MASHA E ARTEM VOGLIONO RESTARE A SULMONA: LACRIME E SPERANZE TRA I RIFUGIATI UCRAINI

Tra i rifugiati ucraini accolti a Sulmona, ci sono storie che raccontano di coraggio, resilienza e integrazione. Una di queste è quella di Masha, una ragazza di 18 anni affetta dalla sindrome di Down, che ha trovato una nuova famiglia nel centro diurno Aias di Sulmona. Masha frequenta il centro tutti i giorni da quando è arrivata in città, accompagnata dal padre e dalla nonna anziana.

Masha con la psicologa Rona Musti

Nonostante le difficoltà legate alla lingua e alla sua disabilità, Masha è riuscita a integrarsi completamente. Giocherellona e sempre pronta a regalare un sorriso, ha conquistato tutti con la sua bontà d’animo, prendendosi cura dei compagni più fragili e partecipando con entusiasmo alle attività proposte dagli operatori. Masha è anche seguita con attenzione dalla psicologa Rona Musti, che ha contribuito a rafforzare il suo equilibrio emotivo. Per lei, il centro è molto più di un luogo di assistenza: è una seconda casa, un luogo dove sentirsi accolta e amata.

Il centro diurno Aias si unisce all’appello per fare rimanere i 47 ucraini a Sulmona dove hanno trovato casa e una comunità che li ha accolti. In particolare il personale del centro è molto preoccupato per la piccola “Masha” che frequenta ormai da due anni la struttura ed ha raggiunto tanti piccoli traguardi, come tengono a sottolineare le operatrici della struttura, per il benessere psicologico raggiunto dalla ragazza sarebbe davvero un grave passo indietro spostarla dalla sua quotidianità. Viste le difficoltà di adattamento che si hanno in queste situazioni, spostarla le creerebbe uno stress psicologico che la porterebbe a importanti regressioni. La sua allegria va tutelata. Masha e la sua famiglia vogliono restare a Sulmona, dove hanno trovato stabilità e affetto.

Artem: il calcio come strumento di integrazione
La storia di Artem, giovane promessa del Sulmona Futsal che compirà 11 anni il prossimo 13 febbraio, non è meno toccante. Arrivato in città con la sua famiglia, Artem ha trovato nello sport una via per integrarsi e crescere. Gioca da tre anni nelle squadre giovanili del Sulmona Futsal, dove si è fatto apprezzare non solo per il suo talento, ma anche per il suo spirito di squadra e la capacità di creare legami con i compagni.

Artem con il suo allenatore Andrea Liberatore

Come per Masha, il trasferimento forzato rischia di compromettere il percorso di integrazione che Artem ha costruito con fatica e dedizione. Allontanarlo da Sulmona significherebbe separarlo dalla squadra, dagli amici e da un ambiente che è diventato per lui una seconda famiglia. Anche Artem e la sua famiglia desiderano restare a Sulmona, dove sentono di aver trovato una nuova casa.

La comunità si mobilita
Le storie di Masha e Artem rappresentano solo due esempi tra i tanti rifugiati che hanno trovato in Sulmona un luogo in cui ricominciare. La comunità locale si è mobilitata per evitare il trasferimento: scuole, associazioni, famiglie e cittadini stanno unendo le forze per chiedere alle istituzioni di rivedere una decisione che appare più burocratica che umana.

Questi ragazzi hanno costruito un legame speciale con la comunità. Sradicarli da questo contesto significa azzerare tutto ciò che hanno costruito, infliggendo loro un dolore inutile e immotivato.

Dal canto suo, il Sulmona Futsal ha lanciato un appello per Artem, sottolineando come lo sport rappresenti un importante strumento di inclusione sociale perché separarlo dalla sua squadra significa negargli la possibilità di crescere e integrarsi ulteriormente.

Un futuro incerto
Per i rifugiati del Manhattan Village Hotel, il trasferimento in località più isolate, come Civitaretenga o Navelli, appare come un passo indietro. Molti di loro, come Masha e Artem, hanno trovato a Sulmona non solo un rifugio, ma una comunità pronta ad accoglierli e sostenerli.

La speranza è che le istituzioni possano ascoltare il grido d’aiuto della comunità sulmonese e consentire a questi ragazzi di continuare il loro percorso di integrazione. Perché, come dimostrano le storie di Masha e Artem, l’integrazione non è solo un obiettivo da raggiungere, ma una realtà già viva e pulsante a Sulmona.

 

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