LA RETORICA DELLA SCUOLA

di Massimo Di Paolo – Stanno riaprendo. Tutte le Scuole, giorno più giorno meno, stanno riavviando le loro attività accogliendo gli alunni delle varie età. “La meglio gioventù” scriveva Pier Paolo Pasolini pensando alla malinconia del lasciare. Narrava i destini di giovani poveri che partivano, andavano via. Tra poco, molti studenti siederanno di nuovo sui banchi di scuola e tra loro, molti partiranno ancora. Non sanno nulla del loro destino, non se lo rappresentano presi dalla giovinezza che li accompagna. La Scuola di ogni terra, di ogni paese o città accoglie le diversità, le storie ancora raggomitolate.  Un bellissimo recente libro di Corrado Augias titola così: La vita s’impara. Forse questa è l’attesa, l’aspettativa verso la Scuola dell’oggi: un apprendimento fuori testo, narrato tra le righe, un non detto che fa fatica ad essere espresso, dichiarato. Una Istituzione che possa insegnare a vivere, a trovare il capo-filo della propria matassa. Un contenitore sociale dove rammendare risposte ai bisogni che stanno caratterizzando un secolo che procede a folle velocità, che non da tempo di comporre identità e saperi. Spetterebbe un ruolo diverso alla Scuola. Merita un ruolo diverso, ma alle ultime elezioni è stata quasi ignorata: nelle campagne elettorali e nei fatti. I palcoscenici sono sempre gli stessi con sipari comandati artatamente per manipolarne i significati e i valori.  La politicizzazione della Scuola: in Italia uno strumento che ha sistematicamente bloccato i faticosi, spesso risibili, processi di cambiamento dal 1930 ad oggi. Lo strumento più in uso, la retorica.

LOLA DI STEFANO

A ogni inizio di anno scolastico il sipario della retorica si apre su tutti i mezzi di informazione. Quest’anno, già dal 25 Agosto, ha aperto Angelo Panebianco sul Corriere della Sera con un suo approfondimento ma ne seguiranno molti altri. L’assenza ingiustificabile è quella degli operatori scolastici: docenti, dirigenti e personale che vivono una dimensione professionale in sordina, spesso disorientati se non in burnout da stress di ritorno. Con sindacati e organizzazioni professionali che colludono, nei fatti, a mantenere la Scuola come un obsoleto cimelio di altri tempi e per altre funzioni. Occorrerebbe cambiare per una Scuola Nuova, si dice. Ma occorrerebbe coraggio e scimitarra. Coraggio per dire ad alta voce che alcune cose non servono più; coraggio per dire che una Nazione dove la gran parte dei studenti, degli insegnanti, dei genitori, dei cittadini non sanno di matematica è una Nazione out; coraggio per saper mettere in un mausoleo discipline e indirizzi di studio fuori epoca, etologicamente inutili, spettacolari reperti per una Cultura da vetrina. Coraggio per creare un sistema di professionalità di valore, attraverso selezione e percorsi formativi che abbiano le costanti della certezza, della valutazione e della costanza. In poche parole per comporre, con i giovani, identità e saperi occorrono quelli bravi.  Chi non regge il cambiamento, chi non vuole aprirsi a metodi di lavoro in sintonia con i tempi e con l’evoluzione sociale, chi non è in grado di reggere responsabilità e ruoli complessi, non può starci. La scimitarra: per tagliare spese superflue e senza visioni, per alleggerire la massa di indirizzi, discipline e personale obsoleto; per recidere finanziamenti a pioggia su progetti farlocchi. Scimitarra perchè la Scuola non diventi più palcoscenico di recitanti a gettone. Qualche esempio: Loredana Perla, Galli della Loggia con il loro “Insegnare l’Italia”, Paolo Crepet ormai improponibile, senza dimenticare Fabio Mussi, Maria Chiara Carrozza, Valeria Fedeli, Marco Bussetti (premio Nobel), Lucia Azzolina. Si dice che veniamo da lontano che abbiamo più di duemila anni di storia ma si tace, sulla funzionalità, sull’equità della nostra democrazia. La Scuola la rappresenta tutta la nostra Carta Costituzionale e purtroppo la rappresenta anche nelle omissioni, nelle disfunzioni, nelle omertà che nella Scuola si intercettano nelle prassi spesso malsane, inadeguate, qualche volta nascoste dietro un buonismo di opinione. Conferme di differenziazioni sociali, di destini, di opportunità. Nel bisogno estremo di un processo di innovazione radicale, di grande visione, incastonato in un auspicabile e nuovo Risorgimento italiano, si apre il prossimo anno scolastico all’insegna di “Patria, dovere e proprietà privata”. Educazione Civica come disciplina e non come prassi con una sola riga dedicata all’integrazione degli stranieri ed un’altra alla diversità di genere. Un tirare il morso al cavallo per renderlo quieto e ubbidiente, con il rischio evidente di tornare a un’idea ottocentesca, punitiva e patriarcale di Scuola pubblica. Ma fuori retorica c’è dell’altro. La Scuola è una delle materie per la quale la legge Calderoli rimanda alla definizione dei Livelli essenziali di prestazione – una sorta di standard minimi nazionali – ma con podestà regionale che aprirà una possibilità di differenziazione tra regioni. Insegnati pagati in Lombardia, di più e diversamente dall’Abruzzo, fondi ai privati, programmi e organizzazione legati ai territori. Strutture politiche-elettorali che sanno poco di Scuola che nel tempo, nonostante tutto, regge. Un miracolo italiano. 

3 thoughts on “LA RETORICA DELLA SCUOLA

  • Bello e originale il taglio dato . Andrebbe ulteriormente approfondito per i numerosi aspetti che sono coinvolti nella faccenda scuola

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  • Tutto vero!
    Frutto della storia politica italiana e nello specifico del programma “distruzione” (senza apostrofo) impartito dal Ministero dell’Istruzione agli scolari: meno studio, meno preparazione, meno classi, purché si garantisca lo stesso numero di docenti anche con zero studenti e zero classi!
    Istruzione, formazione e cultura ormai scomparse dalle capacità e attitudine degli italiani.

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