FALLIRE DI NUOVO. FALLIRE MEGLIO
di Massimo Di Paolo – È iniziata un’altra partita ma gli schemi sono restati gli stessi. Era auspicabile condividere nuove regole d’ingaggio per aprire una stagione politica innovativa e drammaticamente necessaria a Sulmona nostra. Non sembra sia andata così. Tra gli assenti, i giovani -quelli che sono restati–. Li volevamo con liste proprie se non con un polo di under 30 afferente ad una auspicabile proposta politica futuristica. Presenti gli altri, i soliti volti, le maestranze politiche conosciute, già rodate, che di nuovo hanno ben poco. Si dice che l’esperienza è ricchezza e possiamo essere d’accordo, ma quando l’esperienza è fatta di fallimenti, immobilismo, ricerca e consumi di privilegi, allora le cose assumono un’altra prospettiva. Ezio Mauro, su Repubblica ci ricorda che “…bisogna prendere atto che la democrazia non mobilita anche quando è sotto attacco…”. Si riferiva a quello che sta avvenendo nel mondo, tra le nazioni, tra le grandi potenze. Ma la riflessione è ben calabile nei piccoli territori, nelle piccole unità cittadine, in quelle periferie del mondo a cui noi sulmonesi apparteniamo. L’ultima versione cinematografica del “Il Gattopardo” romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, di recente su Netflix, declina bene, mutatis mutandis, la violenza, la sudditanza di classi e cittadini, il controllo politico dei diritti soggettivi, dei servizi, evidenziando come può essere ancora più subdola e marcatala la perdita dell’evoluzione e del cambiamento -delle pari opportunità- in una piccola comunità. La campagna elettorale iniziata già porta macchie di pavidità politica, di servilismo, di mancanza di sostanza. Di promesse, di vendette, di dichiarazioni vacue e fumose, di posizioni inconciliabili che sarebbe meglio lasciare fin da subito. È così. Le campagne elettorali a Sulmona sono diventate periodi di seduzioni; di santoni che ammassano truppe, di ideologi che creano fascino; comunque smarcandosi da impegni, da parole d’onore, da responsabilità: senza mai rimettere al centro la città, i cittadini e i loro problemi. Schemi tattici di vecchia scuola colorati da modernismo organizzativo che, di solido e affidabile, non hanno nulla. Si tace. Anche i candidati alla carica di Sindaco appaiono molto parsimoniosi. Cesare affidava ad Ezio la preparazione delle Legioni mentre lui stilava i discorsi che non erano mai neve di primavera. Erano impegni a cui tener fede in nome dell’onore e della dignità personale. A Sulmona si vorrebbe almeno dignità politica e amministrativa da parte di tutti, ma ne è restata ben poca. Ad alcuni il gioco elettorale porterà premi: onore, privilegi, ristori, esperienza; a pochi la consapevolezza di aver fatto il proprio dovere, e ad altri il fermento di poter accedere a chi mantiene il potere. Molti altri perderanno non poco. Dopo la costituzione delle liste inizierà la fase degli accordi e della divisione delle prebende. Poi tattica e strategia si mescoleranno e subentrerà il vecchio teorema “ogni testa un voto”. Ormai è la politica dei piccoli paesi quella che si può osservare, e i fatti che si stanno realizzando lo confermano. Per ora nomi, schieramenti, e drappelli non vale la pena farne meglio una riflessione che ci coinvolge tutti. Resta certo che voler strutturare liste elettorali con persone capaci e impegnate sta diventando sempre più difficile a Sulmona con il risultato devastante di una massa di portatori di “voti” che di contributi, idee e competenze non sanno. Si rischia un Consiglio comunale “del podestà” che ben poco potrà donare alla Città e ai suoi cittadini. Viene in mente il verso beckettiano che recita: “Fallire di nuovo. Fallire meglio”.
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Come sempre dicono, bisogna prima toccare il fondo per poi risalire.
Peccato per questa bella città così trascurata e avvelenata.