INTANTO SULMONA R’ESISTE

di Massimo Di Paolo – La cosa più interessante nella recente fase della campagna elettorale, è stato il primo confronto dei candidati alla carica di Sindaco per Sulmona su una emittente abruzzese. Almeno poteva esserlo perché dai manierismi, dal galateo condiviso, e dal non detto, è venuta fuori una pochette di poemetti del tutto privi di nerbo, di sostanza, virati in un grigio piombo che certamente non ha entusiasmato e tantomeno non ha portato chiarezza. Osservando con cura, di strategia politica ed amministrativa per Sulmona non si è parlato, in una sorta di “delicata” e personale esposizione dove di confronto c’è stato ben poco. Nancy Fouts, artista anglosassone, diceva che “reale e surreale vanno di pari passo” ed è proprio la sensazione che si è avuta ascoltando i candidati che nel mantra “…dobbiamo fare in modo…”, trasformavano le tematiche in rappresentazioni immaginifiche. Sembra, in una sorta di dilagante dolce mousse al cioccolato, che chi governerà Sulmona prossimamente non vuole scosse e la campagna elettorale ne preannuncia il ritmo, il piglio e il coraggio decisionale. Eppure a ri–guardare bene la trasmissione mandata su TV SEI Abruzzo venerdì 2 maggio, l’enfasi, il tono, la prossemica dei candidati sembravano rappresentare il bisogno di una politica emergenziale, muscolare per Sulmona ma disorientata per contenuti. In modo diverso ma con gli stessi ingredienti: come dire cambiando gli addendi il risultato non cambia. Di equità, politiche giovanili, sistemi di assistenza locale correlati al terzo settore, di Scuola, di riorganizzazione amministrativa, di gestione del centro storico con la movida – intoccabile in campagna elettorale – dei numerosi arresti per spaccio, dell’aumento significativo di immigrati senza lavoro e collocazione, della trasparenza amministrativa, del nodo  sulla collusione politica per cui i partiti e i gruppi devono porsi al di sopra di ogni sospetto, devono dare l’esempio e non suscitare il minimo dubbio sulla propria condotta morale: si tace. Meglio le grandi tematiche e le visioni dove ogni cosa è banalmente accettabile e non distraente per qualsiasi elettore. Sembra che i cittadini di Sulmona siano solo gli abbonati al Caniglia, gli audiofili di concerti, di jazz, i devoti della cultura alta. A conti fatti manca all’incirca più dei trequarti della cittadinanza. Cosa facciamo? Cosa si propone cari Candidati a una Sulmona “Città per tutti”, dove il dibattito possa nascere innanzitutto nel confronto tra classi sociali e bisogni? O vogliamo rappresentarci un paese di benestanti adagiato tra la frescura del Vella e il salotto –rimesso a nuovo– di Corso Ovidio? In sostanza, nel dibattito elettorale che va maturando, la dimensione surreale sembra emergere prepotentemente, senza parole nuove per raccontare un momento storico grave per la Città dove c’è smarrimento negli animi e dove, non solo i servizi ma anche i beni, le cose, sono in degrado. Genomica sociale si chiama. Come la vita quotidiana può modificare la nostra salute: chi è fortunato per caso, per privilegi ottenuti, per merito, vive meglio. Di fatto, non se ne parla, il confronto elettorale non c’è, non parte; un cartello polemico crea disappunto ma non confronto. Sembra che l’ecumenico dialogo tra i candidati sia frutto quasi di un patto borghese di non belligeranza: e la fa da padrone senza apportare chiarimenti, prese di posizioni forti, senza dirimere interrogativi, creare fiducia e partigianeria politica. Bisbigliando ma restando fermi, senza muoversi troppo. Tutti affetti da tanatosi politica, l’immobilismo come strategia difensiva adottata per sfuggire ai predatori: elettorali.