ANZIANI E VACCINI: UN DISINTERESSE PERICOLOSO
di Gianvincenzo D’Andrea – Con l’arrivo della stagione autunnale si attende il consueto aumento delle malattie respiratorie acute, sopratutto nella popolazione anziana. Gli epidemiologi ipotizzano che, almeno fino alla prossima primavera, ci sarà un progressivo incremento dell’epidemia influenzale ed una recrudescenza dell’infezione Covid a c a u s a delle particolari condizioni meteoclimatiche autunno-vernine e per il cambiamento delle abitudini sociali. Il maggior tempo passato negli spazi chiusi (per freddo, pioggia o neve) favorirà inevitabilmente una maggiore circolazione virale con incremento dei casi di malattia. Secondo il Ministero per la Salute nello scorso anno circa 18 milioni di cittadini over 60 avrebbero dovuto vaccinarsi contro l’influenza ed il Covid, ma soltanto il 47 % si è vaccinato contro l’influenza ed il 18% contro il Covid. Perché sia accaduto tutto questo varrebbe la pena indagarlo a fondo ma non è l’obbiettivo di questo scritto; è piuttosto compito di chi si occupa di psicologia sociale. Va ricordato, però, che per il contenimento di un’epidemia la copertura vaccinale deve superare il 75% nel gruppo di popolazione che si intende proteggere. Orbene l’evidente disinteresse da parte della popolazione anziana per le vaccinazioni raccomandate dall’ Istituto Superiore di Sanità non è stato privo di conseguenze. Come ha riferito l’ Agenzia Europea per la Salute, nel territorio UE lo scorso anno si sono registrati 400 mila decessi per complicanze respiratorie a seguito di infezione influenzale e 300 mila decessi per complicanze cardiocircolatorie. Ugualmente elevato è stato il numero di soggetti che hanno contratto l’infezione Covid e s o n o stati costretti al ricovero in ospedale o sono morti. Si tratta di numeri che dovrebbero far riflettere bene gli over 60 che decidono di sfidare la sorte sottraendosi alla somministrazione di un vaccino che li metterebbe sostanzialmente al sicuro dalle forme gravi della malattia. Un anziano non vaccinato contro l’influenza ed li Covid, in caso di infezione, ha un’altissima probabilità di ammalarsi gravemente e di trascorrere un lungo periodo di ricovero in ospedale e finanche in terapia intensiva.
Perché siano stati così tanti a rifiutare il vaccino nel 2023, come ho già detto prima, e’ un fatto che andrebbe indagato in modo approfondito, ma per evitare che si ripeta di nuovo sarebbe necessaria una campagna di informazione mirata per spiegare l’importanza e l’utilità della vaccinazione contro i virus respiratori che causano gravissimi problemi agli anziani. Una campagna che però, almeno fino ad ora, non s’è vista con il rischio di assistere ad un consistente aumento dei ricoveri ospedalieri (peraltro evitabili) con allungamento dei tempi di attesa per i pazienti che necessitano dell’accesso in ospedale per l’esecuzione di accertamenti e cure non eseguibili altrove. In un recente studio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è stato calcolato che una più diffusa adesione alla vaccinazione per la prevenzione delle infezioni respiratorie nell’anziano permetterebbe una significativa riduzione della spesa sociale nella misura di tre miliardi di euro, una cifra che nell’attuale condizione di sofferenza del Servizio Sanitario Nazionale potrebbe avere una diversa e più utile destinazione. E va aggiunto ,per completezza, che anche altre due infezioni respiratorie che colpiscono in modo significativo la terza età, quella da pneumococco e quella da virus sinciziale, potrebbero avere un impatto minore se soltanto ci si vaccinasse di più. La polmonite pneumococcica è la forma di polmonite più diffusa negli over 60 ed ha un tasso di mortalità del 20/40% e quella da virus sinciziale lo scorso anno ha portato al ricovero 25 mila individui e causato 2 mila morti. Anch’esse sono infezioni prevenibili con la vaccinazione specifica che garantirebbe, ma ivantaggi di una procedura medica che garantirebbe una protezione sicura ed efficace inspiegabilmente non sono presi in considerazione. Un più elevato tasso di vaccinazioni produrrebbe una ridotta circolazione degli agenti infettivi, un minor numero di malati e migliori condizioni di salute della popolazione in generale. Un più ampio ricorso alla prevenzione di tutte queste malattie avrebbe, dunque, effetti sicuramente benefici per la Sanità Pubblica e per i cittadini che potrebbero risparmiarsi disagi e conseguenze anche tragiche. Continuare ad ignorare tutto questo, sopratutto da parte dei soggetti più interessati, non sarebbe una scelta intelligente.