PROTESTA CONTRO LA SNAM: IL CASO GARAFFONI DIVIDE TRA DIRITTI E INTERESSI ECONOMICI
La vicenda di Marta Garaffoni, 33enne istruttrice di danza impegnata nella lotta contro il progetto Linea Adriatica della Snam, sta sollevando un acceso dibattito sul rapporto tra grandi opere e diritti dei cittadini. Secondo Mario Pizzola, rappresentante del comitato Per il clima Fuori dal Fossile, il caso di Marta evidenzia una preoccupante tendenza repressiva, con nuove normative che rischiano di comprimere il diritto al dissenso.
LOTTA PERSONALE E CIVILE
La storia di Marta e del marito Federico Raspadori inizia tra le campagne di Provezza, frazione di Forlì-Cesena, dove avevano acquistato un podere trasformato in un’oasi per animali e un futuro doposcuola per bambini. Tuttavia, i loro progetti si sono scontrati con il tracciato del metanodotto di Snam, che prevede il totale stravolgimento del loro terreno.
Dopo mesi di proteste, appelli e un digiuno durato 30 giorni, il 4 dicembre scorso è arrivato il momento più drammatico. Gli operai della Snam, scortati dalle forze dell’ordine, hanno iniziato a demolire recinti e strutture, costringendo Marta a un gesto disperato: salire sulla benna di una ruspa per bloccarne l’avanzata. In seguito, in preda all’emozione, si è allontanata nei campi, venendo poi rintracciata e portata in ospedale per un accertamento psichiatrico. Lo psichiatra l’ha dimessa immediatamente, ritenendo la sua reazione comprensibile nell’ambito di una protesta civile.
GRANDE OPERA SEMPRE PIU’ CONTESTATA
Il progetto Linea Adriatica della Snam, avviato nel 2005, ha come obiettivo la realizzazione di un metanodotto e di una centrale di compressione. Tuttavia, i dati di consumo di gas in Italia raccontano una realtà diversa: dai 86,2 miliardi di metri cubi del 2005, si è scesi a circa 60 miliardi nel 2024, rendendo superflue ulteriori infrastrutture.
Nonostante ciò, la Snam spinge per un’opera da 2,5 miliardi di euro, di cui 375 milioni finanziati dall’Europa tramite il PNRR, mentre il resto graverà sui cittadini attraverso le bollette. Inoltre, le normative vigenti garantiscono entrate fisse per l’azienda, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dell’infrastruttura.
DENUNCIA DEL COMITATO
Mario Pizzola sottolinea come il caso Garaffoni rappresenti un grave episodio di compressione del diritto al dissenso: “Si ricorre persino a strumenti di coercizione psichiatrica per zittire chi protesta, una prassi degna di regimi autoritari”.
Mentre le opere continuano, la vicenda di Marta alimenta interrogativi su chi debba pagare il prezzo del progresso e se sia ancora possibile conciliare interessi economici e diritti dei cittadini.
Hanno appena iniziato i lavori e la enorme ferita che si sta aprendo sul territorio è già ben visibile, la bruttura di ciò che ci stanno imponendo è ben visibile, sindaco e giunta, senatrici &co, in primis in tutto questo, dove sono? A farsi un giro sulla ruota da perfetti, proni ed ubbidienti criceti?
E noi sulmonesi dove stiamo? A prepararci per le feste invece di lottare contro chi la festa la sta preparando alla salute dei nostri figli?
Solidarizzo con Marta e la sua famiglia. Solidarizzo con chi lotta e ricorre anche metodi estremi, perché la politica è sorda e le multinazionali come ENI e SNAM,possono fare tutto ciò che vogliono, senza intralci, ben protetti dai nostri governanti.