UNA SANITÀ PER FINTA O CHE FUNZIONI DAVVERO?
di Gianvincenzo D’Andrea – Dico subito che sono fortemente preoccupato nel vedere il progressivo scadimento del Servizio Sanitario Nazionale (puntualmente testimoniato da numerosi fatti ed episodi riportati sui mezzi di informazione), ma sono sopratutto sconcertato dall’ indifferenza di molti cittadini di fronte ad una situazione che rischia di produrre effetti pesantemente negativi sulla qualità della vita della popolazione italiana.
La Sanità Pubblica del nostro Paese, gratuita ed universalistica, in due decenni dalla sua nascita è riuscita a portare l’aspettativa di vita media da 73 ad 83 anni, ma questo risultato eccezionale, (probabilmente sconosciuto ai più), rischia di essere rapidamente vanificato in assenza di interventi specifici e di adeguato sostegno finanziario.
Il nostro Sistema Sanitario Nazionale da modello invidiato ed imitato a livello europeo, e non solo!, si è trasformato in un’organizzazione sempre più inefficiente.
Come ho già detto in precedenti occasioni quanto accade oggi è il risultato di scelte governative sbagliate attuate nel ventennio passato ma i problemi che i cittadini- utenti (sopratutto delle regioni centromeridionali), sperimentano ormai quotidianamente sulla loro pelle vanno affrontati subito perché potrebbero ulteriormente peggiorare.
Dal 26 giugno scorso è in vigore la legge sull’Autonomia Differenziata delle Regioni. Si tratta di una legge che consente alle regioni di avere autonomia legislativa in più di venti settori ed ampia autonomia gestionale delle risorse finanziarie derivanti dalla fiscalità. Da ciò deriverà che le regioni più ricche avranno più soldi a disposizione e potranno aumentare la spesa per migliorare i servizi (e quindi anche i servizi sanitari), cosa che non potranno fare le regioni povere.
Tanto per fare un esempio le regioni ricche potranno assumere e pagare meglio il personale sanitario attirando inevitabilmente medici ed infermieri verso le aree del Paese dove il lavoro è meglio retribuito . In pratica la Sanità nelle regioni centromerdionali rischia di diventare un deserto dove il bisogno di salute dei cittadini non troverà più alcuna risposta costringendo ancor più quanti hanno necessità di cure ad emigrare forzatamente verso le regioni settentrionali.
Per meglio comprendere quanto sto dicendo conviene esaminare i dati recentemente pubblicati sul sito del Ministero della Salute relativi al modo in cui ,in ambito regionale, sono garantiti i livelli essenziali di assistenza ( LEA) e la tempistica con cui viene erogata l’assistenza sanitaria ai cittadini. Nello specifico sono stati considerati diversi parametri al fine di valutare la capacità delle Regioni italiane (e delle provincie autonome di Trento e Bolzano) di garantire prestazioni sanitarie adeguate a soddisfare i bisogni di salute dei cittadini nel campo della medicina di prevenzione, della medicina distrettuale e di quella ospedaliera.
In ogni campo si considerava raggiunta la sufficienza con un punteggio superiore a 60; ebbene soltanto 8 regioni (con la sufficienza in tutti e tre i campi), sono state promosse mentre le altre, soprattutto nell’area meridionale del paese, ma con la Valle d’Aosta fanalino di coda!, hanno messo in evidenza numerose criticità. L’ Abruzzo inoltre, unica fra le regioni dell’Italia centrale, ha presentato una evidente insufficienza nel campo della Medicina di Prevenzione e ciò significa che c’è molto da fare per ottimizzare le campagne di screening dei tumori più diffusi fra la popolazione (seno, colon, prostata, utero).
In particolare per quanto riguarda la prevenzione del tumore al seno è emerso che la metà delle donne abruzzesi, nella fascia di età interessata dallo screening, non effettua alcuna indagine. Si tratta di un dato assai sconfortante se paragonato a quello di altre regioni ove l’adesione da parte delle donne raggiunge o supera il 90 %. Ciò vuol dire che in Abruzzo c’è un elevato numero di pazienti in cui la diagnosi del cancro della mammella viene fatta tardivamente, con tutte le conseguenze che questo comporta per l’efficacia delle cure, la qualità della vita ed il tasso di sopravvivenza.
Sicuramente l’Assessore Regionale alla Sanità, la Dottoressa Nicoletta Verì, da medico sperimentato, ha ben chiara la dimensione del problema di cui si parla ed avrà in mente una precisa strategia di intervento per evitare a tante donne un destino che il progresso della medicina, fondato sulla diagnosi precoce ed un ventaglio di cure efficaci, aveva notevolmente ridimensionato.rispetto ad un passato anche recente.
Bisogna però agire in fretta per limitare i danni ed evitare un rapido incremento delle evoluzioni tragiche della malattia. Sarebbe auspicabile, pertanto, che la Giunta ed il Consiglio Regionale d’Abruzzo affrontassero il problema segnalato alla ripresa dell’attività istituzionale subito dopo la pausa estiva.
Ogni ritardo non sarebbe soltanto ingiustificabile ma sopratutto inaccettabile.