STRUSCIO, MISERERE E FORTI EMOZIONI: IN MIGLIAIA ALLA PROCESSIONE DEL VENERDÌ SANTO A SULMONA
di Gioia Perinetti – Nel crepuscolo intriso di attesa, rotto solo dal canto del Miserere, il passo penitenziale dello struscio, l’incedere del tronco con i tralci d’argento seguito dal Cristo Morto e dalla Madonna Addolorata, il tenue chiarore dei lampioni: tutto questo ha di nuovo affascinato e commosso la grande folla raccolta per la processione del Venerdì Santo a Sulmona. L’antichissimo rito, partito all’imbrunire dalla chiesa della Santissima Trinità, ha mantenuto intatto il suo potere evocativo.
Con saio rosso cremisi e pettorina bianca i trinitari hanno percorso anche i più angusti vicoli di Sulmona vivendo in prima persona il dolore della morte di Gesù Cristo. I confratelli, durante tutta la processione del Venerdì Santo, hanno mantenuto il clima di preghiera, il raccoglimento e la dedizione che rende il corteo, se possibile, ancora più emozionante per il vasto pubblico accorso nel capoluogo peligno. Strade stracolme di gente e bar presi d’assalto per avere un posto in prima fila durante il passaggio della processione.
Il maestoso coro dell’Arciconfraternita della SS. Trinità, con più di 120 elementi, accompagnato da sapienti musicisti e diretto dai maestri Alessandro Sabatini e Mirko Caruso, ha intonato una preghiera forte e struggente, potente e ricca di pathos, che ha consentito ai presenti una riflessione sul senso più profondo della Settimana Santa lasciando le persone e i fedeli, senza parole al suo passaggio.
Le luci dei lampioni hanno illuminato l’intero tragitto e incorniciato le statue del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, dando risalto alle espressioni colme di dolore dei due protagonisti del Venerdì Santo; un rito, quello dell’Arciconfraternita, che dal 1827 percorre le strade e i vicoli di Sulmona facendo arrivare a tutta la città la sofferenza della morte di Gesù e la forte perdita di un figlio che l’Addolorata manifesta simbolicamente con il pugnale nel cuore. Lo struscio, un passo che è diventato strumento e metronomo della stessa processione, è uno dei simboli e punto cardine di quella che è una notte in completa devozione. A simboleggiare il legame tra confraternite il tradizionale passaggio in Piazza Garibaldi dove i trinitari sono stati accolti dai confratelli di Santa Maria di Loreto, che nella giornata di Pasqua, avranno il compito di far correre la Madonna verso suo figlio Gesù finalmente risorto. I sai rosso cremisi dei trinitari e le mozzette verdi dei lauretani hanno creato una fotografia unica, un incontro suggestivo per i tanti accorsi nella piazza Maggiore, un binomio di colori che non solo rappresenta un quadro cromatico sorprendente ma un simbolo di comunione fraterna segno tangibile della cristianità.

Una storia, quella dei trinitari, che si fa famiglia. Tra i portatori anche confratelli che hanno ereditato questa passione da lontano, tramandata di generazione in generazione infatti sono arrivati alla quarta. Un esempio che rincuora molti e garantisce un futuro roseo alle tradizioni e ai valori di una volta. Un dettaglio importante, il quale racconta che anche i giovani vivono le passioni di un tempo, abbracciano i valori dei padri e le vivono intensamente creando un solido ponte tra passato e futuro. A testimonianza di ciò anche i bambini che, insieme alla processione, hanno vissuto con interesse e serietà il percorso stabilito portando le piccole croci di legno, la corona di spine e gli altri simboli della Passione di Cristo.

Dopo il lungo percorso il corteo è rientrato a mezzanotte e mezza nella chiesa della SS. Trinità accompagnato dalle parole del vescovo della diocesi di Sulmona-Valva, Michele Fusco. È stato il tradimento di Pietro al centro del suo discorso e in particolar modo Fusco ha sottolineato l’importanza delle lacrime. “Le lacrime di Pietro ci insegnano che è sempre possibile cadere del baratro del tradimento, non essere coerenti con la propria parola, con la propria fede, sbagliare, ma saper cogliere la propria inconsistenza, la propria contraddizione, il proprio errore, il proprio fallimento non impedisce l’amore ma lo fonda e lo rende migliore”. Un pensiero che si conclude con messaggio di affidamento a Dio, soprattutto nei momenti di difficoltà, di mancanza di coraggio e di fede: “Chiediamo al Signore il dono delle lacrime e di indurci al pentimento così da percorrere la sua strada”, così il vescovo Fusco conclude il suo intervento e la processione fa il suo rientro nella chiesa della Santissima Trinità.