CONGO, UN’EPIDEMIA DA CAUSA SCONOSCIUTA. UN ALTRO COVID?

di Gianvincenzo D’Andrea – Da qualche giorno i mezzi di informazione riferiscono di una epidemia presente nella Repubblica Democratica del Congo,
precisamente in un’area meridionale del paese, il distretto di Panzi nella provincia di Kwango. Le notizie finora pervenute parlano di una malattia con caratteristiche  similinfluenzali, particolarmente grave nella popolazione infantile, che ha messo
in allarme l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ed ha spinto il Ministero della Salute ad inviare una lettera agli
Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) di effettuare controlli particolarmente accurati sulle condizioni
di salute dei cittadini provenienti dallo Stato africano.
Non siamo, per ora, in un’ allerta da codice rosso, ma, in attesa di ulteriori precisazioni sulle cause dell’infezione in corso nel Congo, si ritiene indispensabile mettere in atto una stretta vigilanza sanitaria sugli arrivi in Italia di viaggiatori provenienti dal paese centroafricano.
Ma cosa sta succedendo in quel paese? Quali dati certi sono disponibili fino ad oggi?
I primi casi dell’epidemia sono stati rilevati il 2 4 ottobre mentre il 29 novembre all’OMS è pervenuta l’ informazione ” di
una malattia non diagnosticata in una remota area della Repubblica Democratica del Congo, che si è diffusa a partire da
metà ottobre e che ha causato numerosi decessi”.
L’elevato tasso di mortalità registrato è possibile che dipenda dallo stato di malnutrizione cronica della popolazione dell’area interessata e dall’assenza di strutture e presidi sanitari nel distretto di Panzi, ai confini con l’Angola dove teoricamente potrebbe presto diffondersi.
Si tratta di un territorio isolato, difficilmente accessibile sopratutto nella stagione delle piogge, con limitati contatti con il resto del Congo e ciò, al momento, potrebbe aver frenato l’espansione dell’ epidemia.
L’agente causale della malattia non è stato ancora identificato in considerazione del fatto che il Panzi  è u n territorio senza
strutture sanitarie e sopratutto senza laboratori dove poter effettuare esami ed indagini sicuramente complessi.
Per questo motivo, in attesa dei risultati dell’attività svolta da equipe inviate sul posto dall’OMS sarebbe più corretto

parlare di malattia da causa non diagnosticata piuttosto che di una malattia sconosciuta.

In un comunicato del Ministero della Sanità congolese, comunque, viene riferito che la maggior parte dei decessi sono avvenuti per complicanze respiratorie e per grave anemia.
L’OMS precisa, inoltre, che il 63% dei casi segnalati riguarda i bambini fino a 15 anni, (dove si registra l’81 % dei casi mortali) e che la trasmissione dell’agente infettante avviene prevalentemente in ambito familiare.
Per tutte le ragioni sovrapposte si può dunque concludere che almeno fino alla identificazione dell’agente infettante (che sia batterio o virus) non è possibile ipotizzare scenari futuri di minore o maggiore rischio epidemico.
L’alto tasso di mortalità nei casi segnalati fino ad oggi, inoltre, potrebbe dipendere, come s’è detto prima, dalle condizioni di
grave malnutrizione della popolazione interessata e dalla totale indisponibilità in loco di strutture sanitarie in cui trattare efficacemente e precocemente la malattia.
Si ripropone, come è già successo in passato, il rischio che nelle aree più povere e disagiate del mondo (e conseguentemente a più elevato rischio igienico sanitario) si inneschino focolai infettivi che in seguito dilagano in tutto il pianeta.
Comunque in assenza di dati più completi e precisi sull’epidemia “da causa sconosciuta” del Congo non c’è ragione di
equipararla alla recente pandemia Covid.
L’OMS s t a attuando una attentissima sorveglianza ed a giorni fornirà informazioni più dettagliate e conclusive su tutta la vicenda.
Non rimane dunque che attendere ricordando che la conoscenza del  problema sanitario presente nello Stato africano e l’adozione delle norme basilari per la prevenzione delle infezioni nelle situazioni rischiose o in caso di contatti con soggetti provenienti dall’area interessata dall’epidemia rappresentano una misura fondamentale per la protezione del singolo e della nostra comunità.