LA VERA STORIA DELLO CHEF FILIPPO FRATTAROLI, L’ITALOAMERICANO CON L’ABRUZZO NEL CUORE

di Annalisa Civitareale e Claudio Lattanzio – «Avevo avuto un’infanzia difficile. Amavo Sulmona e sapevo che mi sarebbero mancati la mia famiglia e gli amici che stavo lasciando. Sapevo però anche, con totale certezza, che in America avrei trovato quel successo che avevo sempre sognato ed ero pieno di emozione.» Potrebbero essere le parole di uno dei personaggi usciti dalla penna di Horatio Alger, ma sono i ricordi di Filippo Frattaroli, chef e imprenditore, che l’american dream lo ha vissuto davvero sulla propria pelle. Lavoro, coraggio e determinazione gli ideali che lo hanno guidato per rendere la sua vita migliore di quella che la Valle Peligna degli anni Cinquanta gli aveva assegnato in sorte.

«La mia era una famiglia numerosa», inizia così la sua carrellata di ricordi il cavaliere Frattaroli, «e per andare avanti bisognava lavorare tutti e sodo. Fin da ragazzo ho lavorato come un adulto. Eravamo in sette in casa e vivevano in un appartamento nella zona dell’Arabona a Sulmona: una cucina e due camere da letto, mentre il bagno era fuori. Non c’erano feste o compleanni e nemmeno tanti soldi, ma per fortuna il cibo non ci è mai mancato.»

Bisognava rimboccarsi le maniche e non c’era tempo per lo studio. «A scuola c’erano confini precisi tra gli studenti che venivano da famiglie benestanti e i figli dei contadini», aggiunge. «I genitori più ricchi mandavano i figli a scuola con libri nuovi, bei vestiti e scarpe pulite; loro andavano in vacanza e mangiavano pane e cioccolata. Invece i libri dei bambini che, come me, venivano da famiglie povere erano di seconda mano e spesso mancavano anche delle pagine. Gli insegnanti erano per lo più indifferenti e ci squadravano dalla testa ai piedi. La Pasqua era l’unico evento speciale dell’anno per il quale i nostri genitori si vestivano con abiti nuovi.»
Il primo passo verso il sogno americano di Filippo, oggi titolare di una serie di ristoranti a Boston, inizia il 7 maggio 1970 con un viaggio per gli Stati Uniti sul volo Alitalia 747. Il giorno delle prime volte.

«Avevo solo 16 anni», riprende lo chef. «Sono partito con mio fratello Antonio. Alle 4 del mattino abbiamo preso il treno da Sulmona per Roma. Quel viaggio aveva un sapore dolce-amaro. La prima volta in treno, la prima volta a Roma, la prima volta su un aereo fino al primo passo su suolo americano, verso un sogno che stava diventando realtà.» Sebbene quella data segni un netto spartiacque nella vita di Frattaroli, c’è un comune denominatore che le lega indissolubilmente il prima e il dopo: il sacrificio.
«Sono andato a lavorare a Boston il giorno dopo il mio arrivo», precisa. Uno zio gli aveva trovato lavoro in un ristorante. Lavoro a tempo pieno e poi scuola serale per imparare l’inglese. «Facevo tre lavori a settimana con l’intenzione di risparmiare abbastanza per investire in un’attività tutta mia», prosegue il suo racconto. «Ero arrivato in America con l’intenzione di restare. Qualunque lavoro facessi, nel campo dell’edilizia o della ristorazione, cercavo sempre di diventare il migliore. Molti immigrati come me avevano dubbi sulla vita in America, alcuni volevano tornare  Io no. Sapevo che sarebbe stato difficile all’inizio, ma sapevo anche che quello era il posto giusto per me». Piano piano poi tutto ha iniziato a prendere forma e i pezzi del puzzle della sua vita ad incastrarsi nel verso giusto: lavoro, matrimonio, figli.
«Ho sposato Anna Forlani, una donna americana, il 14 luglio 1981» riprende. «Penso spesso che se non fossi emigrato a Boston, ci saremmo incontrati in Italia, perché stare insieme era il nostro destino». Nel 1974, l’apertura del primo ristornate in un locale in affitto a East Boston: «era piccolo e il menù era basato principalmente sui piatti abruzzesi, ma sono riuscito a assumere i miei genitori, mia sorella e i miei due fratelli che lavoravano in cucina e in sala. Durante il giorno, io continuavo il mio lavoro nell’edilizia e poi andavo al ristorante per la cena». Nel 1977, l’acquisto di una grande proprietà al 415 di Hannover Street, nella stessa strada dove c’era il ristorante più importante della città. Qui, dopo sei mesi di lavori di ristrutturazione fatti tutti da solo, ha aperto il “Ristorante Lucia”, chiamato così in onore di sua madre: «eravamo il primo autentico ristorante italiano in città».

