EREMO DEL BEATO VINCENZO DALL’AQUILA

di Vladimiro Placidi

EREMO DEL BEATO VINCENZO DALL’AQUILA, frate francescano morto nel 1503 nel convento di San Giuliano. L’eremitaggio o pratica ascetica in solitudine nasce nel medio evo cristiano in oriente già nei primissimi secoli, II-III secolo d.C., basti ricordare Sant’Antonio Abate nel deserto. L’eremo è una grotta o un riparo e la sua pratica passa dall’Oriente a tutto il mondo cristiano. Il benedettismo raccoglie l’uso di ascetismo solitario e la fuga dal mondo per una ricerca di perfezione cristiana ed una maggiore vicinanza a Dio. Si ricorda il nostro Celestino. Col tempo la solitudine e l’anacoretica si trasformeranno in cenobitismo, vita comune, e monastica con la costruzione dei monasteri. I francescani ribalteranno l’uso della fuga dal mondo e la costruzione di monasteri lontano dalle città ed entreranno “nel mondo” ovvero si insedieranno in città per un diverso apostolato. All’Aquila il convento di San Francesco, attuale Convitto Nazionale, sarà edificato nei primi decenni dalla sua fondazione. I francescani riprenderanno l’uso dell’eremo nelle vicinanze dei propri conventi. A differenza del precedente eremitaggio, quello francescano è utilizzato a tempo determinato e scaturito da una scelta individuale. A Sant’Angelo d’Ocre una grotta al di sotto del convento sarà luogo di solitudine dei Beati Bernardino da Fossa e Timoteo da Monticchio mentre qui a San Giuliano l’eremo sarà il rifugio momentaneo del Beato Vincenzo la cui fama di santità si propagò in tutta l’Italia meridionale tanto che il principe di Capua poi Re di Napoli e la regina Giovanna avevano rapporti con lui

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