ASPETTANDO GLI OSCAR

di Massimo Di Paolo Dopo patacconi dai risvolti emotivi esagerati, il cinema nelle sale comincia a risentire dell’arrivo di pregiate opere straniere. Gli ultimi mesi sono stati una bulimia di produzioni anche italiane, che hanno destato le partigianerie nelle sale o davanti agli schermi casalinghi. Le assegnazioni dei prossimi Oscar promettono cose interessanti e molto va chiarendosi, perlomeno attraverso il confronto tra cinematografie

L’ultima e più seguita triade nelle sale italiane è stata inondata da ideologia Woke e MeToo tanto da rendere Diamanti, di Ferzan Ozpetek,   un’ opera straordinaria e Maria, di Pablo Larrain, un rimasuglio asettico poco coinvolgente se non noioso. Conclave? Chiuso con l’etichetta di “Culturame maschilista.

Solo per capirci: Diamanti è la storia di un ghetto al femminile dove la sorellanza vive ed evolve intrecciando storie con visi già noti che, proprio perché troppo casalinghi, diventavano sulla scena parodie di sé stessi. Un inno alla femminilità a riscatto garantito, con una serie di uomini eunuchi. Dietro il dichiarato amore verso le donne, che Ferzan ha testimoniato ai quattro venti, aiutato da una sceneggiatura a doppia firma,di Carlotta Corradi e Elisa Casseri, si compie un’operazione commerciale raffinata a forte attecchimento, retta da una fotografia patinata che più commerciale non si può. Il packaging molto ben fatto, arioso, colorato, leggero nello scorrere dei minuti. Fragilità nascoste, ricordi, grandi amori persi, bugie perdonate, vite che si intrecciano nelle loro differenze, nei loro mondi nascosti a fare da collante per rendere i temi credibili ed empatici. Pubblico  femminile con cartelli in mano e inno alla vittoria; per donne libere, autonome, primatiste nel coraggio e nella vittoria.

Differente la risposta di critica e di pubblico in “Maria” di Pablo Larrain. Donna perdente, arresa alle circostanze della vita, al tempo, alla solitudine, all’inevitabile cambiamento della sorte. Meravigliosi, e di struggente intimità, i significati portati da Maria Callas interpretata da una Angelina Jolie   che ha sorpreso per il mestiere e per le capacità recitative, in un ruolo non facile soprattutto di questi tempi. La storia degli ultimi giorni di vita di Maria Callas, poteva essere trattata solo con la struttura di un docufilm che narra i tentativi di sopravvivenza emotiva di una donna sofferente, piena di emozioni correlate all’abbandono e alla rottura dei processi identificativi mediati dall’arte, dal canto e dal successo mondiale non più accessibili. In un mondo che vuole la donna cinica, di successo, tesa verso processi di identificazione crescenti e mai saturi, la rappresentazione della sofferenza, del fallimento, della depersonalizzazione che il film Maria narra, non può essere accettabile, soprattutto oggi, in una prospettiva evolutiva della donna. Resta un film di nicchia, per chi sa leggere il dolore, la distimia depressiva, la fine della vita che può continuare solo nutrendo un sé da sempre fragile, specializzato, alla portata di tutti, ma inesorabilmente solo. Non un capolavoro ma una grande rappresentazione per empatizzare con le verità che la vita pone dinanzi a tutti: prima o poi.

Conclave: una grossa operazione commerciale spesso rintracciabile nell’evoluzione della cinematografia più recente. Una marmellata di narrazioni nel tentativo di creare un thriller convincente. Di fatto un ciambellone senza buco, poco distinto, con recitazioni e arrangiamenti arronzati e molto poveri per qualità e interpretazione. In questo caso, al contrario di Diamanti, la scena persiste in un ghetto per uomini mimetizzati, con un Ralph Fiennes non all’altezza, pagato per metterci la faccia secondo noi, corre per un Oscar prossimo, è il cinema: con tutto quello che prevede. Alla pari Isabella Rossellini.

 

Infine due pensieri da Oscar: Emilia Pérez, di Jacques Audiart già in sala – non commentabile – da vedere, di corsa e subito.

“Libri & Visioni” sceglie e mantiene il silenzio: Una notte a New York, film con soli due personaggi chiusi in un taxi giallo. Interpreti di alto rango Dakota Johnson e Sean Penn che invecchiando diventa un astro nel firmamento della recitazione. Regista e autrice Christy Hall. Un viaggio in giallo: una sorta di terapia per conoscere o riconoscere la parte sconosciuta che abbiamo dentro di noi.

Ci si vede il 2 marzo, a Los Angeles, al Dolby Theatre, alla 97esima Notte degli Oscar.

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