Filippo Frattaroli con il primogenito Philip

Nel 1985, l’apertura del secondo Ristorante Lucia, a Winchester e, nel 1989, il Filippo Ristorante nel North End di Boston a poche decine di metri dal TD Garden, il tempio del basket e dell’Hockey, dei Boston Celtics e dei Bruins. I suoi locali sono diventati un punto di riferimento non solo per gli americani, ma anche per i tanti italiani e abruzzesi che vivono a Boston, che, come numerose celebrità della politica, dello sport e dello spettacolo, scelgono di festeggiare da lui le loro occasioni speciali. I due Bush erano di casa nei ristoranti di Frattaroli. E dopo di loro tanti altri politici fino al repubblicano Ron De Santis, anche lui con origini abruzzesi. Il nonno paterno era di Bugnara così come i nonni di Frattaroli.

Tanti i riconoscimenti ricevuti e numerosissime le recensioni pubblicate sui più importanti quotidiani americani nel corso degli anni. Il primo attestato è arrivato alla fine degli Anni ’80 e poi tutti gli altri, fino ai giorni nostri. Cavaliere della Repubblica nel 1992, cuoco d’oro internazionale e gold chef dall’Academy Awards in diverse annualità, Stella d’identità italiana assegnata  dall’allora ministro per gli italiani nel mondo Mirko Tremaglia: in tutto sono oltre una trentina sono state le onorificenze ricevute da Frattaroli  tra gli Stati Uniti, l’Unione Europea e l’Italia.

«Con mia moglie Anna ho lavorato per quarant’anni, crescendo la nostra famiglia e costruendo la nostra attività» sono chiare e ferme le parole dello chef. «Abbiamo condiviso un grande successo e grande felicità, ma anche un’enorme sofferenza e tutto questo ha reso il nostro legame il più forte che possa esistere tra una coppia».
Ora al loro fianco ci sono i figli, «una benedizione e il più grande successo della mia vita» come li definisce. Il primogenito è Philip, avvocato e proprietario di ristorante, entrato a far parte dell’azienda nel 2017. C’è poi Daniela, ex insegnante e ora manager immobiliare della società. Segue Jessica Lucia, avvocato che attualmente lavora come pubblico ministero distrettuale a Boston nel team specializzato in violenza domestica e sessuale.
Dal cielo veglia sulla sua famiglia il più piccolo dei figli, Mark, morto in un terribile incidente stradale nel 2008 poco prima del suo diciassettesimo compleanno. «Vivere senza Mark è stata la cosa più difficile che abbiamo passato», aggiunge tra i ricordi Frattaroli.
«Rose Kennedy una volta, parlando della perdita dei suoi figli, affermò: “Si dice che il tempo guarisca tutte le ferite Non sono d’accordo. Le ferite rimangono. Con il tempo, la mente, proteggendo la sua salute, le copre con tessuto cicatriziale e il dolore diminuisce. Ma non è mai scomparso”.» Ogni anno in memoria di Mark viene organizzata una raccolta di giocattoli per l’Italian Home For children, una struttura per bambini che hanno subito traumi emotivi. A Boston porta il suo nome il complesso sportivo “Mark F. Frattaroli”, a Goriano gli è stato dedicato il “Centro Comunitario Marco F. Frattaroli”, sorto sui ruderi di una scuola buttata giù dal terremoto del 2009, realizzato dal Comune e finanziato da Frattaroli.

