SPACCIO E FREQUENTAZIONI PERICOLOSE: RESTA IN CARCERE STEFANO PASSOFORTE
Sulmona – Resterà in carcere Stefano Passoforte, 35enne sulmonese arrestato il 9 dicembre scorso con l’accusa di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Lo ha stabilito il Tribunale per il Riesame dell’Aquila, che ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dal suo legale, l’avvocato Guido Colaiavoco, confermando l’aggravamento della misura cautelare dai domiciliari al carcere.
A determinare il giro di vite, un episodio avvenuto lo scorso 14 febbraio, quando i carabinieri della stazione di Sulmona e del nucleo operativo hanno effettuato un controllo nell’abitazione dove Passoforte stava scontando i domiciliari. In casa, oltre a una donna, era presente un pregiudicato con precedenti specifici legati al mondo della droga, soggetto ritenuto dagli inquirenti “con profilo di pericolosità sociale”. Una circostanza che ha portato il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona, Alessandra De Marco, a disporre il trasferimento in carcere.
La difesa ha provato a smontare il provvedimento, ritenendolo privo di fondamento giuridico, ma i giudici del Riesame non hanno avuto dubbi: “Permangono le esigenze cautelari in ragione dello stato di pericolosità sociale del soggetto ospitato in casa”, si legge nelle motivazioni.
Passoforte era finito nei guai a dicembre, quando fu fermato dai militari mentre trasportava nel marsupio 20 grammi di cocaina, già suddivisi in 40 dosi pronte per la vendita, oltre a 11.000 euro in contanti, un bilancino di precisione e una pistola scacciacani priva del tappo rosso, potenzialmente confondibile con un’arma vera. Durante la perquisizione nella sua abitazione furono rinvenute anche altre 500 bustine, ritenute destinate al confezionamento della sostanza stupefacente.
Dopo un primo periodo agli arresti domiciliari, le “visite” indesiderate e non autorizzate nella sua casa hanno aggravato la sua posizione, lasciando emergere, secondo gli inquirenti, un persistente legame con ambienti criminali. Da qui, la stretta della magistratura che, a oggi, conferma il carcere come unica misura adeguata a prevenire la reiterazione del reato.