VENTISEI ANNI FA L’OMICIDIO DEL MORRONE
Una vicenda, quella del delitto del Morrone, di cui oggi ricorrono i ventisei anni, comprensibilmente radicatasi nella memoria degli abruzzesi e non solo. Ć il 20 agosto 1997: le sorelle Diana e Silvia Olivetti, insieme allāamica Tamara Gobbo, intraprendono unāescursione alle pendici della Maiella, nel cuore dellāAbruzzo appenninico, intenzionate a raggiungere la cima del Monte Morrone, che sovrasta la Valle Peligna e la cittĆ di Sulmona. Dopo circa due ore di cammino, le giovani raggiungono la localitĆ di Mandra Castrata, dove si imbattono in un uomo in abiti trasandati, cui Diana domanda, da lontano, se quella sia la strada giusta per giungere in vetta al monte e lāuomo fa cenno con la mano di proseguire. Pochi minuti dopo, si accorgono che lāuomo le sta seguendo e lui suggerisce loro di evitare lo stazzo che avrebbero incrociato di lƬ a poco, per non incontrare dei cani. Indica quindi una strada alternativa, nel bosco di Mandra Castrata e le accompagna per un certo tratto. Giunti ai confini del bosco, lāuomo punta una pistola contro le tre giovani, intimando loro di addentrarsi tra gli alberi. Le ragazze implorano lāaggressore di lasciarle andare, provando a offrirgli i loro averi, ma questi inizia a far fuoco: colpisce Silvia allāaddome e ferisce mortalmente Tamara. Rincorre poi Diana, la aggredisce sessualmente ed esplode contro di lei un colpo dāarma da fuoco, uccidendola. Silvia riesce ad allontanarsi dalla zona, fino un caseggiato, da cui vengono chiamati soccorsi. Le indagini del caso vengono affidate alla polizia e coordinate dal pm del Tribunale di Sulmona, Aura Scarsella. Lāaggressore, un pastore macedone di nome Halivebi Hasani, detto AlƬ, non fugge, nĆ© si preoccupa di occultare le prove che in seguito consentiranno di ricondurlo alle efferate aggressioni da lui poste in essere. Viene individuato la sera dello stesso giorno, il 20 agosto, in prossimitĆ dello stazzo di Campotosto, dove vive in totale solitudine e condizioni igienico-sanitarie estremamente critiche. Gli investigatori acquisiscono senza difficoltĆ gli abiti indossati dal soggetto al momento del delitto e delle armi di cui questi dispone: una pistola automatica e due a tamburo, che AlƬ dichiara appartenenti al suo datore d lavoro, Mario Iacobucci. A farle ritrovare ĆØ proprio questāultimo, che ammette di averle fornite al giovane macedone, ignaro tuttavia dellāutilizzo che ne avrebbe fatto, e di averle in seguito nascoste, temendo di essere coinvolto nella vicenda. Il giorno successivo, 21 agosto, AlƬ confessa lāomicidio di Tamara e Diana e il tentato omicidio di Silvia, negando però lo stupro. Tra gli avvocati che assistono Hasani, vi ĆØ Nino Marazzita, che ammetterĆ che ādifenderlo era unāimpresa disperataā, riferendo che lāuomo risultava caratterizzato da una sconcertante āimmobilitĆ dāespressioneā. Secondo Marazzita, la totale mancanza di senso civico e dellāorganizzazione mentale necessaria a condurre unāesistenza normale, di cui il soggetto dava palesemente prova, sembravano scaturire anche dalle condizioni di totale abbrutimento in cui il pastore si trovava a vivere. Nel 1999, la Corte dāAssise dellāAquila condanna Hasani allāergastolo per i reati di omicidio volontario plurimo pluriaggravato, tentativo di omicidio, violenza sessuale, porto e detenzione abusivo dāarmi. Iacobucci patteggia una condanna a un anno per porto e detenzione di armi clandestine. Nella ricorrenza dei ventiquattro anni dalla vicenda, nel 2021, il procuratore di Sulmona Giuseppe Bellelli ha dichiarato al Giornale: āIl delitto del Morrone scosse profondamente noi abruzzesi. E ancora oggi, nonostante la vicenda giudiziaria sia conclusa da tempo, la ricordiamo con profondo doloreā. Secondo la giornalista Maria Trozzi, che ha dedicato alla vicenda il libro-inchiesta Il sentiero delle Signore, āNonostante la condanna di Hasani, ci sono ancora dei punti oscuri sulla dinamica dellāaccaduto. Purtroppo, per i mezzi investigativi di cui si disponeva al tempo, non fu possibile fare ulteriori accertamentiā. Tra lāaltro, sembra che allāepoca non sia stata ritrovata una quarta pistola ā forse lāarma del delitto ā definita dalle cronache di allora appunto come la āpistola fantasmaā. āIl mistero della quarta pistola ĆØ sicuramente uno dei maggiori irrisolti del casoā, ha dichiarato Maria Trozzi al Giornale, āSenza contare che un bossolo dei proiettili esplosi furono ritrovati dagli investigatori a primavera dellāanno successivo, nel 1998, riuscendo a sfuggire persino ai metal detector della scientifica nelle indagini condotte subito dopo tragedia. Sfogliando i faldoni dellāinchiesta, ad esempio, mi sono accorta che manca lo Stub (il tampone necessario a rilevare i residui di sparo, ndr) sebbene la polizia abbia confermato di aver eseguito unāanalisi col guanto di paraffina. Ci sono ancora molti aspetti di questa vicenda che non sono chiari. Bisogna però considerare che al tempo non si avevano a disposizione gli strumenti che ci sono oggi per unāanalisi accurata della scena del crimineā. Si ĆØ anche ipotizzato che, il 20 agosto 1997, qualcuno possa aver assistito alla mattanza. In ogni caso, secondo il procuratore Bellelli, sentito in proposito nel 2021, āpur non escludendo ricostruzioni diverse dal fatto, non ho ravvisato elementi per riaprire le indaginiā.
⦠e per fortuna che cāĆØ una testimone oculare che ha vissuto questa bruttissima esperienza, e benchĆ© colpita e ferita per prima ha avuto la forza, il coraggio e la determinazione di rialzarsi e fuggire, scendendo per il ripidissimo sentiero, di circa 6 km, fino a raggiungere lāabitato delle Marane, dare lāallarme ed essere soccorsaā¦