La sua grande generosità lo ha portato, insieme ad altri italoamericani di Boston e di Toronto (Canada), ad avviare una raccolta fondi per borse di studio da consegnare agli studenti rimasti orfani dopo il sisma aquilano. Stessa raccolta fondi è stata poi avviata nel 2017, per i terremotati di Amatrice. Il legame dello chef con la sua terra di origine, infatti, non è mai venuto meno. Nonostante gli anni e le vicissitudini della vita: «il mio amore per l’Italia e per Sulmona non si è mai spento. È una fiamma che brucia vividamente oggi, come il giorno in cui sono partito per l’America. Ed è proprio in virtù di questo legame che, nel 2008, ho deciso di acquistare un edificio storico in Piazza Minzoni e di trasformarlo nel B&B Sei Stelle. Il nome deriva dalle sei stelle dello stemma della famiglia Frattaroli».

La sindaca di Boston Michelle Wu mentre mette a dimora un albero di ulivo nella tenuta di Frattaroli a Introdacqua.

A Introdacqua ha invece acquistato una tenuta dove coltiva olio e tartufo, prodotti di grande qualità che utilizza nei suoi ristoranti americani. In occasione della visita a Sulmona, la sindaca di Boston, Michelle Wu, è stata ospite proprio nella tenuta di Frattaroli dove, oltre a gustare i prodotti dell’enogastronomia locale, ha partecipato alla raccolta del tartufo e ha messo a dimora un albero di ulivo rimanendo entusiasta dell’esperienza vissuta.
In quei giorni Filippo Frattaroli, è stato ricevuto in udienza anche da Papa Francesco che lo ha ringraziato per tutto quello che ha fatto e continua a fare per la sua terra natia.
E per mantenere sempre vivo il rapporto con l’Abruzzo e Sulmona lo scorso mese di agosto, Filippo Frattaroli ha organizzato una convention sull’emigrazione abruzzese nel mondo, dedicata sia a chi già conosce le proprie origini italiane e vuole riallacciare il legame con i luoghi e la storia dei propri antenati, sia a chi quelle radice deve ancora scoprirle. La kermesse è durata due giorni ed è culminata con una grande festa e un concerto in piazza a Sulmona che ha visto la presenza di oltre 10 mila persone.
Condividere e promuovere la bellezza, la storia e le tradizioni d’Abruzzo per lui è una missione. Non è un caso che nel 2019 lo chef italoamericano sia stato insignito del premio “Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo” del Consiglio Regionale dell’Abruzzo.

Con la mente al percorso fatto finora e lo sguardo verso il futuro, per l’ambasciatore d’Abruzzo non è ancora tempo di bilanci definitivi, ma gli ideali che lo hanno guidato sono ben chiari e saldi. «Ho raggiunto l’80 per cento di ciò che avevo intenzione di raggiungere» conclude. «Bisogna sapere dove si vuole andare nella vita e come arrivarci. Il viaggio verso il raggiungimento dei propri obiettivi può essere insidioso, ma ho deciso, fin dall’inizio, che sia nella mia vita privata che nella mia vita lavorativa vivo seguendo un codice di onore e integrità».

2 thoughts on “LA VERA STORIA DELLO CHEF FILIPPO FRATTAROLI, L’ITALOAMERICANO CON L’ABRUZZO NEL CUORE

  • Una persona che vuole bene a Sulmona …grazie !

  • Emozionante importante la storia di frattaroli che nostre storie si incrociano con le data e
    pure con la passione di cucina ma ho lavorato x le radiofrequenze ( una ex collega frattaroli come filippo)sono pensionato e mi diverto a un terreno zona badia di Sulmona..anch io emigrante .nel mio piccolo in abruzzo da Roma all abruzzo ma storia mia famiglia paterna nasce in Abruzzo rocca di mezzo con vie intitolate a miei avi uno eroe grande guerra e uno alto coraggioso prete dei quali sono molto orgoglioso…in quel terreno mi diverto a ospitare amici musicanti prepararndo mia cucina che su uno dei riconoscimenti del mio hobby scrivono che unisco la cucina laziale e abruzzese (io nato a bracciano da lunga tradizione materna braccia mese/laziale/romana) ho moglie pensionata dirigente statale che è avvocato e due figli maschio e femmina lavoratori ben realizzati e 4 nipotini….per questi motivi mi affascina ammiro e mi emoziona la storia di filippo AL QUALE MI SENTO DI CONDIVIDERLA ..infiniti auguri di buona vita a te e tutta famiglia…

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