SANITÀ A PAGAMENTO E RINUNCIA ALLE CURE MEDICHE
di Gianvincenzo D’Andrea – Su alcuni quotidiani nazionali giorni fa sono stati riportati alcuni stralci della Relazione annuale del CNEL ( Consiglio Nazionale dell’ Economia e del Lavoro) sullo stato della Pubblica Amministrazione , in particolare della Sanità. I dati riferiti , a dire il vero , erano già noti da alcuni mesi (giacché la relazione di cui si parla è stata resa pubblica nell’Ottobre scorso) ciononostante sono ancora meritevoli di attenzione per la situazione assai preoccupante che descrivono e per l’indiscutibile serietà della fonte di provenienza . Vediamo allora cosa ha riferito l’Istituto presieduto dall’ex Ministro per la Pubblica Amministrazione , l’On. Renato Brunetta.
Nel 2023 un numero altissimo di italiani , circa 4 milioni e mezzo , ha rinunciato a curarsi a causa delle lunghe liste di attesa o per difficoltà a recarsi nei luoghi di cura, ma sopratutto per indisponibilità economica. In pratica non disponendo del denaro necessario per pagare ed accorciare i tempi per eseguire le prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno tantissimi hanno deciso di lasciar perdere.
Quali conseguenze possano esserci state per la loro salute è facilmente intuibile purtroppo,pero’,questo è ciò che è accaduto. Nella sua relazione il CNEL afferma,inoltre , che nel 2023 il 7,6 % della popolazione italiana ha smesso di curarsi mentre nell’anno precedente ,il 2022, era il 7% e nel 2019 il 6,3%.
Come si vede negli ultimi due anni , c’è stato un evidente peggioramento del problema che , in assenza di consistenti interventi finanziari da parte del Governo (dei quali ad oggi non si vede traccia!), è destinato ad accentuarsi.
Nel documento di cui si sta parlando ,poi, si riferisce che la rinuncia alle cure mediche è massima nella fascia di età 55/59 anni (11,3%) , permane molto alta negli over 75 ( 9,8%) ed è minima nei bambini fino a 13 anni ( 1,3 %). Nelle donne, infine , il tasso di rinuncia a curarsi è del 9 % contro il 6,2% degli uomini.
Le regioni centrali del Paese ,insieme a quelle meridionali, sono quelle ove si registrano i livelli più elevati di rinuncia con la Sardegna maglia nera ( 13,4 %) seguita dal Lazio ( 10%) e le Marche ( 9,7%). Ora se , oltre a questi dati assai poco confortanti , si aggiunge il fatto che nel 2023 gli Italiani hanno sborsato di tasca loro 40 miliardi di euro per ottenere prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli si comprende che ormai la tutela della salute personale e la cura delle malattie è diventata una questione di soldi.
Se si è arrivati a questo punto è perché il Servizio Sanitario Nazionale non è stato mai considerato, dai governi finora succedutisi un bene da tutelare per garantire appieno a tutti i cittadini italiani il diritto alla salute, ma semplicemente come una fonte di spesa alla quale tagliare risorse per ogni necessità di bilancio con le conseguenze note a tutti.
Personale medico ed infermieristico insufficiente e malpagato , dotazioni tecnologiche obsolete e posti letto ospedalieri ridotti rispetto ai bisogni reali sono questioni che meriterebbero attenzione e soluzioni adeguate a breve termine e non più proclami di buone intenzioni da parte della politica e delle istituzioni .
E con l’autonomia regionale differenziata voluta dal Governo la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente.
Nell’editoriale dell’ultimo numero della prestigiosa rivista medica “Lancet Regional Healt-Europe” , sulla base di cifre e dati inequivocabili , viene spiegata la ragione per la quale un’ulteriore accentuazione delle scelte autonome operate in ambito sanitario dalle singole regioni italiane finirà inevitabilmente per peggiorare la qualità delle cure mediche ai pazienti.
Già oggi succede che le regioni non riescano a comunicarsi i dati sanitari dei pazienti (perché ognuna ha scelto di dotarsi di sistemi informatici che non possono dialogare fra loro ) figuriamoci cosa accadrebbe quando l’autonomia decisionale regionale sarebbe rafforzata.
A ben riflettere sembra che nel futuro,a causa della Legge sull’autonomia differenziata, ci aspetti un’ulteriore esasperazione del “feudalesimo sanitario” già oggi esistente che costringe a spendere senza ragione somme rilevanti. Basti pensare ai 3,5 miliardi di euro per la ripetizione di accertamenti sanitari che non possono essere consultati da una regione all’altra quando un cittadino si sposta per necessità di cure.
Un’altra conseguenza negativa della autonomia nella raccolta e conservazione dei dati sanitari è inoltre rappresentata dalla notevole differenza di attivazione, in ambito regionale, del fascicolo sanitario personale in formato elettronico. Ci sono regioni nelle quali la digitalizzazione del sistema sanitario è andata molto avanti ed altre in cui non si è fatto nulla.
Al 31 Agosto 2024 il consenso dei cittadini alla raccolta ed alla conservazione dei dati sanitari personali faceva registrare un’ampia variabilità fra le regioni che può spiegare molte cose. Si va dal 98% dell’Emilia Romagna all’1% di Abruzzo,Calabria,Campania e Molise con le altre regioni collocate in una posizione poco esaltante.
Inoltre la indisponibilità dei dati sanitari a livello nazionale rappresenta una pesante zavorra per la ricerca medica in ambito clinico e di fatto costringe i medici italiani ad utilizzare i risultati ottenuti dai paesi del Nord Europa che invece hanno una banca dati centrale ampiamente consultabile.
Forse è giunto il momento che tutti capiscano che ci stiamo pericolosamente avvicinando al punto di non ritorno ed il collasso del Servizio Sanitario Nazionale potrà pure non interessare ad una cerchia ristretta di connazionali , economicamente ben dotati , ma per moltissimi altri sarebbero dolori.
E se nel mondo della Sanità da più parti e sempre con più insistenza si richiedono al Governo azioni rapide ed efficaci per “guarire i mali della Sanità ” dai cittadini ci si aspetterebbe almeno che mettessero da parte il disinteresse e l’inerzia mostrati finora e facessero sentire la loro voce a sostegno di un Servizio Sanitario Nazionale efficiente ed in grado di curare bene tutti.
Rinunciare al diritto alla Salute ,come sancito dall’art. 32 della Costituzione , per ignavia non sarebbe una scelta intelligente.
… ai 40 miliardi, ( a proposito sono certificati con dati certi e tracciabili?), vogliamo aggiungerci anche quelli pagati e sborsati dai cittadini senza il rilascio di uno “ straccio “ di ricevuta?…