PUNTO E VIRGOLA
di Massimo di Paolo – Il punto: si va verso le elezioni regionali. I politici più scaltri, più attempati o con maggior rango,
sono in movimento da tempo. Per ora tra cene, ipotesi, false previsioni, in camicia di lino: una cosa tra amici. Sulmona: abbandonata al suo destino. Confronti, analisi, ormai da territorio di periferia. La figura di Don Abbondio incontrava i bravi, o meglio, gli ignavi – con coloro che non hanno mai agito né nel bene e né nel male. Senza mai osare, avere una propria idea, un sussulto dell’anima, adeguandosi sempre –
Nulla può essere giustificato, neppure le divisioni delle opposizioni che pesano enormemente per una molteplicità di ragioni. La storia politica e amministrativa di Sulmona ha assunto una brutta piega e occorre pensare a nuove prospettive per non permanere negli errori. I tempi politici sono rapidi e, in diverse parti d’Italia, le sperimentazioni già sono in atto. Tra le più
interessanti si va sostanziando, anche per il Partito democratico, l’apertura alle esperienze civiche.
Non un campo largo come male necessario, ma come elemento di integrazione con le realtà locali e territoriali. Senza più scelte di amministratori ideofobici, opportunisti e scaltri, pronti a cogliere ciò che intorno possa essere utilizzato a proprio vantaggio. Occorrono dei costruttori. Regie e non padroni nelle future coalizioni, con un bisogno di una nuova struttura di politiche locali. A Bari, dopo Vicenza, c’è l’intesa: Pd e civismo. Ci si inizia a sedere per discutere di priorità e di risultati da raggiungere: al meglio delle possibilità. I “cacicchi”? Solo se sapranno riconoscere i portatori di competenze, chi può offrire nuovo lavoro politico e amministrativo. Quello vero, fatto di sostanza e di azioni progettuali. Bando alle chiacchiere, ai social, alle ideologie.
La virgola: quale civismo? Cosa dovrebbe essere un civismo politico? Innanzitutto non solo variabili storiche e ideologiche, ma un – movimento territoriale trasversale rappresentativo – in grado di riconoscere e aggregare rappresentanze portatrici di competenze in settori, ambiti, aree di sviluppo. In grado di ristrutturare, rammentare, valorizzare. Competenze, risorse umane,
ricchezza interpretativa, esperienze di rango, unità di intenti.
Non un artifizio elettorale, un ologramma per raccogliere voti, un fiocco di neve che si scioglie al termine della campagna elettorale, ma un movimento permanente, organizzato, in grado di aprire trattative, alleanze strategiche con una capacità negoziale propria. Sul territorio e per il territorio.
Non un sistema di ristrette oligarchie di professionisti della politica e tantomeno un aggregato populista.
Il civismo evoluto è quello permanente, che opera sui fattori locali che ne decretano le caratteristiche e gli obiettivi. Non è una supplenza o un surrogato alla decomposizione dei partiti, ma un elemento forte e integrativo che si nutre di organizzazione, di analisi, di interventi, minimizzando la retorica e focalizzandosi sulla sostanza dei problemi.
Il civismo evoluto è politico perché riguarda le relazioni, il benessere, le problematiche dei territori: i rapporti tra i cittadini e il contesto sociale. La fila al Cup dell’ospedale è civismo politico, l’urgenza della verifica politica è civismo evoluto, le
500 famiglie della Magneti Marelli è civismo politico, la riorganizzazione delle scuole è civismo
evoluto, la cura degli spazi urbani, il decoro, è civismo evoluto.
Non basta un programma e un’alleanza per creare alternativa locale. Non basta neppure essere del partito che “tira” in quel momento. Neppure stare con quelli che inseguono, subalterni ad ogni forma di innovazione. E neppure si può permanere in quell’adattamento alla povertà, alla condizione marginale di essere periferia.
La via maestra è creare quelle condizioni di controllo e gestione delle difficoltà, attraverso un civismo che rende, le rappresentanze, promotrici e attuatrici di iniziative, progetti, programmazioni territoriali. Un modello di azione politica senza partigianerie e delicatezze, con governi di responsabilità e tutela che possano guardare da vicino criticità e opportunità.
Abbandonando la politica storica di Sulmona che per suo interesse ha sempre scelto di essere miope e guerrafondaia.