UNA UTOPIA PER SULMONA

di Massimo Di Paolo – Appaiono interessanti, nel nulla di significante che sta avvenendo sul fronte politico a Sulmona, le precisazioni di Riccardo Verrocchi a seguito dell’incontro tenutosi il 10 gennaio e riportate, in altro articolo, su questa testata. Di fatto possono essere condensate nel bisogno urgente, e drammaticamente richiesto, di una ricomposizione della sinistra sulmonese ormai ai minimi storici per coesione, riconoscimento e impegno pubblico – aggiungerei di solidarietà pubblica –.

Una sorta di Cantiere Sulmona che non sia certamente l’officina dell’ex ministro Franceschini ridotta a languida operazione di facciata. Resta inteso: per chi scrive, non si tratta di rafforzare una parte politica che, localmente, ha perso vitalismo; si tratta di ridefinire la problematica della città con i presupposti utili per lavorare con un approccio diverso, con una forte rottura metodologica e politica. Un messaggio che andrebbe ascoltato, letto e capitalizzato da ogni parte in gioco nell’agone elettorale ormai aperto: anche dalle controparti politiche. È strano, se non imbarazzante, pensare come la gran parte dei ragionamenti che si stanno facendo non tengano conto di come la Città necessita di una gestione e di unazione divergente,  ben lontana da quanto espresso nel passato recente e da quanto ereditato dalla vecchia politica sulmonese. Un tempo che sembra ormai lontano, si pensava a un Movimento Civico di solidarietà e di comuni intenti – “evoluto si diceva – dove la progettazione partecipata era condivisa e focalizzata su un’agenda di salute pubblica definita sulla base di una tassonomia di emergenze e di obiettivi ben definiti.  Nei fatti, il dibattito aperto è già povero; perfino i commenti “popolari” risentono di un approccio omertoso e di scarso contributo. La questione Sulmona appare ancora “Una questione privata” per citare Beppe Fenoglio. Chi vuole ridurre il problema Sulmona a un fatto generazionale, o alla scelta di un ipotetico salvifico gladiatore, o, ancora di più, a circoscrivere la drammaticità della situazione a poche, evidenti e importanti questioni, sta sbagliando alla grande. Sulmona è immersa in una rete di criticità e disfunzioni con un contesto di isolamento antropologico, politico e logistico che rendono le condizioni difficili, complesse, caratterizzate inoltre da processi interni conflittuali, di contrapposizione: da un sabotaggio ideologico basato su principi che permettono il fiorire di centri di potere, di approcci mafiosi, di mandati e di mandatari. Diversi intellettuali (sic!), come spesso la storia insegna, tacciono, aspettano di posizionarsi, dando il tempo necessario alle “metamorfosi” di agire per potere incassare le piccole prebende secondo i colori del vincitore, nel frattempo: il dibattito si priva delle idee, langue. E non basta emozionarsi, partecipare e unirsi al confronto sul nostro Tribunale che, se pur importante, non riesce a coagulare la multiforme problematicità che Sulmona subisce. È vero che occorre saper valutare le stranezze altrui con la stessa indulgenza con cui valutiamo le nostre, ma allora diventa necessario sviluppare rapidamente uno sguardo comune, salvifico per Sulmona, depurato da privilegi, interessi, potere. Depurato da quella differenziazione politica che dinanzi alle tragedie non ha senso mantenere. Per la condizione in cui siamo, per le condizioni che viviamo nell’entroterra peligna sorge una domanda: serve ancora una sinistra e una destra a Sulmona? Serve ancora quell’agone elettorale che vivifica per qualche mese uno stato di prostrazione e di disillusione generale? Dove possiamo trovare un distinguo, nella politica e in uno stile amministrativo futuro, utile e necessario per risistemare, per curare l’intera Comunità?

Quali riflessioni e quali possibilità dinanzi la grande incertezza che viviamo è l’interrogativo che coalizioni, candidati e gruppi di sostegno dovrebbero porsi. Diventare, come nel passato recente, todos gladiatores e massacrarsi nelle contraddizioni; o sviluppare un partenariato politico per una democrazia locale pragmatica e risolutiva, priva di bipolarità, nel tentativo di rendere questo territorio ormai confuso, un posto migliore?


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Un commento su “UNA UTOPIA PER SULMONA

  • La mia meraviglia è che ci siano ancora “politici” in giro. Personaggi dignitosissimi che, con tanta buona volontà, si ostinano a dichiarare che solo loro possono fare il miracolo che, puntualmente, non avviene mai. Nessuno, a mio avviso, ha la forza di fare quel salto di qualità che possa poi riverberarsi sulla città. È un po’ come il vaso in cui nuotano dei pesciolini rossi che si agitano tanto ma gira e rigira sono sempre li e a nulla serve che qualcuno sparisca ed altri arrivino, il vaso è sempre quello e l’acqua diventa sempre più torbida. C’è necessità che qualcuno salti fuori dalla boccia di vetro e abbia la forza e il coraggio (e aggiungo la perspicacia e l’intelligenza) di agganciare personaggi che contano nelle stanze dei bottoni convincerli della bontà del territorio e far si che qualcosa cominci a muoversi anche perché quella benedetta acqua in cui ci aggiriamo comincia a somigliare sempre più a un puzzolente brodo di risulta, per usare un eufemismo.

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