SEI CONDANNE PER LA FAIDA TRA FAMIGLIE: IL TRIBUNALE DI SULMONA CHIUDE IL CASO
Sei condanne e un risarcimento di 27mila euro. È questo l’epilogo del processo sulla tentata estorsione che ha coinvolto due famiglie, segnando una faida caratterizzata da intimidazioni, aggressioni e ritorsioni. La sentenza è stata emessa ieri mattina dal collegio del tribunale di Sulmona, presieduto dal giudice Pierfilippo Mazzagreco.
I condannati sono Patrizia Ciccone, 51 anni di Sulmona, che ha ricevuto una pena di un anno e nove mesi di reclusione, e il suo ex compagno Giovanni Sbordone, 61 anni di Bagnara Calabra, condannato a un anno e otto mesi. Coinvolti anche i figli della donna, Michele e Stefano Anzellotti, con pene rispettivamente di un anno e nove mesi e due anni di reclusione. Sentenze di condanna anche per Gaia Amicarelli (otto mesi) e Daniele Felici (un anno e tre mesi).
INDAGINE E ACCUSE
I fatti risalgono al 2023, quando la squadra anticrimine del commissariato di Sulmona eseguì una perquisizione domiciliare nella casa della 50enne, sequestrando i telefoni cellulari di quattro imputati. L’analisi dei tabulati e dei messaggi WhatsApp permise alla polizia di documentare minacce e richieste estorsive nei confronti di una donna residente a Vallelarga, che aveva denunciato atti intimidatori e continue richieste di denaro.
Secondo l’accusa, la tentata estorsione sarebbe nata dalla pretesa di Patrizia Ciccone di ottenere un bracciale in oro come garanzia per un prestito di mille euro. Tuttavia, il bracciale non è mai stato trovato durante le indagini. Tra gli oggetti sequestrati figurava invece una vecchia affettatrice, citata nella denuncia come parte del contenzioso.
FAIDA TRA FAMIGLIE
La situazione si sarebbe aggravata con un episodio di violenza: l’aggressione, avvenuta nell’estate scorsa, ai danni di un figlio dell’imputata da parte di un gruppo di giovani, tra cui un figlio della denunciante. Questo evento avrebbe scatenato una spirale di vendette e ritorsioni, coinvolgendo fidanzate e amici degli imputati.
SENTENZA
Il tribunale ha inflitto le condanne derubricando il reato di tentata estorsione nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, accogliendo in parte la tesi difensiva presentata dall’avvocato Stefano Michelangelo. Il caso si chiude con le condanne e il risarcimento stabilito a favore delle persone offese.
Un’ennesima vicenda che conferma come tensioni familiari e dispute economiche possano degenerare, portando a conseguenze penali per tutti i protagonisti coinvolti.