BOB DYLAN, UN COMPLETO SCONOSCIUTO
di Massimo Di Paolo – Super premiato e in corsa per gli Oscar di prossima assegnazione:
“A Complete Unknown” regia di James Mangold. Film musicale, drammatico, biografico ma anche storico. 1° in classifica al Box Office, sta sbancando per pubblico e per critica. Per “Libri & VIsioni”: sei stelle e ½. Una macrofotografia dei momenti più straordinari della vita del musicista Bob Dylan: prima menestrello, poi cantautore ed infine artista di rango; testimonial della storia sociale a partire dai profetici anni sessanta. Un film bellissimo tra documentario e repertorio musicale, da guardare attentamente seguendone le connessioni tra i diversi significati e le diverse testimonianze rappresentate. Non solo musica, ma una descrizione di un percorso di vita, condizionato e agito, in uno dei momenti più fertili dell’evoluzione dei diritti umani e della rottura degli schemi sociali correlati all’organizzazione capitalistica occidentale.
Uno sguardo intimo sul movimento giovanile, che nella musica trovava la condensazione di idee, valori e forza rivoluzionaria. Fotografia, musica, personaggi e scenografia: è inutile parlarne. Film di pregio da portare nelle scuole per spiegare la storia contemporanea -con metodi ben diversi da quelli suggeriti da Valditara-. Due osservatori per vedere il film da diverse prospettive. Il primo, biografico, con il giovane Bob dalla funzionalità complessa; istrionico, con difficoltà nella costruzione dei legami affettivi ed una instabilità emotiva che lo rende inafferrabile per qualsiasi forma di adattamento. Storia personale intimamente sovrapposta a quella artistica che lo allontana da un Minnesota ormai soffocante per diventare meteora di un mondo in cambiamento con la sua musica, i suoi testi e le sue canzoni. Un racconto rude, reso complesso da un eccesso di inquietudini, di fragilità, di capovolgimenti che nell’abbandono della musica folk vede rappresentato il tradimento del passato, il tradimento necessario per evolvere verso dimensioni artistiche che diventeranno memorabili. Ma il suo improvviso lasciare la cultura, le amicizie, i sentimenti correlati al mondo del folk americano assume nel film, un significato universale che accomuna tutte le forme di abbandono e di cambiamento, sempre caratterizzate da incertezze, solitudini e dolore.
Pezzi musicali eseguiti in modo magistrale, con Joan Baez, interpretata dalla brava Monica Barbaro, personaggio chiave in rappresentanza di tutto un movimento di cantautori storici oltre che della più significativa, conflittuale e chiacchierata storia d’amore di Bob Dylan.
La seconda visione riguarda la struttura filmica retta magistralmente dal giovane Timothée Chalamet. Appena 29 anni con una maestria recitativa impressionante tanto da rendere la figura di Dylan eroica nella rappresentazione dal forte processo identificativo. Dalle origini di un genio all’ascesa nel mondo folk, fino alla trasformazione artistica con approdo al premio Nobel per la letteratura del 2016. Chalamet, straordinario nelle interpretazioni delle canzoni più iconiche di Bob Dylan, prime tra le altre Blowin’ in the Wind e Like a Rolling Stone: indimenticabili e meravigliose. E dopo aver sentito “The Time They Are a-Changin’” e “Mr.Tambourine Man”, il film si chiude con un volgere verso il futuro la telecamera condensando la componente poetica e sociale di Dylan con “It’s Alright, Ma”: brano unico, penetrante, provocatorio che resterà per sempre.
Film da centellinare, da gustare in una dimensione immersiva totale, per nostalgici, conoscitori e romantici.
Dopo aver visto il film, due letture di riferimento:
- “Bob Dylan. Mixing Up The Medicin” di Mark Davidson e Parker Fishel edito Rizzoli Lizard
- Il libro che ha ispirato il film: “Il giorno che Bob Dylan prese la chitarra elettrica” di Elijah Wald.
Nelle sale: A Complete Unknown di James Mangold.