DI PIERO SI DEVE DIMETTERE PERCHÉ PARLA IN LATINO?
di Luigi Liberatore – Ammetto che il titolo possa sembrare una provocazione, ma in qualche maniera risponde provocatoriamente al comunicato dato alla stampa poco fa da una parte della opposizione, laddove ironizza sul fatto che il sindaco di Sulmona sia bravo con le citazioni in latino, con cui si chiedono le dimissioni di Gianfranco Di Piero. Dobbiamo precisare che il documento non porta l’imprimatur (sempre per restare in tema) né della nuova forzista, Antonietta La Porta, e nemmeno del gruppo più titolato a chiedere le dimissioni: Fratelli d’Italia. La circostanza non rappresenta un trascurabile dettaglio. Andiamo al comunicato. In esso si “bastona” il primo cittadino per aver mostrato indolenza in questo biennio di amministrazione, di non aver risposto adeguatamente alle richieste che gli arrivavano anche da una parte della sua maggioranza di cambiare “passo”, e soprattutto di aver disatteso la promessa fatta circa quattro mesi fa di rinnovare la Giunta municipale, soprattutto alla luce delle dimissioni autorevoli di Rosanna Tuteri. Il vero guaio del sindaco è di averlo detto, ecco perché adesso molti si sentono autorizzati ad essere perfino sfrontati con lui, addossandogli tutti i mali di Sulmona, le deficienze di ogni sorta, la caduta di stile connessa alla scarsa visibilità istituzionale nelle cerimonie ufficiali, per finire con un certo collasso delle commissioni. Chi scrive aveva denunciato la “fragilità” politica di Gianfranco Di Piero già agli esordi della sua amministrazione, quando doveva mettere in riga l’eccesso di movimentismo all’interno della compagine, e soffocare sul nascere qualsiasi personalismo con atti politici rilevanti. Ha scelto la strada dell’attendismo anacoretico, cosicchè adesso i gregari si sentono autorizzati a dirgli vattene con un documento che ha il tono del diktat. Non funziona così. Ci sono dei passaggi obbligati in tema di scioglimento delle Autonomie locali, per cui non basta un comunicato ostile (una volta si chiamavano ciclostile), che potrebbe essere smentito con un altro dal contenuto opposto, per far fuori un sindaco. Ci vuole altro per farlo cadere, ad esempio le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali in carica che di fatto è già avvenuta con la decisione di Teresa Nannarone di non riconoscersi più in buona buona parte dell’esecutivo, vicesindaco in testa. Quello sì che sarebbe un atto politico di sfiducia e soprattutto di coraggio nei riguardi della città. Continuare a tirare a campare in questo modo non serve a nessuno, né a Di Piero né tantomeno a Sulmona. Se Teresa la “pasionaria” non riesce a dare la spallata definitiva a quella che non è più la sua amministrazione, che ci pensi il sindaco a fare la conta di chi è con lui e chi è contro di lui. Rassegni le dimissioni e in 20 giorni tutti scopriranno la verità!!
A dire il vero e francamente, nessuno dei 4 candidati faceva sognare e quello eletto, a detta anche dei suoi maggiori sostenitori, era il meno peggio…
Più che comprensibile, dunque, che per la Consigliera – indecisa sul passare o meno il “confine” – non sia cosa semplice, giammai banale, decidere di sparare un colpo netto al petto del governicchio.
Imbarazzante, è dir poco e lo sarebbe per chiunque, dover far fuoco avendo ^^creduto e sostenuto^^ il prode condottiero.
Abile a sciorinare, poco, molto poco avvezzo a forgiare strategia di proprio pugno.
Sul ^^voluto^^, d’altro canto, bisognerebbe conoscere la verità dalla stessa consigliera.
Il mentore che difatti davvero lo volle, quasi a pensarlo un idoneo Le Corbusieur per una nuova architettura politica locale, non sembra aver immaginato possibile la rottura del compasso.
Ora, però, costringere un solo consigliere a compiere il passo che “piega il compasso” e per di più motivandolo in prima persona come inevitabile, sembra voler marchiare il colpo atteso fuori di canna.
Una maggioranza claudicante, con qualche consigliere e assessore che ci campa, che di contraddizioni interne ha un riconosciuto primato, che di capacità politica ha peso come la pula del chicco di grano, affiancata da germe di camuffato civismo, non può farcela davvero.
Nessuna speranza di ripresa senza piglio e pugno di uno che non ce l’ha, teso e proteso ad impastare latino e innovazione, che non viene bene…
La minoranza fa la sua parte, anche se non limpidamente, con qualche fuga in avanti o nel primo vicolo a destra, oltre balbettii di cinismo condito con tornacontista ipocrisia.
Che non diverge da passate memorie della politica fatta da politicanti di casa nostra.
Consultazioni regionali e differite europee 2024: è iniziato il lavoro nei box abruzzesi per partenze e ripartenze di circostanza.
Cogliendo il tempo, è allora il caso di fare tutti insieme un onesto passo indietro?
Un salvabile slogan (di manifattura civica elettorale) val bene prendere in prestito:
“SULMONA AL CENTRO”.
Che giorno è anno sarà?
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