dovuto prendere atto di questa decisione e indurre la Snam a modificare il progetto perchĆ© almeno l’80 per cento del territorio su cui insiste il Sulmona – Foligno ĆØ proprio quello abruzzese ed umbro. Invece la negazione dell’intesa ĆØ stata completamente ignorata e la centrale e il metanodotto sono stati autorizzati, la prima dal Governo Gentiloni e il secondo dai Governi Draghi e Meloni, riducendo la Costituzione ad un inutile pezzo di carta.
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